Melodramma in tre atti. Musica di Giuseppe Verdi. Libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo.
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851
Rigoletto Angelo Veccia, Francesco Landolfi
Gilda Lucrezia Drei, Claudia Pavone
Il Duca di Mantova Matteo Falcier, Marco Ciaponi
Sparafucile Alessio Cacciamani
Maddalena Katarina Giotas
Giovanna Nadiya Petrenko
Il Conte di Monterone Matteo Mollica
Matteo Borsa Giuseppe Distefano
Marullo Guido Dazzini
Il Conte di Ceprano Giuseppe Zema
La Contessa di Ceprano Anna Bessi
Paggio Maria Luisa Bertoli
Usciere Giacomo Archetti
Direttore
Pietro Rizzo
Regia
Elena Barbalich
Scene e costumi Tommaso Lagattolla
Light designer Fiammetta Baldiserri
Movimenti coreografici Danilo Rubeca
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coproduzione Teatri di OperaLombardia e Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi
Atto I
La storia è ambientata a Mantova nel secolo XVI. Durante una festa a palazzo ducale, il duca corteggia la contessa di Ceprano, ma è attratto anche da una fanciulla che ogni domenica si reca, in incognito, in chiesa. D’altronde, le donne sono per lui tutte da conquistare indistintamente, purché avvenenti. Il gobbo Rigoletto, buffone di corte, provoca il conte di Ceprano, e i cortigiani meditano di punire la sua insolenza. Il conte di Monterone, cui il duca ha sedotto la figlia, maledice Rigoletto per averlo dileggiato. Intanto, nei pressi della sua casa, Rigoletto viene avvicinato di notte da un sicario, Sparafucile, pronto ad offrirgli i suoi servigi in caso di necessità. Solo, Rigoletto confronta la sua lingua beffarda con la spada di Sparafucile, ma la maledizione di Monterone l’ha turbato, perché teme per l’incolumità di sua figlia Gilda. Nel tenero incontro tra padre e figlia, la giovane vorrebbe sapere chi è stata sua madre. Una donna simile ad un angelo, morta prematuramente – risponde addolorato Rigoletto. Alla domestica Giovanna, Rigoletto raccomanda di vegliare su Gilda, ma allontanatosi Rigoletto, lascia entrare in casa il duca, che si presenta a Gilda sotto il falso nome di Gualtier Maldé, un povero studente, di cui la fanciulla, pur senza sapere chi sia, si è innamorata. I cortigiani intendono rapire Gilda da loro ritenuta l’amante segreta di Rigoletto, che tuttavia rientrando a casa li sorprende. Nel buio, Borsa fa credere a Rigoletto che voglia insieme ai suoi compagni rapire la contessa di Ceprano. Rigoletto viene bendato perché tutti sono mascherati, ma i cortigiani rapiscono Gilda. Rigoletto, rimasto solo e resosi conto della beffa, si ricorda della maledizione di Monterone e si dispera.
Atto II
In una sala del palazzo ducale. Il duca, turbato per non aver più ritrovato Gilda nella casa di Rigoletto, medita di vendicarsi e pensa alle pene e allo spavento di Gilda. Entrano i cortigiani che gli annunciano di aver rapito l’amante di Rigoletto e di averla condotta a palazzo: il duca corre esultante a raggiungere Gilda. Giunge Rigoletto che inveisce contro i cortigiani, ma poi invoca la loro pietà. Gilda lo raggiunge per raccontargli del suo incontro con il duca e di come sia stata da lui tradita ed oltraggiata. Rigoletto cerca di confortarla ma decide di vendicare l’oltraggio suo e di Monterone, mentre Gilda, nonostante tutto, invoca pietà per il duca.
