2019 Macbeth
2019 Macbeth
2019 Macbeth
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2019 Macbeth
2019 Macbeth

2019 Macbeth

Melodramma in quattro atti. Musica di Giuseppe Verdi.
Libretto di Francesco Maria Piave, tratto dall’omonima tragedia di William Shakespeare.
Prima rappresentazione assoluta: Firenze, Teatro della Pergola, 14 marzo 1847.
Prima rappresentazione della seconda versione: Parigi, Théâtre Lyrique, 19 aprile 1865.
Edizione critica della partitura edita da Chicago University Press e Casa Ricordi, Milano
A cura di D. Lawton

Macbeth Angelo Veccia
Banco Alexey Birkus
Lady Macbeth Silvia Dalla Benetta
Dama di Lady Macbeth Katarzyna Medlarska
Macduff  Giuseppe Distefano
Malcolm Alessandro Fantoni
Medico/Un Domestico di Macbeth/Sicario Alberto Comes

 

Maestro concertatore e Direttore d’orchestra
Gianluigi Gelmetti

Regia
Elena Barbalich

Assistente alla Regia Costanza Degani
Scene e Costumi Tommaso Lagattolla
Assistente alle Scene e ai Costumi Alessio Rosati
Luci Giuseppe Ruggiero
Coreografie Danilo Rubeca
Maestro del coro Diego Maccagnola

Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano

Allestimento  Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona
Coproduzione Teatri OperaLombardia

Atto I
Tre crocchi di streghe si raccontano le proprie azioni scellerate, quando vengono interrotte dall’arrivo di Macbeth e Banco, due generali del re scozzese Duncano. Le streghe predicono a Macbeth la signoria di Glamis e Caudor, e il trono di Scozia, mentre annunciano a Banco che sarà padre di re. Macbeth, ricevuta la notizia che il re Duncano lo ha nominato sire di Caudor, è invaso da profondo sgomento: informa della predizione la moglie, che lo incoraggia sulla strada del delitto. Macbeth, dopo aver vinto i suoi dubbi, entra nelle stanze del re per ucciderlo. Ma il delitto compiuto lo atterrisce, mentre Lady Macbeth, incrollabile nella sua sanguinaria ambizione, decide di far ricadere sui soldati la colpa del regicidio. Quanto il nobile scozzese Macduff scopre il mostruoso delitto, tutti accorrono e invocano la punizione di Dio sull’assassino.

Atto II
Macbeth, pur proclamato re, è attanagliato da timori e dubbi: il suo trono è vacillante, dato che le streghe hanno predetto che regneranno sul trono di Scozia i figli di Banco. La moglie lo spinge ad uccidere l’antico amico e la sua prole: un gruppo di sicari uccide Banco, ma il figlio riesce a fuggire. La notizia dell’omicidio viene portata a Macbeth durante un sontuoso banchetto, durante il quale gli appare lo spettro dell’amico. In tutti i presenti si insinua il sospetto di colpe mostruose e Macduff lascia l’ormai insicuro suolo di Scozia. Macbeth, sconvolto, decide di tornare dalle streghe.

Atto III
Macbeth si reca in un’oscura caverna per conoscere il proprio futuro: le fattucchiere mettono in guardia Macbeth da Macduff, gli predicono che nessun nato da donna potrà ucciderlo e che il suo regno durerà finché la foresta di Birnam non si muoverà verso il suo castello. Alla fine però appare Banco con la sua discendenza, destinata a regnare sul trono di Scozia. Atterrito dalla profezia, sviene, mentre le streghe svaniscono. Sopraggiunge Lady, alla quale il marito racconta quanto ha veduto: i due sposi decidono di sterminare tutti i loro nemici, compreso Macduff e la sua famiglia.

Atto IV
Ai confini tra Scozia e Inghilterra, i profughi scozzesi piangono perchè oppressi dal sanguinario Macbeth. Fra loro, Macduff straziato dalla notizia dell’uccisione della sua famiglia.  Malcolm, figlio di Duncano, ordina di tagliare i rami degli alberi della foresta di Birnam e avanzare coperti dalle fronde verso il castello di Macbeth. Intanto Lady Macbeth, tormentata dagli incubi, vaga di notte nel castello in preda a un sonnambulismo che la spinge a rivelare i suoi orribili delitti. Macbeth, in procinto di scendere in battaglia contro gli insorti, apprende della morte della moglie, ed ascolta sconvolto i suoi guerrieri, che narrano come la foresta di Birnam stia muovendo verso il castello. La fine del suo regno è prossima; durante la battaglia, il tiranno si trova di fronte Macduff, che con suo grande stupore scopre essere stato strappato al momento della nascita dal grembo materno: le streghe hanno dunque beffato Macbeth, che viene ucciso da Macduff. L’esercito vittorioso dei ribelli proclama Malcolm nuovo re di Scozia.

