Opera in due atti. Musica di Vincenzo Bellini.
Libretto di Felice Romani.
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 26 dicembre 1831
Norma Martina Gresia
Adalgisa Asude Karayavuz Veta Pilipenko
Pollione Antonio Corianò
Oroveso Alessandro Spina
Clotilde Benedetta Mazzetto
Flavio Raffaele Feo
Direttore
Alessandro Bonato
Regia
Elena Barbalich
Scene e costumi
Tommaso Lagattolla
Luci
Marco Giusti
Assistente alle regia
Cosatanza Degani
Assistente alle scene
Antonella Voicu
Assistente ai costumi
Donanto Didonna
Maestro del coro
Massimo Fiocchi Malaspina
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coproduzione Teatri di OperaLombardia e Teatro Verdi di Pisa
Nuovo allestimento
Sinossi
Atto I
Nella foresta sacra dei druidi, dove una processione di Galli si reca all’altare d’Irminsul, il gran sacerdote Oroveso annuncia l’arrivo di Norma, la sacerdotessa sua figlia, che compirà il sacro rito in omaggio alla divinità lunare. I Galli intonano un coro col quale esprimono la volontà di liberarsi dal giogo degli oppressori romani. Sopraggiunge il proconsole romano Pollione, da tempo segretamente legato a Norma, dalla quale ha avuto due figli; all’amico Flavio confida d’amare ora Adalgisa, giovane sacerdotessa d’Irminsul, e di temere per questo l’ira e la vendetta di Norma. Norma rimprovera ai Galli l’impazienza di sollevarsi contro i Romani: l’ora della rivolta non le è ancora stata comunicata dagli dèi. Intona una preghiera alla luna, poi congeda l’assemblea dei Galli, che si allontanano invocando il giorno della vendetta. Nella sacra foresta rimane solo Adalgisa, raggiunta da Pollione, che la invita ad abbandonare le sue divinità e a seguirlo a Roma; la fanciulla dapprima è incerta, ma poi promette all’amato che fuggirà con lui. Nell’abitazione di Norma, la sacerdotessa confida a Clotilde d’aver appreso che Pollione è richiamato in patria: teme che il proconsole abbia intenzione d’abbandonare lei e i figli. Giunge intanto Adalgisa e confida a Norma il suo amore, colpevole d’infrangere i voti sacerdotali; senza rivelarle l’identità dell’amato, la fanciulla le narra il primo incontro. Norma è commossa, poiché il racconto le rammenta i primi tempi dell’amore di Pollione; libera Adalgisa dai suoi voti e la congeda, invitandola a vivere liberamente con l’amato. Giunge Pollione, inaspettato. Norma comprende che è lui l’amante di Adalgisa: in preda al furore mette in guardia la fanciulla dall’infedeltà del romano. Adalgisa, sconvolta dalla rivelazione del legame tra Norma e Pollione, rimprovera a quest’ultimo di averla ingannata e rifiuta di seguirlo. Il coro dei druidi, intanto, richiama Norma alla celebrazione dei sacri riti; Pollione si allontana, furente, e Adalgisa annuncia a Norma che intende rinunciare al proprio amore.
Atto II
Norma è decisa a vendicarsi uccidendo i figli avuti da Pollione; ma quando entra, nottetempo, nella stanza in cui dormono i fanciulli brandendo un pugnale, il coraggio le manca. Manda a chiamare Adalgisa e le affida i figli, pregandola di condurli all’accampamento romano: lei ha deciso di morire. Adalgisa tenta di dissuaderla, promettendo d’intercedere in suo favore presso il proconsole romano; commossa, Norma l’abbraccia e le assicura la sua eterna amicizia. Intanto, Oroveso annuncia ai guerrieri galli la prossima partenza di Pollione. Norma coltiva la speranza che Pollione tornerà a lei: ma Clotilde la dissuade, rivelandole che il proconsole è tuttora deciso a rapire Adalgisa e a condurla con sé. Sconvolta e bramosa di vendetta, Norma chiama a raccolta i guerrieri galli, annunciando loro che è giunta l’ora di ribellarsi a Roma. Gli astanti inneggiano alla rivolta; Oroveso chiede a Norma il nome della vittima designata al sacrificio propiziatorio richiesto dagli dèi. Proprio in quel momento è annunciata la cattura di un romano, Pollione. Norma vorrebbe dapprima uccidere il proconsole sacrilego; ma poi, mossa a pietà, allontana tutti col pretesto d’interrogare il prigioniero, per scoprire l’identità della sacerdotessa sua complice. Rimasta sola con Pollione, Norma gli impone di abbandonare subito Adalgisa in cambio della vita; il proconsole dapprima rifiuta, ma poi, di fronte alla minaccia di uccidere i due figli e mandare al rogo Adalgisa, accetta le condizioni impostegli dalla sacerdotessa. Rientrati nel tempio i guerrieri e i sacerdoti galli, Norma annuncia loro d’aver scoperto il nome della colpevole: accusa se stessa del fallo, e ordina che venga eretto il rogo sul quale andrà a morte. Prega Oroveso di prendersi cura dei figli e si avvia verso il rogo, mentre Pollione, resosi conto d’amare ancora quella donna generosa e sublime, la segue unendosi al suo tragico destino. Giovanni, tells of the difficulties he must endure as the servant of Don Giovanni, his master and an immoral nobleman. Donna Anna appears, struggling with Don Giovanni. Her father, the Commander, hears her cries and appears on the scene. A sword fight ensues, Giovanni kills the Commander and escapes with Leporello. Donna Anna, who has left to get help, returns