Atto III
In riva al Mincio, di notte, nella locanda di Sparafucile. Maddalena, sorella del sicario, ha attirato qui il duca che la corteggia. Arrivano anche Rigoletto e Gilda, quest’ultima in abiti maschili, per constatare come il duca le sia infedele. Travestito da ufficiale di cavalleria, il duca canta un’aria sulla volubilità delle donne. Maddalena si beffa del suo corteggiatore, mentre Gilda ricorda con amarezza le false lusinghe del duca e Rigoletto la esorta a dimenticare. Gilda si allontana e Rigoletto anticipa a Sparafucile dieci scudi per uccidere il corteggiatore di Maddalena. Scoppia un uragano in lontananza: Maddalena, innamorata del duca, implora Sparafucile di risparmiare il giovane che nelfrattempo riposa nel granaio. Sparafucile decide di uccidere il primo viandante che chiederà ospitalità nella locanda, consegnando poi il corpo chiuso in un sacco a Rigoletto. Ma il primo viandante è proprio Gilda che, spinta dall’amore per il duca, è tornata alla locanda ed ascolta non vista il dialogo tra Sparafucile e Maddalena. Decisa a sacrificarsi, viene pugnalata da Sparafucile, che consegna a Rigoletto il sacco. Mentre il duca si allontana beffardo, Rigoletto scopre sconvolto la vera identità del cadavere. Gilda è ancora viva, agonizzante, ma presto muore tra le braccia paterne, dopo aver chiesto perdono per sé e il suo seduttore.
di Pietro Rizzo
L’11 marzo del 1851 è certamente una data da ricordare nella storia del melodramma italiano. Infatti, il pubblico della ‘prima’ del Rigoletto, al Teatro della Fenice a Venezia, assistette ad un’opera ‘rivoluzionaria’, con la quale Verdi impresse un’accelerazione, ancora maggiore che nelle sue opere precedenti, alla riforma dell’opera romantica italiana che raggiungerà il suo culmine con Otello e Falstaff, le due ultime opere del Maestro. Nonostante anche nella musica si trovino degli elementi innovativi, le novità nel Rigoletto riguardano maggiormente la costruzione drammaturgica. Malgrado la struttura di scene, arie e cabalette rientri negli schemi tipici dell’opera ottocentesca, con la raccomandazione al librettista Piave di attenersi il più fedelmente possibile ai versi de Le Roi s’amuse di Hugo, e soprattutto con la richiesta di compattezza nello svolgimento della trama (i versi di Piave sono 707 contro i 1681 di Hugo), Verdi riesce ad imprimere una forte tensione drammatica alla sua opera, addirittura rinunciando ad alcuni schemi tipici dell’opera ottocentesca: in tal senso, l’unico vero concertato è quello che porta a termine la prima scena del primo atto, mentre invece i finali di tutti e tre gli atti vedono protagonisti solamente Rigoletto (finale primo e terzo) o Rigoletto e Gilda (finale secondo atto).
Se si fa un confronto con le precedenti grandi opere di Verdi (soprattutto Nabucco, Macbeth, I Lombardi alla prima crociata, Ernani), la differenza è notevole. Il compositore riesce a dare continuità musicale allo svolgimento dell’opera nonostante i cosiddetti ‘numeri chiusi’ (arie, duetti, terzetti, ecc.), in modo che i diversi numeri che si susseguono siano sempre legati da una continuità armonica (dove finisce un numero, ne inizia un altro nella stessa tonalità, o comunque in una tonalità vicina). Dal punto di vista non solo musicale, ma anche teatrale, Verdi ha posto grande attenzione alla composizione delle ‘scene’, ovvero le parti recitative che introducono le parti strettamente musicali (duetti, arie, il quartetto del terzo atto). Ne è un grande esempio il recitativo (Pari siamo) nel quale Rigoletto, dopo aver incontrato Sparafucile, si avvia verso la sua casa. Qui Verdi, con pochi mezzi, attraverso un recitativo accompagnato soprattutto dagli archi, crea una scena di profonda introspezione psicologica nel personaggio di Rigoletto, in cui si percepiscono la rabbia e la cattiveria, ma anche la sua preoccupazione e amore per sua figlia. Lo stesso duetto precedente tra Sparafucile e Rigoletto è pensato timbricamente per creare un’atmosfera notturna, cupa e misteriosa (già sperimentato con successo nel duetto del primo atto di Macbeth tra il protagonista e la Lady).