di Gianluigi Gelmetti

Macbeth è per me l’opera più inquietante di Verdi, quasi uno spartiacque nella produzione del Teatro con Musica. La strumentazione, la ricerca di innovative forme di vocalità, inedite concezioni formali e strutturali, e un nuovo rapporto tra tutte queste componenti, spesso anche in antitesi tra loro. Tutto nel Macbeth è nuovo, diverso, spesso sperimentale ma con la determinazione e la coscienza di chi sa cosa sta sperimentando. A proposito di vocalità, per entrare nel mondo del Macbeth basta citare alcune frasi prese dalla famosa lettera di Verdi in cui, a proposito della Tadolini, si legge: «[…] la Tadolini canta alla perfezione, e io vorrei che Lady non cantasse […]; la Tadolini ha una voce chiara, limpida, potente, e io vorrei in Lady una voce aspra, soffocata, cupa […]; la Tadolini ha dell’angelico, la voce di Lady dovrebbe avere del diabolico […]». Da qui si capiscono le precise indicazioni scritte in partitura, specialmente per Macbeth e Lady nel corso dell’opera: «[…] (i ruoli) non si devono assolutamente cantare; bisogna agirli, e declamarli con una voce ben cupa e velata […]». O ancora: «Macbeth parlando […] con voce muta […], sempre più piano […], cantando con espansione […], piano con forza […]»; «Lady e Macbeth […] con voce repressa […]; «Lady con voce pianissima un po’ oscillante […]», e altre ancora. Un cantante per cantare “male” così, con voce aspra, soffocata, velata, cupa, deve essere ancora più bravo e intelligente. Ciò detto, anche considerando le agilità e le colorature (degne del miglior belcanto) che Verdi scrive per Lady – specie nel Brindisi, anche se con altra funzione –, si ha un’idea di quanto sia arduo cantare e recitare quest’opera. Senza dimenticare che alla fine della scena del folle sonnambulismo, dopo averle per tutta l’opera fatto usare la voce in modo così “crudele”, Verdi fa concludere Lady “partendo” con un re bemolle acuto, non certo agevole. Tutto questo, oltre che difficile da capire e realizzare, sembra per quei tempi quasi provocatorio, soprattutto pensando a quanto Verdi si lasciava alle spalle, a partire dal non troppo lontano mondo sublime del belcanto rossiniano. Verdi va nella direzione opposta: la sua. Cerca vocalità reali, vere, non importa se brutte; anzi, spesso volutamente brutte. Vuole effetti nuovi non per stupire, ma per coerenza con le nuove idee che ispirano il suo Macbeth. Scrive il soprano Barbieri Nini: «Il duo col baritono fu provato più di centocinquanta volte: per ottenere, diceva il Maestro, che fosse più discorso che cantato […]». La ripetuta insistenza del compositore sulla sostanza drammatica è fondamentale per approfondire questo nuovo e particolare Verdi: «[…] farne un tessuto nuovo, e della musica attaccata alla parola e alla posizione […]; che questa mia idea la comprendano bene gli artisti […]; che servano meglio il poeta che il “maestro” […]»; il che significa rispettare le indicazioni drammaturgiche con lo stesso rigore di quelle musicali. Anche le indicazioni riguardanti le Streghe sono precise e importanti. Il loro carattere, le entrate, il modo di cantare: per esempio, nella prima scena è specificato che i tre gruppi dovranno essere separati per favorire il concetto di dialogo. Verdi scrive che esistono solo tre ruoli principali: Lady, Macbeth e le Streghe. Le sue note non sono mai vaghe didascalie d’ambiente e di maniera, bensì la precisa indicazione della genesi interiore che ha fatto nascere contemporaneamente parola e musica, e precise indicazioni su come realizzarla, esigendo un’unità assoluta tra tutti, fedeli alla sua partitura: una partitura globale. In questo primo incontro con Shakespeare, Verdi, pur non potendo dividersi tra il mondo dei “valori” – a lui tanto caro e vicino – e quello contorto, immorale, amorale, fosco e torbido della “tragedia Macbeth”, riesce a farli convivere deformandoli, facendoli risaltare per contrapposizione – addirittura decontestualizzandoli, abbandonandoli e genialmente ricomponendoli. Struttura e forma sono continuamente e volutamente spezzate, deformate. Con i dovuti distinguo, pare in qualche modo un’operazione pre cubista ante litteram, quasi a suggerire l’assurda identità dei personaggi, soggetti da psichiatria, oltre ogni concetto di bello, di giusto; l’assoluto espressivo, la verità della mente. Le sue indicazioni per i cantanti sono spesso più da attori, ma non quelli da accademia di recitazione, ma da Actors Studio. Niente di finto, di accondiscendente alle usanze, ai modi consuetudinari. Strumentazioni in cui Verdi intuisce un suono impensabile. Un esempio: III atto, Andante maestoso, coro di Streghe “dalle basse dall’alte regioni”, orchestra FF, cassa e timpano si vedono scritto per esteso: «Fortissimo e pianissimo e la seconda volta ribadito». Per anni evidentemente si era pensato ad un refuso, tanto che nelle vecchie partiture era stato corretto arbitrariamente in «Fortissimo anche per le percussioni». La versione critica ci ha dato altre certezze. Altre importanti riscoperte: dinamiche differenziate non solo in orchestra, ma anche tra orchestra e cantanti. Orchestra piano e cantanti forte; altre volte il contrario, e qui confesso mi ha spiazzato. Una volta diressi un’opera del geniale Niccolò Castiglioni alla Biennale di Venezia con la Fenice. Quando gli feci notare che un tenore per quanto si sforzasse non poteva superare la valanga di ottoni FF che aveva scritto, candidamente mi rispose che era quello che voleva: vedere il cantante tutto rosso e che non si sentisse niente. Era un effetto alla fine interessante, ma non penso sia riportabile a Verdi. Mi viene piuttosto in mente il mio compianto amico Carmelo Bene. Il suo uso dei microfoni non come mero amplificatore ma come un microscopio che permettesse di ascoltare dettagli della voce anche nel pianissimo. Nel mirabile Manfred di Schumann che effetto sconvolgente era sentire le sue modulazioni vocali pianissimo ma a grande volume. Generava una sonorità vocale che usciva dall’orchestra che suonava fortissimo. Chissà cosa pensava Verdi. Macbeth e Ballo in Maschera erano le due opere di cui Carmelo desiderava fare la regia. Erano gli anni settanta: facemmo un progetto per un importante Teatro del Nord (senza microfoni!), ma all’ultimo momento i dirigenti di allora si ritirarono. Eppure, era rispettosissimo della musica e non c’erano bizzarrie. Erano altri tempi. Usando un materiale moderno si può essere conservatori: Verdi, usando un materiale tutto sommato antico, tradizionale, riesce ad essere di una strabiliante, sconvolgente innovazione, e lo voglio dire: rivoluzionario. Non vedo una contraddizione nella famosa frase di Verdi sul tornare all’antico poiché sarà un progresso, anzi! .