with her fiancé, Ottavio, to find her father murdered. Donna Elvira appears searching for Don Giovanni, who has abandoned her. Leporello tries to discourage her by listing his master’s numerous conquests. Masetto and Zerlina enter singing and dancing in anticipation of their approaching wedding. Giovanni is instantly attracted to Zerlina and orders Leporello to entertain Masetto so the Don may privately invite Zerlina to his home. Donna Elvira interrupts and takes Zerlina away. Donna Anna recognizes Giovanni as the man who attacked her and orders Ottavio to take revenge. Elvira, Anna, and Ottavio plot against Giovanni and plan to trap him at a ball that evening. During the ball, Giovanni lures Zerlina into a private room. She screams in protest. Elvira, Anna, and Ottavio confront Giovanni, but he escapes once again. Act II Giovanni convinces Leporello to run interference for him. Disguised as Giovanni, Leporello lures Elvira from her house leaving Giovanni free to woo Elvira’s beautiful maid. Giovanni (dressed as Leporello) manages to disband the posse organized by Masetto and wounds Masetto in the process. Anna, Ottavio, Zerlina, and Masetto come upon Elvira and Leporello, thinking he is Don Giovanni. But Leporello takes off his disguise and flees from the garden. Ottavio surmises that Giovanni killed the Commander. Elvira admits she still loves Giovanni despite everything. Anna affirms her love for Ottavio, but confesses she cannot give herself to him until her father’s death is avenged. While hiding in the cemetery, Leporello and Giovanni discover the Commander’s tomb and jokingly ask his statue to dinner. To their surprise, the statue accepts. Later that evening, Don Giovanni is having dinner, entertained by a wind orchestra. Donna Elvira still in love of Don Giovanni, attempts to obtain his repentance. The statue arrives and summons Giovanni to hell, leaving the others to reflect on the result of Giovanni’s immorality.
“La donna è di solito piena di paura, e inadatta alla lotta e repugna alla vista di un’arma; ma se offesa nei suoi diritti di sposa, non c’è altro cuore più del suo assetato di sangue.”
Euripide, Medea
Nell’affrontare la creazione della messinscena di Norma, ho individuato nell’opera un possibile
punto di passaggio, che trasporta l’opera dalla dimensione classica a quella romantica, dove il rogo finale rappresenterebbe un punto di non ritorno. Il dato notevole risulta la data: 1831. Il melodramma di Bellini sembra quasi concentrarsi su di un passaggio significativo, quello che fa confluire un mondo ancora legato al gusto neoclassico in una dimensione a mio avviso potentemente romantica.
Temi, caratteri, stili apparentemente antitetici, trovano in quest’opera la loro collocazione perfetta nell’assunto drammaturgico in cui una popolazione celtica, i galli, si trova dominata dalla colonizzazione romana. In questo contesto i due protagonisti Norma e Pollione, appartenenti alle due gens nemiche, si uniscono in una relazione dal carattere estremamente passionale e tormentato.
Interessante è la fonte di derivazione: Norma ou l’infanticide di Soumet, tragedia dalle tinte foschissime, in cui la protagonista è sempre descritta con gli occhi sbarrati in uno stato di perenne concitazione che alla fine la condurrà alla pazzia e all’infanticidio. Norma è quindi una sorta di Baccante, una furiosa Medea, apparentemente diversa dal carattere del personaggio di Bellini che, in linea con Felice Romani, voleva stemperare i toni fortemente chiaroscurali di Soumet. In realtà, ad un più attento ascolto e ad una più oculata analisi del personaggio, mi è parsa evidente la forza prorompente del carattere della sacerdotessa, in tutte le innumerevoli sfaccettature delle sue reazioni emotive e in tutte le sfumature dei suoi stati psichici. Il personaggio sembra ardere in una condizione di tormento costante, eccezione fatta per il momento sacrale e celebrativo di Casta Diva, quando, investita dal suo ruolo di sacerdotessa druidica, sembra pararsi in una dimensione di iconica compostezza. Non è un caso che si tratti della prima apparizione del personaggio, che già nella cabaletta contraddice il carattere appena scolpito classicamente in un’immagine di immobile ed imperitura bellezza. Norma è peccatrice, vendicativa, tradita e traditrice, madre fedifraga ed eccessiva in tutte le sue manifestazioni. Sembra del tutto imprevedibile e tutta la tensione del dramma è determinata dall’oscillazione tra i suoi propositi spesso nefasti e le sue azioni reali.
Il personaggio è sempre infatti sospeso sull’abisso del colpo di scena, che alla fine invece verrà attuato inaspettatamente da Pollione, tenore antieroico e per questo anomalo nel panorama operistico del tempo. Trovo quindi appassionante il modo in cui Bellini, sempre strenuamente fedele alla ricerca della bellezza della scrittura vocale, riesce ad innervare tutta l’opera di un fuoco di passioni brucianti, che non a caso conflagreranno nel rogo finale, in cui anche il seduttore nemico e tutto il suo mondo veranno divorati.