La genialità musicale di Verdi sta nel creare delle melodie non solo di grande immediatezza, ma anche di notevole coerenza con il carattere dei vari personaggi. Forse non a tutti è noto che Verdi presentò La donna è mobile al tenore solo alla prova generale, nel timore che l’aria sarebbe ‘uscita’ dal teatro prima della prima. In effetti quest’aria è di grande semplicità, ma apparente: Verdi compone una melodia che calzi perfettamente con dei versi palesemente volgari, una musica che metta in mostra la superficialità e la ‘sbruffoneria’ del Duca di Mantova. Lo stesso dicasi per la ballata del primo atto (Questa o quella). Le uniche parti puramente espressive del Duca sono nel duetto con Gilda, nel quartetto (Bella figlia), ovvero quando il Duca si ‘trasforma’ in galante, ma soprattutto nella sua aria che apre il secondo atto (Parmi veder le lagrime), dove lo stesso Duca si crede vicino all’innamoramento («Colei che prima poté in questo core destar la fiamma di costanti affetti»).
Verdi presenta da subito la ‘tinta’ dell’opera, iniziando il preludio con l’incipit affidato ad una tromba e ad un trombone, che verrà riecheggiato da Rigoletto durante il primo atto (Quel vecchio maledivami!). Il preludio si sviluppa poi su colori scuri e una tessitura che esprimono la sofferenza di Rigoletto. Il primo atto si apre con un’atmosfera completamente diversa: una festa al palazzo ducale, dove suona anche una banda da dietro il palcoscenico. In questa scena Verdi, con la sua solita compattezza, riesce a presentarci tutti i personaggi che ruotano attorno alla corte del Duca. Segue il meraviglioso duetto già citato tra Rigoletto e Sparafucile, dove i due personaggi si trovano a dialogare non con un canto ‘spianato’, ma con un declamato, dove la parte melodica è affidata ad un violoncello e contrabbasso solo, accompagnati dagli strumenti ‘scuri’ dell’orchestra (clarinetti, fagotti, viole, violoncelli, contrabbassi e grancassa), in modo da creare un’atmosfera di cupezza e mistero. Segue il recitativo già menzionato che funge anche da introduzione al seguente duetto tra Rigoletto e Gilda. È da notare in tal senso come Verdi abbia modellato la sua opera come un susseguirsi di scene e duetti, dove invece le arie sono in netta minoranza. Il duetto tra Rigoletto e Gilda ed il seguente tra il Duca e Gilda invece sono caratterizzati da una struttura che guarda ancora al belcanto, con la classica forma che si conclude con una cabaletta, nonostante la conclusione del duetto Rigoletto-Gilda non presenti virtuosismi o comunque una drammaturgia brillante che normalmente caratterizzano le cabalette. Anche la seguente aria di Gilda (Caro nome) è in effetti un vero e proprio momento di belcanto, con le sue cadenze ed ornamentazioni. A concludere l’atto segue la scena del rapimento, anche questa composta come un susseguirsi di scene più agite che cantate.
Il secondo atto si apre con la scena ed aria del Duca di Mantova, l’unica sua vera e propria, dove il dubbio di essersi veramente innamorato di Gilda è espresso con una musica dolce ed espressiva. Anche qui, con l’entrata del coro, troviamo un tempo di mezzo che separa l’aria vera e propria dalla cabaletta brillante che chiude la scena. Rigoletto entra e nella lunga scena con i cortigiani si alternano momenti di declamato e di puro cantato, che raggiungono l’apice della tensione con lo sfogo rabbioso di Rigoletto (Cortigiani, vil razza dannata), seguito dal «Miei signori, perdono, pietate», composto come un duetto tra la voce del baritono ed il corno inglese, accompagnati da un violoncello obbligato. La musica più commovente del secondo atto è sicuramente il duetto che segue tra Rigoletto e Gilda (Piangi), concludendosi con la cabaletta (Sì, vendetta) che termina così il secondo atto.