di Elena Barbalich

La regia dell’opera riproduce, a livello visivo e percettivo, il mondo delle visioni di Macbeth, come se tutto ciò che accade sul palcoscenico fosse prodotto dai suoi occhi. Il punto di vista è quindi quello del protagonista, come nel corso del percorso erratico profondamente umano del Macbeth shakespeariano, fedelemente mutuato da Verdi. Con lo scenografo Tommaso Lagattolla abbiamo voluto creare uno spazio indefinito, lo spazio interiore dell’incubo, che in alcuni momenti non si coglie per intero, ma si percepisce come un luogo del sentire, dove le figure emergono o appaiono improvvisamente dal buio, generate dalla mente del protagonista. Tutto è avvolto in un’atmosfera lugubremente onirica, nella quale rivive un medioevo barbarico e rituale – omaggio ad Orson Welles – nel quale dominano superstizione e paura. Abbiamo deciso di attenerci al Medioevo perché rappresenta quel mondo comunitario gerarchicamente conchiuso e cristallizzato, che Macbeth decide di infrangere, per dar voce alla sua singola umana pulsione, producendo il caos. L’universo indecifrabile da lui prodotto, corroso dal dubbio e dall’impotenza, nella nostra interpretazione figurativa, è dominato dalla figura emblematica di un cerchio di specchio che, trasformandosi, acquisisce diverse valenze nei vari momenti della vicenda drammatica. All’inizio dell’opera si presenta come simbolo del mondo medievale, infranto dalle streghe in tante schegge, segno della sciagura imminente: nello stesso luogo, nella luce incandescente, si materializza Lady Macbeth. Progressivamente, nel corso del dramma, diviene occhio giudicante, anello energetico di connessione nei riti delle streghe, triste lago in cui Fleanzio scorge il riflesso dei sicari, calderone evocante gli spiriti e tavolo del banchetto, sospeso come il simbolo inquietante della follia di Macbeth. Rappresentazione topica del cerchio è quando, all’apparizione dei re, si configura come un enorme pendolo oscillante, a rappresentare la scansione inesorabile del tempo. Un altro aspetto della regia concerne il ritmo delle azioni. Proprio nella scena cardine del banchetto, nella quale Macbeth vede apparire il fantasma di Banco, i movimenti concitati del protagonista sono associati all’estrema lentezza delle movenze del coro, come se tutti, allo sguardo alterato di Macbeth, diventassero larve, fantasmi. Questa alternanza torna in altre scene dell’opera, dove i movimenti veloci di Macbeth e Lady, costantemente pressati dal bisogno di agire, contrastano con lo scorrere rallentato del mondo attorno a loro, fluente in un tempo parallelo al quale non riescono ad accedere. Così sfila il corteo di Duncano, ieratico e solenne, al punto da far tremare la mano di Macbeth che stringe il coltello; così procedono gli otto re, quando si materializzano invocati dalle streghe. La diversità del ritmo mimico è studiata per suscitare nel pubblico l’effetto della paura. ‘Paura’ è la parola più ricorrente nel dramma di Shakespeare, il più delle volte riferendosi a quella provata da Macbeth. Il senso dell’irreversibilità dello scorrere del tempo e dell’impossibilità per il protagonista di cancellare le azioni compiute, sono marcati ulteriormente dall’apparizione scenografica della luna, che domina sinistra nelle notti di delitto, alternata al sorgere del sole ottenebrato dall’eclissi e di altri misteriosi pianeti, come accade nei giorni di sventura, con riferimento all’importanza esoterica dell’astrologia nel mondo antico, come preveggenza della catastrofe imminente. Un altro piano di lettura è la connotazione simbolica dell’uso dei colori. La corte è cromaticamente connotata da tutti i toni del viola e del grigio, colore in cui convergono tutte le tinte, ma anche di un mondo indistinto, popolato da fantasmi. Nel buio, espressione del caos, si accende, in alcuni momenti topici, un fondale cielo, a volte anche sudario o marmo funebre, che si trasfigura cromaticamente a commento del procedere drammatico degli eventi. Nel primo atto come alla fine dell’opera, il colore di scena è il blu, tinta della regalità secondo l’araldica medievale. Durante l’uccisione di Banco, il fondale si accende nel rosso, simbolo del sangue ma anche dell’azione e delle passioni degenerate e irrefrenabili. Il fondale giallo – colore alchemico – miscelato al rosso, si associa al fuoco dei riti sabbatici; giallo e verde, in Patria oppressa, è segno di disordine e follia, mentre giallo e blu, durante l’apparizione degli otto re, evoca l’oro della corona. Il viola, del costume dei sicari e di Lady Macbeth, nel primo e secondo atto è il colore del diavolo – come nell’alto Medioevo – mentre nel fondale, durante il sonnambulismo, è il colore della penitenza. Un ulteriore aspetto della regia è connostato dall’uso, attraverso il movimento di tulle e sipari, di un procedimento di montaggio cinematografico tra le diverse scene, in modo da adattare il rigido schema dei numeri chiusi alla struttura cinetica delle sequenze, rendendo più incalzante il ritmo narrativo.