Di fatto Norma è un’opera quasi intimistica, concentrata su scene densissime a due o a tre, dove si creano situazioni di grande intensità emotiva, per cui Felice Romani denominava l’opera “tragedia lirica”. Sembra quindi interessante l’assonanza del dramma con le forti tinte di antiche tragedie quali Medea e il suo essere al contempo immersa in un’atmosfera che sembra lasciare ampio spazio all’immaginario romantico. Mi ha colpito il fatto che la vicenda si svolga nel mondo druidico, pervaso di esoterismo e di una concezione animistica della natura, a cui fa da contraltare la presenza di una dominazione romana tanto potente quanto invisibile. In effetti, nonostante la colonizzazione del territorio gallo sia un potentissimo dato di fatto dell’assunto drammaturgico, nell’opera, a parte la sparuta apparizione di Flavio che accompagna il protagonista, non c’è traccia del popolo nemico, se non attraverso efficacissimi effetti fuoriscena, come se tutto venisse percepito dall’interno delle segrete radure dove i galli si riuniscono per celebrare i loro riti magici. Ho percepito quest’assenza come un’incongruenza, memore della prima Norma in cui ho lavorato come assistente alla regia in Arena di Verona, in cui il grandissimo Herzog aveva disseminato le scalinate dell’anfiteatro di decine di coorti romane. Spesso le contraddizioni drammaturgiche risultano stimolanti e sono proprio i controsensi a mettere sulla strada di una possibile chiave di lettura. Tornando quindi alla data e alle scelte coraggiose di Bellini per affacciarsi a nuove possibilità nel campo della composizione operistica (finendo il primo atto con un terzetto e influenzando Wagner nel finale del Tannhäuser, nonché Verdi e il grande melodramma italiano a venire), ho immaginato Norma come un varco, che transita l’opera in una nuova era.
L’amore di Norma ed Adalgisa per Pollione rappresenta per me quasi una lacerante nostalgia nei confronti di una dimensione che sta scomparendo e che permane sulla scena solo in forma di simbolo totalmente svuotato, rappresentando quel mondo classico che aveva dominato con Napoleone, ma che noi ricondurremo astrattamente a possibili evocazioni di altre epoche. La presenza di Roma verrà quindi descritta attraverso una dimensione nera, piatta, ordinata che rappresenta un universo maschile contraddistinto da una linearità fredda e astratta, cercando di far sentire la presenza di quel popolo invasore come residuo di un’estetica ormai languente. L’amore di Pollione per Adalgisa sembra connotarsi emblematicamente come la predilezione verso un’armonia ancora basata sulla grazia e il decoro. A questa si contrapporrà il mondo dei druidi, una dimensione femminile lunare, organica, esoterica, misteriosa, che alla fine fagociterà l’altro mondo in un fuoco che sembra aprire lo spazio di Norma su un cosmo wagneriano di divinità e walchirie. È interessante notare quanto residui della cultura celtica si insinuino a configurare una parte consistente dell’immaginario romantico soprattutto nordico, profondendo tutto il suo fascino nella letteratura europea del tempo. Quell’immaginario deriva dalla trasformazione delle divinità celtiche nel popolo di fate, folletti, gnomi, maghi e streghe che affollano la letteratura fantastica di quel periodo. Norma si trova quindi nella mia interpretazione sul crinale tra queste due dimensioni culturali dell’Ottocento italiano ed europeo, passaggio che intendiamo rappresentare però attraverso la sensibilità del nostro tempo.
Per lo spazio di Norma ho pensato anche all’importanza della maternità connessa al culto della Dea Madre (Ceridwen nella religione celtica, che tra l’altro aveva due figli e si identificava con la luna, per cui Norma in Casta Diva sembrerebbe in effetti celebrare il culto di questa divinità) e quindi all’importanza di Norma come madre. L’idea della madre è connessa anche a quella di terra e di natura. Per questo abbiamo caratterizzato il mondo dei Druidi attraverso un’istallazione che rappresenta un’entità affettiva e al contempo biologica, un’essenza incantata e impalpabile, una presenza sovrannaturale, organica, quasi viva, di cui il coro e lo stesso Oroveso sembrano un’emanazione, lungi dall’essere rappresentati come una società descritta realisticamente nella sua complessità gerarchica. Questa materia vivente respirerà con gli eventi rappresentati: un mondo indistinto e corporeo, quello delle passioni di Norma che bruceranno lo spazio rigido di Pollione spalancando il confine dell’opera sul melodramma del futuro. Importante sarà il contrasto tra le scene in cui appare la dominazione romana, come una traccia esangue di un mondo ormai morente e gli spazi adibiti al cosmo druidico, popolato da cerchi, ombre, presenze, organismi semoventi e multiformi, tutto sempre attraverso un gioco d’ombre e di riflessi al tramonto di una civiltà moritura e all’alba di una nuova era.
RIFLESSIONI SULLA NORMA
Nel momento in cui si affronta una partitura come Norma ci si rende subito conto di essere di fronte ad una pietra miliare del repertorio operistico, nonché, a mio avviso, ad una delle opere più complesse in assoluto.