Attraverso un’introduzione di solo otto battute, affidata agli archi, Verdi crea nuovamente l’atmosfera adatta ad aprire il terzo atto, che si svolge nella notte, fuori dalla città, presso al fiume Mincio. Il quartetto è uno dei capolavori di tutto il repertorio verdiano in assoluto. Qui il compositore riesce a presentarci quattro personaggi che, pur cantando contemporaneamente, riescono a esprimere ciascuno una drammaturgia diversa: la severità di Rigoletto ed il pianto di Gilda, contrapposti al Duca che corteggia Maddalena mentre questa lo irride. Nella scena della tempesta Verdi presenta grande fantasia nell’orchestrazione, con mirabile effetto: il vento affidato al coro dietro le scene, i tuoni e i fulmini affidati rispettivamente agli archi e al flauto ed ottavino, e finalmente l’esplosione della tempesta a tutta orchestra. L’ultima scena è introdotta nuovamente da un recitativo di grande effetto drammatico, seguito dal duetto finale tra Rigoletto e Gilda. L’opera si conclude esattamente come alla fine del primo atto, con Rigoletto solo sulla scena a gridare la maledizione che l’ha colpito. Verdi rinuncia al finale originale di Victor Hugo, dove un dottore entra in scena per appurare la morte per emorragia di Gilda, il tutto alla presenza del popolo nel frattempo accorso ad assistere all’accaduto. Il compositore capisce quale maggior effetto possa avere la conclusione dell’opera con Rigoletto da solo sulla scena, costretto a piangere la morte dell’amata figlia e a compiangere il proprio destino maledetto, nel buio della notte, sulle rive del Mincio, fuori dalle mura cittadine. Un grande coup de théâtre.
di Elena Barbalich
Nella nostra visione di Rigoletto abbiamo cercato una sintesi spaziale, che fosse la più adatta ad esprimere la nostra concezione: per questo abbiamo pensato di adottare il prototipo della Wunderkammer (‘camera delle meraviglie’) cinquecentesca. In questo tipo di scelta abbiamo visto la possibilità di concentrare la nostra idea dell’opera e di poter allo stesso tempo articolare lo spazio nelle diverse funzioni che la drammaturgia richiede. La Wunderkammer costituisce inoltre un ponte tra le diverse epoche che interessano la creazione e l’ambientazione dell’opera e la sua messa in scena nell’epoca attuale: il Cinquecento (epoca in cui si diffonde la camera delle meraviglie), l’Ottocento (in cui il fenomeno del collezionismo continua nei salotti borghesi) e la contemporaneità, in cui la produzione di mirabilia interessa molti artisti quali Hirst, Fabre, Dinos e Jake Chapman. Nella nostra concezione, la Wunderkammer incontra la serialità industriale attraverso la moltiplicazione dell’oggetto mediante un gioco di specchi. La ripetizione ottica esprime il desiderio di creare un percorso fisico sempre uguale che garantisca l’incorruttibilità di un destino artificialmente prescritto.
Nella nostra lettura abbiamo individuato due tipi di collezionismo che si contraddicono. Il primo, quello del Duca, è rappresentato da una raccolta di giovani donne, con cui la corte intrattiene un rapporto di voyeurismo e consumo spersonalizzato. Nel corso dell’opera tutte le figure femminili, comprese Gilda, Maddalena e la Contessa di Ceprano, appaiono allo spettatore come oggetti inanimati. Questa visione è in linea con la stessa denuncia espressa da Triboulet nel lungo monologo del terzo atto di Le roi s’amuse di Victor Hugo, da cui Piave e Verdi trassero il libretto («Per loro, ve lo dico io, cos’è una donna? Meno di niente! […] Una donna dev’essere un terreno che dà utili ingenti, una fattoria concessa in affitto dal sovrano che, ad ogni decorrenza, paga degli interessi salati. Una donna significa un’infinità di favori inauditi […] come un governatorato, una nomina regia o, meglio ancora, dei benefici continui, incessanti, destinati ad aumentare!»). Nella dimensione domestica di Rigoletto si cristallizza invece un universo incontaminato, rappresentato da alberi racchiusi in teche, protetti dal mondo esterno proprio come Gilda lo è dal padre. In realtà la casa di Rigoletto è uno spazio illusorio, un luogo inconsistente dominato dalla presenza incombente del Duca e della sua corte. La suggestione dell’albero proviene da una metafora quasi ossessiva presente nel testo di Hugo, dove parole attinenti al mondo vegetale quali «pianta», «fiore», «foglie», «rami secchi» ricorrono costantemente associate a Bianca, che diventa il personaggio di Gilda nell’opera («Io, una povera fanciulla che viveva nascosta in mezzo i fiori» afferma Bianca di sé, mentre Triboulet dopo la seduzione del Re le dice «Ha brutalmente strappato le foglie della tua corona»).