Gianluigi Gelmetti Direttore
Gianluigi Gelmetti dirige per la prima volta a sedici anni con Sergiu Celibidache; in seguito studia anche con Franco Ferrara presso l’Accademia Chigiana – la stessa presso la quale per 19 anni sarà docente – e con Hans Swarowsky a Vienna. Riconosciuto internazionalmente anche per la vastità e poliedricità del suo repertorio, ha diretto in tutto il mondo: in Europa, dalla Scala al Covent Garden, all’Opéra de Paris, Teatro Real di Madrid, Filarmonica di Berlino, Monaco di Baviera, Vienna e San Pietroburgo; nelle Americhe, in Australia, Giappone, Cina, Qatar.  È stato Direttore Musicale all’Opera di Roma per dieci anni, dopo averne trascorsi nove presso l’Orchestra della Radio di Stoccarda, quindi l’Orchestra Sinfonica di Sydney. Nel 2012 gli viene affidata la responsabilità dell’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo di cui resterà Direttore Musicale ed Artistico fino alla fine del 2016, ricevendo il titolo di Chef Honoraire a vita, e la nazionalità monegasca. Allievo di Orazio Costa per la regia, si è anche sdoppiato come regista e direttore in numerosi spettacoli, da Rossini a Verdi e da Mozart a Wagner. L’attività di compositore occupa un posto particolare nella vita di Gelmetti. Tra i momenti più significativi Prasanta Atma commissionatagli dai Münchner Philharmoniker in memoria di Sergiu Celibidache, e La cantata della Vita dal Comunale di Bologna, registrata in CD dall’Orchestra Sinfonica di Sydney. È stato insignito di prestigiosi Premi: il Rossini d’Oro; il Premio Verdi. La rivista Opernwelt l’ha nominato “Miglior Direttore dell’anno”, Premio della critica giapponese per la direzione della Sinfonia n° 9 di Beethoven, Libro d’Oro del Festival Beethoven di Bonn, Prix de la Critique, Diapason d’Or per il suo CD su Alban Berg. Ha inciso con EMI, Sony, Ricordi, Fonit, Teldec e Agorà. È Accademico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e della Pontificia Accademia di Belle Arti al Pantheon. Tra le onorificenze ricevute: in Italia “Cavaliere di Gran Croce all’Ordine e Merito della Repubblica Italiana”, in Francia Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres e nel Principato di Monaco Commandeur de l’Ordre du Mérite Culturel. In Italia, ha recentemente inaugurato il Teatro Massimo Bellini di Catania, del quale è direttore principale ospite, con La Rondine, di cui ha curato anche la regia, e Die Zauberflöte con la regia di Pier Luigi Pizzi; ha diretto Attila per il Festival Verdi di Parma, il Requiem di Verdi a Matera, lo Stabat Mater di Rossini a Modena a ricordo di Luciano Pavarotti. A Trieste, gli è stato conferito il Sigillo Trecentesco della Città e la direzione onoraria del Teatro Verdi.

Elena Barbalich Regista
Elena Barbalich esordisce nella regia con La Serva Padrona, rappresentata a Milano al Castello Sforzesco. Realizza numerose regie nel campo del repertorio dell’opera contemporanea quali Phonophonie di Kagel, di cui cura anche i testi per l’edizione discografica, e Die Rätsel von Mozart (prima rappresentazione assoluta) andate in scena nel 1999 al Teatro delle Fondamenta Nuove di Venezia in collaborazione con il Teatro La Fenice. A Parigi, alla Cité des Arts, nel 2000, rappresenta Recitations di Aperghis e riprende Phonophonie di Kagel. Per La Fenice, nel 2001, mette in scena Per Voce Preparata. Al Festival di Opera Barga cura la regia de Il Tribuno di Kagel, ripreso al Festival di Tourcoing con Die Rätsel von Mozart. Nel 2005, per il San Carlo, realizza la prima rappresentazione assoluta dell’opera Garibaldi in Sicilia di Marcello Panni con la partecipazione di Luigi Ontani. Nel 2003 crea la regia di Cavalleria Rusticana e Pagliacci al Teatro Verdi di Salerno e al Politeama di Catanzaro dove, l’anno successivo, rappresenta Tosca, aprendo la stagione del Politeama. Nel 2006 inaugura la stagione di Salerno con Macbeth di Verdi, ripreso nel 2007 e 2015 al Teatro São Carlos di Lisbona, oltre al Festival de La Coruña, al Teatro Calderón di Valladolid e al Teatro Principal di Palma di Maiorca. Per la Fondazione Petruzzelli, cura la riedizione di Tosca nel 2007 e 2009. A Sassari, nel 2007, realizza la regia di Les Mamelles de Tirésias di Poulenc e de La Damoiselle élue di Debussy (prima rappresentazione assoluta). Nel 2010, al Teatro Petruzzelli, mette in scena La Traviata. Nel 2011, per Opera Lombardia, cura la regia de Il cappello di paglia di Firenze, replicato nel 2014 al Teatro Petruzzelli di Bari e nel 2018 al San Carlo di Napoli. Nel 2012 inaugura la stagione del Teatro Grande di Brescia con la ripresa di Tosca. Nel 2015 realizza la messinscena de Le Nozze di Figaro al Teatro Regio di Torino, ripresa nello stesso teatro nel 2018, e di Juditha triumphans al Teatro La Fenice di Venezia. Nell’autunno del 2017 mette in scena Rigoletto al Teatro Fraschini di Pavia, per il Circuito Lombardo, ripreso nel 2018 all’Opéra de Toulon. Per il Teatro La Fenice, nel febbraio del 2019, allestisce Il Sogno di Scipione di Mozart in collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove è docente di Regia e di Pratica e Cultura dello Spettacolo.  Per il compositore Paolo Furlani scrive i libretti delle opere Otòno Shirábe e Singin’in the brain, eseguita in forma di suite alla Biennale Musica di Venezia.