E la complessità deriva dal fatto che Norma non è chiaramente catalogabile e inscrivibile in un preciso contesto semantico. Essa è infatti una sorta di congiunzione tra un “prima” e un “dopo”: richiama per molti aspetti la nitidezza della scrittura e della forma tipiche del periodo classico, ma allo stesso tempo evoca la forza drammatica (il pianto su tutto) e lo spirito di guerra, ribellione e vendetta che ritroveremo in autori come Verdi o Puccini.
Ho riflettuto molto a fondo su 3 aspetti principalmente.
Il primo è la quasi totale assenza di tempi lenti: ci sono, infatti, solo 2 “Largo” in tutta l’opera, quasi a voler indicare un’azione drammatica vorticosa, come a non voler prendere fiato, dove non si ha il tempo di somatizzare un avvenimento che subito ne accade un altro a destabilizzare. Una sorta di turbinìo emozionale nel quale si entra all’inizio e si esce solo alla fine, senza respiro.
Il secondo aspetto è la meticolosità con cui Bellini descrive le agogiche; abbiamo infatti almeno 7 tipi di “allegro”: assai, moderato, molto, marziale, maestoso, agitato, agitato assai (che è anche l’indicazione più frequente nell’opera assieme al “moderato”, anch’esso puntualmente differenziato in grave, sostenuto, sostenuto assai, marcato, ecc…). Questo mi fa pensare che, in questo vortice drammatico e pur nella velocità, ogni affetto deve essere ben distinto da quello precedente e successivo: ogni azione deve necessariamente avere il proprio pathos, specifico e univoco.
Il terzo punto che mi ha colpito è l’uso delle tonalità, in particolare quella maggiore, universalmente riconosciuta come solare, allegra, vivace. Bellini usa la tonalità maggiore in momenti dove non mi sarei mai aspettato, ricchi di negatività, di barbarie, di menzogna, come a voler indicare che, sotto sotto, in una azione spregevole c’è sicuramente chi soffre, ma anche chi, nell’averla compiuta, ne guadagna qualcosa (o almeno così pensa).
Alessandro Bonato Direttore
Inizia lo studio del violino presso il Conservatorio statale di Verona, successivamente, si dedica anche alla viola, composizione e contrappunto. Studia direzione d’orchestra sotto la guida dei M° Orizio, Renzetti e Benedetti Michelangeli. Debutta nel 2013 sul podio dell’orchestra del Conservatorio della sua città. Nel 2022 debutta al Musikverein di Vienna sul podio della Wiener Concert-Verein e allo Sferisterio di Macerata con Il Barbiere di Siviglia. Collabora con solisti quali Sergej Krylov, Stefan Milenkovich, Kyoko Takezawa, Aiman Mussakhajayeva, Enrico Dindo, Massimo Quarta, Benedetto Lupo, Calogero Palermo, Gennaro Cardaropoli, Giuseppe Gibboni, Miriam Prandi, Xavier de Maistre e Christoph Sietzen; e con prestigiose orchestre tra cui la Filarmonica della Scala, la Danish National Symphony Orchestra, la Royal Oman Symphony Orchestra, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, i Wiener Concert-Verein, la Filarmonica Toscanini, la CRR Symphony Orchestra, l’Orchestra dell’Arena di Verona, l’Orchestra Sinfonica Siciliana, l’ORT-Orchestra della Toscana, l’Orchestra Filarmonica di Benevento. Nel 2018 vince il terzo premio assoluto al “Nicolai Malko Competition for young conductors”. Nel 2016 dirige Die Zauberflöte alla Royal Opera House Muscat in Oman. Nel 2019 dirige, nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dalla morte di Gioachino Rossini, La cambiale di matrimonio. Sarà nuovamente ospite del Rossini Opera Festival per concerti fra cui La Petite messe solennelle. Nel 2019 al Teatro Filarmonico di Verona dirige Gianni Schicchi, Il M° di cappella e Il matrimonio segreto. Nel 2021 debutta a Yerevan con L’elisir d’amore di Donizetti. Nel settembre 2019 è invitato a dirigere la Filarmonica della Scala e, successivamente, a Lima, per un galà lirico sinfonico dedicato ai 500 anni dalla scomparsa di Leonardo da Vinci. È inoltre ospite del Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo, del Festival Settenovecento di Rovereto, delle Settimane musicali di Ascona. Oggi è il Direttore principale della FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana.