Tommaso Lagattolla Scenografo e Costumista
Sin da giovanissimo, Tommaso Lagattolla ha coltivato interessi musicali e artistici: diplomato in violino al Conservatorio, ha ottenuto il diploma dell’Accademia di Belle Arti di Bari, scuola di Scenografia, specializzandosi poi in Costume per lo Spettacolo mediante un corso, a Prato, impartito da alcuni dei migliori costumisti sul panorama internazionale. Ben presto si è dedicato all’opera lirica, grazie ad una precoce collaborazione con il Teatro Petruzzelli, per il quale ha lavorato in numerosi spettacoli in qualità di scenografo e costumista. Incontro molto stimolante è stato quello con Pasquale Grossi, col quale ha collaborato per alcune magistrali produzioni, come Don Pasquale, La bohème, il Festino di Santa Rosalia a Palermo, e infine Il Trovatore all’Opera di Roma, del quale ha altresì disegnato i costumi. Ha curato, per l’aspetto visivo, vari spettacoli di musica contemporanea (Il tribuno di Mauricio Kagel, lo spettacolo Per voce preparata alla Fenice di Venezia), quindi molteplici titoli della tradizione operistica. Ha affiancato vari registi (Pacini, Trees, Esposito, Spada, Stetka, Curran, Cirillo), ma importanti sono i sodalizi con Elena Barbalich, con cui ha lavorato per molte produzioni (tra le più significative Macbeth di Verdi, rappresentato in vari teatri in Italia, Spagna e Portogallo), e con Andrea Cigni. Per Il cappello di paglia di Firenze è stato insignito del premio “GBOscar Eccellenza della lirica”, sia per le scene sia per i costumi nel 2015. Per nove anni, dal 2006 al 2015, è stato Direttore degli allestimenti scenici per la Fondazione Petruzzelli di Bari, ed in questo ruolo ha collaborato con alcuni importanti artisti: Ronconi, Nekrosius, Baryshnikov, De Simone, Trisha Brown, le compagnie di danza di Maurice Béjart, di Martha Graham e di Pina Bausch e molti altri ancora. Da più di un decennio, insegna Costume per lo spettacolo e discipline affini all’Accademia di Belle Arti di Bari, impegnandosi per la diffusione della cultura del costume storico e della passione per il teatro fra le giovani generazioni. Inoltre, Tommaso Lagattolla è un esperto di costume storico, come dimostra la sua ricca produzione di pubblicazioni in questo campo (tra cui le schede catalografiche del patrimonio vestimentario della Pinacoteca Provinciale di Bari, per l’Istituto Poligrafico dello Stato). Collabora con musei e altre istituzioni, soprattutto con il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, a Firenze (Galleria degli Uffizi), per l’allestimento e la curatela di mostre temporanee e permanenti di costume storico: da ultimo, è stato scenografo e costumista per le mostre Tracce: dialoghi ad arte e Animalia Fashion, sempre a Palazzo Pitti.

Giuseppe Ruggiero Lighting Designer
Dal 1973 partecipa alle stagioni liriche del Teatro Petruzzelli di Bari dove dal 1982 presta stabilmente la sua opera per le stagioni liriche, in qualità di Lighting Designer, seguendo produzioni e tournées all’estero (Russia, Brasile, Australia, Francia, Belgio Spagna, Egitto) e curando tutte le rassegne di danza (Kemp, Nureyev, Petit, Béjart, Baryshnikov, per menzionarne solo alcune), di teatro di prosa (Kantor, Ovadia, Marceau, Lavia) e concerti (Pavarotti, Ricciarelli). Dal 1987 al 2007 ha collaborato stabilmente con il Festival della Valle D’Itria di Martina Franca (TA) come Direttore delle luci e Lighting designer. Nell’ambito del suddetto Festival ha lavorato con numerosi registi: Pizzi, Marcucci, Crivelli, Puggelli, de Monticelli, Mariani, Pichon, Esposito, Gasparon, Gandini, Bernard, Pizzech e altri. Nelle stagioni 91/92 e 93/94 al Gran Teatre del Liceu di Barcellona realizza le opere: La bohème, L’Elisir d’amore, e Fedora con la regia Beppe De Tomasi. 1999 Teatro Manoel di Malta, realizza le luci per Norma per la regia di Esposito. Nel 2001 per l’Opéra national de Montpellier cura il disegno luci per Ippolito e Aricia per la regia di De Monticelli.  Cura le luci per altre produzioni realizzate da Mauro Bolognini, Pier Luigi Pizzi, Marini, Puecher, Gabriele Lavia, Maurizio Scaparro, Dario Fo, Samaritani, Klaus Gruber, Tiezzi, Lorenzo Mariani, Francesca Zambello, Elena Barbalich, Elisabetta Courir. Al Teatro Regio di Torino, è nel team creativo per Le nozze di Figaro e al Teatro Nacional de São Carlos in quello di Macbeth con la regia di Elena Barbalich. Al Teatro Petruzzelli di Bari nuovamente per Macbeth regia Giancarlo Cobelli. Al Teatro Regio di Parma cura le luci per Il Trovatore per la regia di Elisabetta Courir.

Angelo Veccia Baritono
Angelo Veccia, figlio d’arte, si forma sin dalla più tenera età sotto la guida del padre, il tenore Luigi Veccia, vincitore nel 1964 del Concorso di Spoleto, da studente dell’Accademia di Santa Cecilia. Dopo aver vinto il concorso Battistini nel 1983 e nel 1984, debutta come basso prima negli Stati Uniti come dottor Grenvil ne La Traviata e poi nel ruolo di Colline in una produzione de La bohème che lo porta a cantare in numerose piazze del centro Italia. Vincitore di una borsa di studio l’anno seguente continua la sua formazione a New York presso la prestigiosa Juilliard School nella classe di Daniel Ferro. Sempre come basso ha modo di debuttare vari ruoli, spesso in lingua inglese, tra cui Figaro nell’opera mozartiana, Basilio ne Il barbiere di Siviglia, Raimondo nella Lucia di Lammermoor e Don Profondo nella prima americana de Il Viaggio a Reims. In seguito alla scoperta e allo sviluppo della zona acuta tipica del registro baritonale, nel 1988 debutta come Silvio nei Pagliacci e Belcore ne L’elisir d’amore, mentre nel 1990 interpreta per la prima volta Figaro nel Barbiere di Siviglia, ruolo che avrà modo di cantare più volte in Italia e all’estero. Nella definitiva corda di baritono ha iniziato una carriera che lo ha portato a cantare in numerosi teatri e sale di tutto il mondo (Teatro alla Scala, Arena di Verona, Concertgebouw ad Amsterdam), con rinomati direttori d’orchestra (Riccardo Chailly, Riccardo Muti, Daniele Gatti, Valerij Gergiev, Daniel Oren, Ádám Fischer) e colleghi (Plácido Domingo, Mirella Freni, Samuel Ramey, Bonaldo Giaiotti, Luciana D’Intino, Nicolai Ghiaurov, Angela Gheorghiu, Rockwell Blake, Daniela Dessì, Carlo Bosi, Ferruccio Furlanetto, Cecilia Bartoli, Blagoj Nacoski, Roberto Alagna, Barbara Frittoli, Jonas Kaufmann, Alfredo Mariotti, Giusy Devinu). Suo fratello è il direttore d’orchestra Simone Veccia, fondatore a Roma della Piccola Orchestra ‘900.