Elena Barbalich Regia
Si laurea all’Università di Ca’ Foscari con una tesi sulla storia della rappresentazione dell’opera Aida di Giuseppe Verdi al Teatro alla Scala di Milano. Comincia a lavorare nel campo del teatro lirico collaborando con Giorgio Marini e Italo Nunziata nei maggiori teatri italiani quali la Fenice di Venezia, l’Arena di Verona, il Regio di Torino, il Carlo Felice di Genova, il Comunale di Bologna, il San Carlo di Napoli, il Massimo di Palermo. Nel 1998 esordisce nella regia con La Serva Padrona, rappresentata a Milano al Castello Sforzesco. Realizza numerose regie nel campo del repertorio contemporaneo quali Phonophonie di Mauricio Kagel (prima rappresentazione italiana), di cui cura la scelta dei testi letterari per l’edizione discografica, e Die Rätsel von Mozart di Mauro Cardi, Matteo D’Amico, Olga Neuwirth, Fabio Nieder e Betty Olivero (prima rappresentazione assoluta), andata in scena nel febbraio del 1999 al Teatro delle Fondamenta Nuove di Venezia per la Fondazione Malipiero in collaborazione con il Teatro La Fenice. Sempre per il Teatro la Fenice, nel 2001, mette in scena Per Voce Preparata, spettacolo con musiche di Georges Aperghis, John Cage, Emanuele Casale, Roberto Doati, Mauricio Kagel, Paolo Pachini, Dieter Schnebel, che inaugura la riapertura del Teatro Malibran. All’Auditorium de la Cité des Arts, nel 2000, rappresenta Recitations di Georges Aperghis e cura la ripresa di Phonophonie di Mauricio Kagel. Al Festival di Opera Barga mette in scena Il Tribuno di Mauricio Kagel, replicato al Festival di Tourcoing, in occasione del quale cura anche la ripresa di Die Rätsel von Mozart. Nel 2005, per il Teatro San Carlo di Napoli, cura la regia della prima rappresentazione assoluta dell’opera Garibaldi en Sicile di Marcello Panni con la partecipazione di Luigi Ontani. Nel 2000, come regista, vince uno “Stipendium” della Richard Wagner Stipendienstiftung. Nel 2003 cura la regia di Cavalleria Rusticana e di Pagliacci al Teatro Verdi di Salerno e al Politeama di Catanzaro. Per gli stessi teatri, l’anno successivo, mette in scena Tosca, aprendo la stagione al Teatro Politeama di Catanzaro. Nel 2006, inaugura la stagione lirica di Salerno con il Macbeth di Verdi, allestimento acquistato dal Teatro São Carlos di Lisbona e ripreso in quel teatro nel 2007 e nel 2015. Nel settembre del 2008 riallestisce Macbeth a La Coruña, nel 2010 al Teatro Calderón di Valladolid e nel 2016 al Teatre Principal di Palma de Maiorca. Nel maggio 2007, cura la riedizione di Tosca per la Fondazione Petruzzelli di Bari con la direzione di Daniel Oren, ripresa nel 2009 per lo stesso teatro sotto la direzione di Renato Palumbo. Nel novembre del 2007, al Teatro Verdi di Sassari, crea la regia de Les Mamelles de Tirésias di Poulenc e de La Damoiselle élue di Debussy (prima rappresentazione assoluta). Nel 2011 cura la regia dell’opera Il cappello di paglia di Firenze nell’ambito della Stagione Lirica dei Teatri di Opera Lombardia e al Sociale di Rovigo, ripresa al Teatro Petruzzelli nel 2014 e nel 2018 al Teatro San Carlo di Napoli. Nel 2012 con Tosca inaugura le stagioni dei Teatri di Brescia, Pavia e Cremona. Nel 2015, crea un nuovo allestimento de Le Nozze di Figaro al Teatro Regio di Torino e mette in scena Juditha Triumphans di Vivaldi al Teatro La Fenice di Venezia. Nel 2017, crea la regia di Rigoletto, nell’ambito della Stagione Lirica dei Teatri di Opera Lombardia. Nel febbraio del 2019 realizza la messinscena del Sogno di Scipione di Mozart per il Teatro La Fenice in collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e nell’ottobre dello stesso anno riprende per la settima volta Macbeth nei teatri di Opera Lombardia. Per il compositore veneziano Paolo Furlani scrive i libretti delle flash-opere Otòno Shirábe e Singin’in the brain da cui è stata tratta una suite, eseguita il 28 settembre 2009 alla Biennale Musica di Venezia.Da dieci anni è docente di Regia all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Tommaso Lagattolla Scene e costumi