Alexey Birkus Basso

Alexey Birkus è nato in Bielorussia, si diploma in Conduzione di Coro e ha studiato canto alla Young Singer Academy al Teatro Mariinskij a San Pietroburgo. Ha studiato con il Msestro Manno a Milano e poi con Terranova e poi a Roma con David Holst. Ha frequentato una masterclass Teresa Berganza.  Nel 2015 ha vinto il premio ‘Best Young Male Singer’ all’Austrian Music Theater Awards a Vienna per la sua interpretazione nell’ Evgenij Onegin, e nel 2016 è finalista al Germany Song Contest Die Meistersinger von Nürnberg. Ha cantato in giro per il mondo, USA, Russia, Turchia, Italia, Germania, Austria, Svizzera. Nel 2018 è stato invitato a cantare alla apertura di Stagione ne I Puritani nel ruolo di Sir Giorgio al Teatro Verdi di Trieste con il Fabrizio Maria Carminati e Katia Ricciarelli. Tra il 2015 e il 2018 è stato presso lo Staatstheater Nürnberg in Germania; tra il 2013 e il 2015 presso lo Salzburg National Theater in Austria, ed è stato invitato ad esibirsi in Turchia. Dal 2011 al 2013, Alexey Birkus ha cantato in Svizzera e a Palermo.  Nel 2010 è stato selezionato come membro di ‘OperAvenir’ in Basel.

Silvia Dalla Benetta Soprano
Dotata di grande estensione vocale e un temperamento di forte impatto emotivo, il soprano vicentino è considerata un’artista di riferimento della grande tradizione italiana per il repertorio drammatico di agilità, da Mozart a Rossini, dal Belcanto più impegnativo al giovane Verdi, fino ad arrivare anche al Puccini più lirico grazie alla sua solida tecnica e alla capacità naturale di legare i suoni. Tra gli impegni del 2019 segnaliamo Semiramide a Bilbao, Messa da Requiem a Taranto e Matera, il ritorno al Festival Rossini in Wildbad con un concerto dedicato ad alcune pagine inedite di Rossini, Vesprae Solennes de Confessore a Catania, il debutto nel ruolo della Lady in Macbeth a Pavia, Como, Brescia e Cremona.  Nel 2020 Messa da Requiem a Monaco Monte-Carlo. À rebours, nel 2018 ha interpretato Micaëla in Carmen a Liegi, Petite Messe Solennelle, Sinaïde in Moïse e Zelmira al Festival Rossini in Wildbad, Concert d’été a Liegi, Gulnara ne Il corsaro a Modena, Amaltea in Mosè in Egitto a Pisa e Novara. Nel 2017 ha cantato al Concerto Finale de Al Bustan Festival di Beirut con estratti da Nabucco e Aida, Norma a Ferrara, Fiordiligi in Così fan tutte a Città del Messico, Messa in do minore di Mozart, Zenobia in Aureliano in Palmira e Cristina in Eduardo e Cristina al Festival Rossini in Wildbad, Hélène in Jérusalem al Festival Verdi di Parma, Norma a Charleroi e Hanna Glawari ne La vedova allegra a Catania. Ha aperto la stagione 2015/2016 con Elisabetta in Elisabetta Regina d’Inghilterra a Sassari e Gulnara ne Il corsaro al Festival Verdi di Parma; poi, dopo una tournée in Corea del Sud e una in Cina, ha debuttato nel ruolo di Marguerite in Les Huguenots all’Opera di Nizza ed è tornata ad interpretare Norma a Lucerna. Ha inoltre debuttato nella parte di Bianca in Bianca e Gernando al Festival Rossini in Wildbad, in Aida al Festival Mediterranea a Malta e nel ruolo eponimo in Sakuntala di Alfano a Catania. Dal 2004 e 2014 ha interpretato ruoli dalla forte caratterizzazione drammatica (Elvira in Ernani, Donna Anna in Don Giovanni, Abigaille in Nabucco, Micaela in Carmen) ruoli che hanno messo in luce la notevole estensione vocale nelle stagioni e nei teatri di tutto il mondo. Nel 2012/2013 è stata acclamata da pubblico e critica in Liù in Turandot a Pisa, Lucia di Lammermoor a Fermo, Violetta ne La traviata al Teatro Nazionale Mohammed V di Rabat, oltre al concerto diretto da Andrea Battistoni dedicato a Rigoletto, Il trovatore, La traviata al Festival Verdi di Parma e al recital diretto da Giampaolo Bisanti al Teatro Olimpico di Vicenza in cui ha interpretato magistralmente le donne verdiane con i brani più famosi, passando da Oberto Conte di San Bonifacio a Ernani, Il corsaro, Luisa Miller, Il trovatore, La traviata, Aida, La forza del destino, Don Carlo, I Vespri siciliani.  Al Festival Verdi di Parma ha eseguito anche i ruoli di Giselda ne I Lombardi alla prima crociata e Gulnara ne Il corsaro, edito in DVD da Unitel Classica, opera poi ripresa a Bilbao, riscuotendo in entrambe le occasioni un caloroso e personale trionfo. La sua particolarissima vocalità e tecnica agguerrita nel canto d’agilità e nello smorzare i suoni a fior di labbro con una capacità di legare fuori dal comune, le hanno garantito grandissimi successi nei ruoli più marcatamente belcantistici quali: Norma (Pisa, Cremona, Pavia, Como, Brescia, Trento, Zagabria, Lucerna, Ferrara, Charleroi), Lucia di Lammermoor (Cagliari, Trieste, Udine, Pordenone, Fermo, Wiesbaden, Berna, Missisauga, St. Gallen, Livorno, Pisa, Lucca, Ravenna), Semiramide (Livorno, Rovigo, Trento, Pisa, Festival Les Musicales du Luberon, Nizza, Bilbao); Fiorilla ne Il Turco in Italia (Pisa, Trieste, Vicenza, Amburgo, Catania); i quattro ruoli di Olympia, Giulietta, Antonia e Stella ne Les Contes d’Hoffmann (Circuito Lirico Lombardo). Grande carisma, esprime in palcoscenico tanto da essere una delle artiste più apprezzate da registi quali Henning Brockhaus, Hugo De Ana, Laurent Pelly, Daniele Abbado, Franco Zeffirelli, Jonathan Miller e il compianto Lamberto Puggelli. Unisce al repertorio operistico una grande attività concertistica ed è diretta da alcune delle più prestigiose bacchette internazionali quali Andrea Battistoni, Giampaolo Bisanti, Daniele Callegari, Antonino Fogliani, Gianluigi Gelmetti, Nicola Luisotti, Carlo Montanaro, Piergiorgio Morandi, Daniel Oren, Renato Palumbo, Donato Renzetti, José Miguel Perez-Sierra, Jonatan Webb. Si è diplomata al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia con il massimo dei voti e la lode per poi proseguire gli studi con Romano Gandolfi, Aldo Ceccato, Stella Silva, Mirella Parutto, Alida Ferrarini, Ida Adami Corradetti, Luciana Serra, Denia Mazzola, Sherman Lowe, Renata Scotto. Nel 2004 ha vinto il Concorso Lirico di Sanremo, aprendosi così ad una carriera internazionale.

Katarzyna Medlarska Mezzosoprano
Nasce nel 1983 a Nowy Sacz, (Polonia) dove all’età di 16 anni inizia lo studio del canto, che la porta a laurearsi prima alla Accademia di musica di Bydgoszcz, quindi all’ Istituto Superiore di Studi Musicali di Reggio Emilia con votazione di 110 e Lode. Ancora studente inizia la carriera artistica contando nel teatro dell’Opera di Bydgoszcz in Iolanta di Chaikovskiy (Brigida), Zauberflôte di Mozart (2°dama) Dido and Aeneas (Dido). In Italia prende parte a diverse serate di musica da camera, concerti (Reggio Emilia, Parma, Bellagio, Lovere, Orta, Novara, Como, Pergine Valsugnana) e all’estero a Francoforte, Monaco Montecarlo, Londra, Nowy Sacz (Polonia). Continua inoltre la carriera lirica cantando ne La Serva Padrona di Pergolesi nei Teatri di Parma, Reggio Emilia, Bellagio, Sorbolo, Rusalka all’Opera di Roma, Cavalleria Rusticana, al festival in Castello di Novara, Macbeth a Modena e Bolzano, Don Carlo ancora a Modena, The Rape of Lucretia al Teatro Nazionale di Spalato e al Teatro Verdi di Trieste, per arrivare alla scorsa estate in cui alla Salle Garnier di Montecarlo è soprano protagonista della Symphonie Interrompu e de La Chancon du Mal Aimé di Leo Ferré sotto la direzione di Gianluigi Gelmetti con registrazione discografica. Nel luglio scorso ha interpretato il ruolo di Berta ne Il barbiere di Siviglia di Rossini a Firenze nel nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, al Palais Princier di Montecarlo per un concerto con la direzione di Gianluigi Gelmetti. Debutta lo scorso dicembre in un ruolo principale di Isabella con l’opera Das Liebesverbot di Wagner al Teatro Verdi di Trieste.​