Diplomato in Violino al Conservatorio di Bari e in Scenografia all’Accademia di Belle Arti, svolge da molti anni l’attività di scenografo e costumista presso alcuni fra i più importanti teatri italiani e internazionali. Ha collaborato come assistente ai costumi con Pasquale Grossi per il Don Pasquale del Teatro La Fenice (2002) e per La Bohème del Teatro San Carlo (2004); come scenografo e/o costumista, ha lavorato, tra molti altri, ai seguenti spettacoli: Per voce preparata di vari autori contemporanei (La Fenice di Venezia, 2001, regia di Elena Barbalich); Il Trovatore (Opera di Roma, 2004, regia di Paul Curran); Garibaldi en Sicile di Marcello Panni (San Carlo di Napoli, 2005, regia di Elena Barbalich); Macbeth (Ópera da Coruña, 2008; Teatro Calderon di Valladolid, 2010; São Carlos, Lisbona, 2015; Teatro Principal, Palma de Mallorca, 2017, regia di Elena Barbalich); L’isola disabitata (Accademia Chigiana di Siena, 2009, regia di Gianluigi Gelmetti); La Traviata (Accademia Chigiana, 2010, regia di Gianluigi Gelmetti; O Coliseu do Porto, 2013, regia di Eleonora Paterniti); Le Nozze di Figaro (Carlo Felice di Genova, 2014, regia di Marco Spada; Teatro Regio di Torino, 2015, regia di Elena Barbalich); Madama Butterfly (Maggio Musicale Fiorentino, 2015, regia di Fabio Ceresa); Juditha Triumphans (La Fenice di Venezia 2015, regia di Elena Barbalich); Medea in Corinto (Festival della Valle d’Itria, 2015, regia di Benedetto Sicca). Per il teatro Petruzzelli di Bari, ha realizzato le scene e i costumi in molti spettacoli: Didon, 2001, regia di Pier Paolo Pacini, Idomeneo, 2002, regia di Nicolas Trees), I Capuleti e i Montecchi, 2002, regia di Pier Paolo Pacini, Don Giovanni, 2003, regia di Pier Paolo Pacini), Tosca, 2007, 2009, regia di Elena Barbalich, La Bohème, 2008, 2010, regia di Boris Stetka, Scene da Don Pasquale, 2009, regia di Domenico Colaianni, Elisir d’amore, 2009; Il Cappello di paglia di Firenze, 2014, regia di Elena Barbalich, per cui ha ottenuto il GB Oscar Eccellenza dell’Opera 2015 per le scene e per i costumi. Con Andrea Cigni ha realizzato i costumi per La Straniera, Teatro Massimo di Catania; Pia de’ Tolomei, Teatro Verdi di Pisa, Festival dei Due Mondi Usa Charleston; Nabucco, Teatro Regio di Torino; La Fanciulla del West, Teatro Grande di Brescia. Per Cecilia Ligorio cura scene e costumi per A Sweet Silence in Cremona, prima assoluta dell’opera di Roberto Scarcella Perino e Mark Campbell commissionata dal Teatro Ponchielli di Cremona e il Center of Contemporary Opera di New York. Dal 2006 al 2015 cura la direzione degli allestimenti scenici della Fondazione Teatro Petruzzelli, collaborando fra gli altri con Luca Ronconi, Ferzan Ozpetek, Marco Bellocchio, Emma Dante, Gianjni Amelio, Compagnia Bausch, Compagnia Bejart, Mikhaiò Baryshnikov, Compagnia di balletto del Kirov, Compagnia di balletto del Bolshoi. Mario Martone, Eimuntas Nekrosius, Martha Graham Dance Company, Roberto De Simone, Trisha Brown Dance Company. A questo impegno unisce un’attività pubblicistica come studioso di storia del costume pubblicando, tra l’altro, per l’Istituto Poligrafico dello Stato; svolge, infine, un’attività da allestitore museale per il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, per le Gallerie degli Uffizi di Firenze di cui è consulente per gli allestimenti vestimentari. È docente di ruolo presso la Cattedra di Costume dello Spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Bari. Insegna inoltre costume all’Accademia dell’Opera di Bologna e al Corso di Alta Sartoria dell’Accademia del Teatro Regio di Parma.
Martina Gresia Soprano
Inizia giovanissima gli studi musicali con il M° Damato e col soprano Nunzia Santodirocco. A 19 anni vince il Primo Premio Assoluto nei concorsi lirici internazionali “Jole De Maria” e “Ottavio Ziino”; l’anno successivo vince il Terzo Premio al concorso lirico internazionale “Voci Verdiane città di Busseto”. È selezionata dalla Fondazione Pavarotti, con la quale collabora attivamente dal dicembre 2017. Nel 2018 frequenta una masterclass con il baritono Luca Salsi e il direttore d’orchestra Donato Renzetti. Nel 2018 fa debutta all’Arena di Verona nell’ambito della Verdi Opera Night diretta dal M° Battistoni. Nel gennaio 2019 debutta Mimì ne La Bohème al Teatro Goldoni di Livorno diretta dal M° Fratta. Frequenta l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” e debutta il ruolo di Teona nell’Ecuba di Nicola Antonio Manfroce, al 45° Festival della Valle d’Itria, diretta dal M° Quatrini. Nel 2020 debutta Adina nell’Elisir d’Amore al Teatro Petruzzelli di Bari, diretta dal M° Spotti. Torna, nel 2021, al Teatro Petruzzelli di Bari per debuttare il ruolo di Donna Anna nel Don Giovanni, diretta dal M° Goetzel. Nel 2022 vince il Concorso AsLiCo per Giovani Cantanti Lirici con una giuria d’eccezione presieduta da Dominique Meyer, per il ruolo di Donna Anna nel Don Giovanni. Nel 2022 debutta al Teatro Lirico di Cagliari, con il ruolo di Adina nell’Elisir d’Amore, diretta dal M° Gianola. Debutta nell’agosto 2022 il ruolo di Alice Ford nel Falstaff, con Bryn Terfel nel ruolo del titolo, accompagnati dall’Orchestra della Magna Grecia diretti dal M° Gianluca Marcianò.