Giuseppe Distefano Tenore
Nato a Paternò (CT) Tenore della Scuola di Canto Lirico presso il Conservatorio Francesco Cilea di Reggio Calabria, si è diplomato con 10 e lode e menzione speciale sotto la guida del Soprano Serenella Fraschini. Viene premiato in numerosi concorsi di canto lirico: Nicola Martinucci International, Spoleto, AsLiCo, R.Leoncavallo, P.Pappano, A.Loforese, L.Illica e nel 2012 in occasione della 66ª edizione del concorso Giovani Cantanti Lirici di Spoleto vince il 1°premio in assoluto più premio speciale Cesare Valletti riservato al Tenore 1°classificato, e prepara il suo primo debutto interpretando Alfredo nella Traviata di Verdi. Dal 2012 ha debuttato i seguenti ruoli: Rinuccio in Gianni Schicchi, Arlecchino ne I Pagliacci, Ismaele nel Nabucco, Rodolfo ne La bohème, Cavaradossi in Tosca, Radames in Aida, Calaf in Turandot, Turiddu in Cavalleria Rusticana, Canio ne I Pagliacci, Riccardo in Un ballo in maschera, tenore solista nello Stabat Mater di Rossini. Ha cantato in importanti teatri e sale di prestigio come Il Teatro Sperimentale A. Belli di Spoleto, il Teatro Sociale di Como, Teatro Regio di Parma, Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Grande di Brescia, il Teatro Mancinelli di Perugia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Municipale di Piacenza, il Teatro Valli di Reggio Emilia, il Teatro antico di Taormina, Teatro Goldoni di Livorno, Teatro Donizetti di Bergamo, il Luglio Musicale Trapanese, Teatro Cilea di Reggio Calabria, Teatro Fraschini di Pavia, Aichi Prefectural Art Theatre di Nagoya, Osaka per il Festival Hall, Tokyo Bunka Kaikan, Festival Hermitage di San Pietroburgo, Centro Internazionale delle Arti di Pechino (NVPA), Opera di Tianjing, Opera di Suzhou, Herbst Theatre di San Francisco, Sala Lincoln Center di New York Alice Tully hall con la New York City Opera Orchestra diretta da Paul Nedler. Giuseppe Distefano ha partecipato in Cina al Gran Concerto Spettacolo di Capodanno andato in filodiffusione sulla rete nazionale CCTV del 2018 riscuotendo un successo personale di pubblico e critica. Nel 2018 dopo aver partecipato all’ Italian Opera Accademy debutta Macduff dal Macbeth di Verdi diretto da Riccardo Muti per poi replicarlo in diretta RAI in occasione del concerto Muti per l’Umbria. Ha collaborato importanti direttori: Antonio Pappano, Alessandro Palumbo, Carlo Palleschi, Daniele Squeo, Francesco Lanzillotta, Francesco Ivan Ciampa, Hirofumi Yoshida, Marcello Mottadelli, Marco Angius, Paul Nedler, Pietro Rizzo, Pietro Mianiti, Sergio Alapont, Valerio Galli. Ha collaborato i seguenti registi: Alice Rohrwacher, Andrea Cigni, Alessio Pizzech, Nicola Berloffa, Paolo Rossi, Renato Bonajuto, Silvia Paoli. Ha collaborato con i pianisti: Enza Ferrari, Fugen Wei, Ivan Manzella, Leonardo Marzagaglia, Milo Longo, Katherine Chu. Ha frequentato masterclass con: Barbara Frittoli, Enza Ferrari, Giovanna Casolla, Hao Jiang Tiang, Ranato Bruson, Nicola Martinucci, Rolando Panerai.

Alessandro Fantoni Tenore
Nato a Genova, si è perfezionato con il baritono Roberto Sèrvile e all’Accademia IOS dell’Opernhaus di Zurigo, dove ha lavorato sotto la bacchetta di rinomati direttori d’orchestra: Nello Santi, Fabio Luisi e Marco Armiliato. Recentemente ha partecipato al Festival Pucciniano di Torre del Lago, nel ruolo di Rinuccio nel Gianni Schicchi e nel ruolo di Ruggero ne La Rondine. Ha interpretato il ruolo di Alfredo nella Traviata di Verdi per Banska Bystrica, in Slovacchia e per il circuito AsLiCo, per il quale ha vestito anche i panni di Don Josè nella Carmen di Bizet. A dicembre scorso ha brillato nel ruolo di Nino nella nuova opera di Gianni Bella La capinera, prima assoluta al Teatro Massimo Bellini di Catania. Ha debuttato il ruolo di Prunier ne La rondine al Carlo Felice di Genova, Ismaele all’ Arena di Verona e l’Incredibile nell’Andrea Chenier al Teatro San Carlo di Napoli, sotto la direzione di Nello Santi. Billy Budd (Novice) e L’amico Fritz (Federico) in forma di concerto al Teatro Carlo Felice di Genova diretto da Andrea Battistoni, la Messa da Gloria di Puccini nella Cattedrale di Thun in Svizzera, lo Stabat Mater di Rossini presso la Cattedrale di Livorno, Roberto Devereaux e Salome diretti da Fabio Luisi al Teatro Carlo Felice di Genova Tra gli altri ruoli ha debuttato Arlecchino in Pagliacci a Pavia, Arvino ne I Lombardi alla prima crociata al Teatro Comunale di Piacenza. Ha cantato inoltre in Oz on the road di Coli al Teatro Carlo Felice di Genova e in Manon Lescaut (Edmondo) ad Ascoli Piceno e in altri teatri delle Marche. In concerto si è esibito a Tokio ne la Nona Sinfonia di Beethoven diretto da M. Natsuda e a Marsiglia ne la Petite Messe Solennelle di Rossini. Con la Fondazione Pavarotti è intervenuto inoltre in diversi concerti a Modena, Zurigo e Basilea. Ha lavorato con l’Accademia Chigiana, con la Società Arturo Toscanini di Parma e con il Cantiere Lirico del Teatro Goldoni di Livorno. Tra i concorsi vinti, da segnalare: “Ruggero Leoncavallo” (terzo premio, 2010), “Toti dal Monte” (premio speciale per lo studio di Pinkerton in Madama Butterfly, 2011), “Una voce per l’Arena” (2014).

Alberto Comes Basso-baritono
Nato a Monopoli nel 1992, si è diplomato con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari, sotto la guida del soprano Maria Grazia Pani. Ha vinto Concorsi Lirici Internazionali tra cui: il Città di Pesaro, Lams di Matera e il Valerio Gentile ed è arrivato tra i finalisti al Concorso Internazionale AsLiCo 2019. Tra i debutti: Don Pasquale nel Don Pasquale; Dulcamara in L’Elisir D’amore; Simone in Gianni Schicchi e Seneca ne L’Incoronazione di Poppea per la direzione di Sabino. Manzo e la regia di Maria Grazia Pani. Presso il Teatro Petruzzelli debutta nel ruolo di Ernesto ne La Gazza Ladra, L’oste in Manon Lescaut e Mago/Sultano in Aladino e la sua Lampada, Fouquier Tinville in Andrea Chénier, Il Re di Bordonia ne Il gatto con gli stivali, Il Conte di Ceprano in Rigoletto, Orbazzano in Tancredi. Nel 2019 ha frequentato L’Accademia del Belcanto Rodolfo Celletti di Martina Franca.

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