Antonio Corianò Tenore
Studia a Parma presso il Centro Universale del Bel Canto e si perfeziona all’Accademia Filarmonica di Bologna; prosegue i suoi studi sotto la guida del mezzosoprano Dolora Zajick e del tenore Raul Gimenez. Il suo debutto in teatro avviene nel 2012 nel ruolo di Manrico ne Il Trovatore per il Ravenna Festival dove spicca per la particolare bellezza del timbro vocale. Seguiranno altri anni di studio ed importanti esperienze formative che, seppur non in ruoli di primo piano, gli daranno la possibilità di crescere ed esibirsi nei più importanti teatri italiani sotto la guida delle più prestigiose bacchette. Si citano fra gli altri: Macbeth di Verdi al Teatro dell’Opera di Roma diretto dal M° Muti, al Teatro del Maggio Musicale di Firenze diretto dal M° Conlon e al Teatro alla Scala di Milano sotto la guida del M° Gergiev. La Traviata ancora al Teatro alla Scala diretta dal M°Gatti, Nabucco e Madama Butterfly al Teatro Petruzzelli di Bari, Attila al Teatro Regio di Parma diretto dal M° Gelmetti. Al Ravenna Festival nel 2020 ho l’occasione di esprimere il suo talento, viene scelto per debuttare il ruolo di don José nella Carmen di Bizet. Dopo il suo recente debutto ne I lombardi alla prima crociata al Teatro de l’Opéra di Monte-Carlo, viene definito dalla stampa francese come “il tenore dalla voce di spada”. Nella 2021 è ancora Don Josè in Carmen al Teatro de la Maestranza di Siviglia, Aroldo nell’omonima opera di Giuseppe Verdi nella produzione del Ravenna Festival, debutta il ruolo di Riccardo ne Un ballo in maschera al Teatre Principal de Palma de Mallorca e quello di Rodolfo in Luisa Miller al Teatro di Erfurt. Fra i prossimi impegni si segnala il debutto nel ruolo di Mario Cavaradossi nella Tosca di Puccini al Gran Teatre del Liceu di Barcellona.
Asude Karayavuz Mezzosoprano
Nata ad Istanbul, e laureata al Mimar Sinan Fine Arts University State Conservatory, vince il secondo premio al prestigioso Siemens National Opera Competition a Istanbul. Si perfeziona al Mozarteum Summer Academy dove ha l’occasione di studiare con grandi artisti, come Edith Mathis, Kurt Widmer e Edda Moser. Successivamente studia all’Accademia Teatro alla Scala dove ha l’occasione di perfezionare il repertorio con artisti come Leyla Gencer, Mirella Freni, Luciana Serra, Renato Bruson, Luigi Alva e Vincenzo Scalera. Finalista al sesto Leyla Gencer Opera Contest, le viene assegnato il Grand Prix Leyla Gencer da L’Académie Disque du Lyrique. In Turchia è nominata migliore cantante donna e miglior musicista dell’anno da Andante Magazine. L’elenco dei direttori e registi con cui ha lavorato comprende: Sergio Alapont; Giovanni Antonini; Gürer Aykal; Andrea Battistoni; Giorgio Bernasconi; Jordi Bernacer Valdes; Myung-Whun Chung; Rengim Gökmen; Marco Guidarini; Julian Kovatchev; Vachtang Machavariani; Riccardo Muti; Antonio Pirolli; Renato Palumbo; Giacomo Sagripanti; Nicola Valentini; Alberto Zedda. Antonio Albanese; Recep Ayyılmaz; Arnaud Bernard; Andrea Cigni; Michael Hampfe; Werner Herzog; Yekta Kara; Joseph Franconi Lee; Damiano Micheletto; Timothy Nelson; Emilio Sagi; Giorgio Strehler; Franco Zeffirelli.
Alessandro Spina Basso
Studia al Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Debutta all’età di 25 anni nel ruolo di Lunardo ne I Quatro Rusteghi di Ermanno Wolf-Ferrari. Si esibisce in ben oltre 50 opere liriche, musica contemporanea, musica sacra e recital. Collabora con i più grandi registi di fama internazionale: Robert Carsen, Franco Zeffirelli, Peter Stain, Damiano Michieletto, Leo Muscato, Emma Dante, Ferzan Özpetek, Liliana Cavani, Hugo De Ana, Roberto De Simone. Altrettanto importanti sono le collaborazioni con Direttori d’orchestra tracui Riccardo Muti, Daniel Oren, Ottavio Dantone, Marco Armiliato, Zubin Metha, Daniel Harding, Roberto Abbado, Daniele Gatti, Pinchas Steiberg, Juraj Valcuha. Il suo repertorio operistico vanta numerosi ruoli tra cui Ferrando dal Trovatore, Don Alfonso nel Così fan Tutte di Mozart al Teatro San Carlo di Napoli, Colline nella Bohème e Angelotti nella Tosca di Giacomo Puccini, il Conte Rodolfo nella Sonnambula, Timur nella Turandot, Alidoro nella Cenerentola. Ha cantato in importanti teatri del mondo tra cui i Teatri di Opera Lombardia, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro La Fenice di Venezia, al Festival dell’Arena di Verona, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Costanzi di Roma, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino di Firenze, il Teatro Bunka Kaikan del Giappone, il Teatro di Duisburg, al Teatro Comunale di Como. In quasi 20 anni di carriera ha collaborato con artisti del calibro di: Placido Domingo, Leo Nucci, Jonas Kaufmann, Salvatore Licitra, Marcelo Alvarez, Anna Netrebko, Ildar Abrazakov, Alessandro Corbelli, Roberto Alagna, Barbara Frittoli, Daniela Dessi e tanti altri ancora. I prossimi impegni prevedono la Petite Messe Solennelle di Rossini nella Cattedrale di Ascoli Piceno, La Traviata e Andrea Chenier a Montercarlo, Bohème e Otello al Teatro San Carlo di Napoli.
Raffaele Feo Tenore
Studia al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova. La sua formazione continua al “Santa Cecilia Opera Studio”, all’Accademia di Alto Perfezionamento del “Festival Pucciniano” di Torre del Lago, all’Accademia “Rodolfo Celletti” di Martina Franca e infine nel 2019 partecipa all’Accademia di “Alto Perfezionamento Lirico e avvio alla Carriera” del Teatro “L. Pavarotti-M. Freni” di Modena, con docenti come Prina, Scotto, Vandi, Lemmo, D’Aleo, Scalchi. La sua versatilità vocale e spiccata musicalità gli permettono di cimentarsi in vari repertori. Vince l’XI concorso internazionale di Musica Barocca e studi Musicologici “Principe Maria Ruspoli” e nel 2021 vince il Concorso internazionale di musica sacra “Let’s Sing Oratorio”. Interpreta diversi ruoli nelle stagioni liriche dei teatri di Savona, Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Ravenna, Rimini, Reggio Calabria, Udine, Lucca, Roma. Nel 2019 canta al Teatro La Fenice di Venezia e all’Auditorium Pollini di Padova nel Rondò Arlecchinesco di Ferruccio Busoni e per il Festival ‘900 del Teatro Comunale di Bologna ne La Giara di Alfredo Casella, direttore M° Angius. A dicembre dello stesso anno interpreta il ruolo del protagonista nell’opera contemporanea La Notte di Natale di Alberto Cara nei teatri di Savona e Modena. Nel 2020 e nel 2021 si esibisce al Teatro dell’Opera di Roma in La Zaide di Wolfgang Amadeus Mozart, direttore M° Gatti, regia Graham Vick e in Madama Butterfly, direttore M° Renzetti, regia Alex Ollè. Nella stagione ’21/’22 interpreta Don Carlo nell’Ernani di Giuseppe Verdi per il Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Comunale di Ferrara e Teatro Valli di Reggio Emilia, direttore M° Casellati, regia Gianmaria Aliverta. A luglio 2022 è Brighella nell’opera rara di Pietro Mascagni/Luigi Illica Le Maschere, direzione M° Brusa, regia Giulio Ciabatti.
Benedetta Mazzetto Mezzosoprano
Inizia giovanissima lo studio del pianoforte e del canto lirico. Si laurea al Conservatorio di Como sotto la guida del M° Alessandra Ruffini. Nel 2021-2022 è fra gli studenti dell’Accademia di Perfezionamento del Teatro Comunale di Bologna. È fra i finalisti di numerosi concorsi, vincendo nel 2020 il premio “Ars Magna by Omina Romana” all’XI Concorso Lirico Internazionale di Ravello e, nel 2022, la categoria Voci Emergenti della 73esima edizione del Concorso AsLiCo per Giovani Cantanti Lirici e il Premio “Rapallo Opera Festival” all’VIII Concorso Lirico Internazionale di Portofino. Partecipa a numerosi concerti su territorio nazionale ed internazionale, spaziando dal repertorio barocco a quello contemporaneo. Nel 2018 interpreta Aristofane nell’opera barocca La pazienza di Socrate con due mogli di Antonio Draghi al Teatro Ponchielli di Cremona. Nel 2019 riveste il ruolo di Mary in Due Ragazzi Perbene di Lorenzo Casati. Nel 2021 è Carmen Gloria in Colloquio col Tango di Raffaello de Banfield e Paola Isoscele in Procedura Penale di Luciano Chailly. Nell’ambito del progetto di Opera education di AsLiCo, nel 2021 è Balena/Madre in Acquaprofonda di Giovanni Sollima esibendosi nei teatri di Opera Lombardia, al Teatro Valli di Reggio Emilia, al LAC di Lugano, al Teatro Carcano di Milano, all’Horcynus Festival di Messina. Nel 2022 intepreta Mrs Nolan in The Medium di Gian Carlo Menotti al Teatro Grande di Brescia e Mrs Herring in Albert Herring di Benjamin Britten al Teatro Wielki di Poznań.
Veta Pilipenko
Nata a Celjabinsk, Federazione Russa, nel 2012 si laurea all’Università delle arti teatrali di Mosca. Dopo gli studi continua la sua carriera come cantante lirica al Teatro da Camera Pokrovskij e al Teatro accademico musicale di Mosca, dove debutta in alcuni ruoli del repertorio classico e in alcune opere contemporanee. Nel 2016 si diploma in canto lirico presso il Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze. Tra il 2015 e il 2016 è membro dell’Accademia Maggio Musicale Fiorentino. Collabora con i teatri d’Opera di Cagliari, Firenze, Parma, Reggio Emilia, Bergamo, Catania, Trieste, Parigi, e con la NDR Radiophilharmonie. Gli ultimi impegni includono performance al Festival Verdi a Parma, a Reggio Emilia, a Trieste, a Firenze sotto la direzione di Zubin Mehta, in occasione dell’apertura della Stagione del Teatro Regio di Parma sotto la direzione di Michele Mariotti, presso l’ABAO Bilbao Opera e l’Hessisches Staatstheater Wiesbaden.