Quando questi due mondi apparentemente separati si incontrano, avviene la tragedia. Non a caso il Duca è qualificato dall’area tonale di sol bemolle, mentre il tema dell’amore paterno dal mi bemolle. Secondo Marcello Conati l’area tonale di re si pone tra queste per contraddistinguere l’atto criminoso. La tragedia travolge la sfera di Rigoletto, per riconfermare il potere assoluto del Duca, che si estende incorrotto fino all’ultima immagine dell’opera. L’incidente si crea quando la maledizione, come in Edipo l’emergere della memoria, opera in Rigoletto una consapevolezza improvvisa sulla realtà. La maledizione non è altro che l’enunciato di un destino prescritto: destino rifiutato dal protagonista, il quale forza gli eventi in una direzione, che alla fine si rivelerà la beffarda realizzazione del suo percorso tragico, con la rappresentazione di uno sprofondamento dell’universo idilliaco che cercava spasmodicamente di preservare. Parallelamente allo svolgersi drammaturgico degli eventi, lo spazio indicherà un parallelo percorso simbolico, ad accompagnare il decorso psicologico del protagonista, che si troverà beffardamente imprigionato in una dimensione senza via di uscita.
PIETRO RIZZO Direttore
Nato a Roma, ha iniziato gli studi musicali diplomandosi dapprima in violino al Conservatorio S. Cecilia di Roma, per poi trasferirsi all’estero, per il perfezionamento e per gli studi di direzione d’orchestra, ottenendo il master in violino alla Southern Methodist University di Dallas (USA) e il master in direzione d’orchestra alla Sibelius Academy di Helsinki (Finlandia). Ha iniziato nel 2000 la carriera di direttore d’orchestra, che lo ha portato a dirigere alcuni dei teatri più importanti, tra i quali il Metropolitan di New York, il New National Theatre di Tokyo, la Deutsche Oper si Berlino, la Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera, la Staatsoper di Amburgo, il Teatro Comunale di Firenze, il Rossini Opera Festival. Dal 2003 al 2007 è stato primo Kapellmeister all’Aalto Theater di Essen, dove dirigeva più di settanta recite a stagione, con un repertorio di più di trenta opere. Dal 2006 al 2009 ha ricoperto la carica di direttore principale all’opera di Göteborg (Svezia), dirigendo produzioni di opera e concerti sinfonici. Dal 2010 al 2014 è stato direttore artistico dell’Orchestra Giovanile della Sinfonica della Galizia a La Coruña (Spagna). Recentemente ha debuttato alla Semperoper di Dresden, Sydney Opera, Teatro dell’Opera di Roma e Teatro Lirico di Cagliari. In questa stagione dirige Rigoletto al Teatro dell’Opera di Helsinki, Il pirata a San Gallo, Lucia di Lammermoor alla Semperoper di Dresden, Tosca a Stoccolma, Norma all’ABAO di Bilbao, La traviata e La bohème al Teatro dell’Opera di Roma.
ELENA BARBALICH Regista
Esordisce nella regia con La serva padrona, rappresentata a Milano al Castello Sforzesco. Realizza numerose regie nel campo del repertorio dell’opera contemporanea quali Phonophonie di Mauricio Kagel (prima rappresentazione italiana) e Die Rätsel von Mozart (prima rappresentazione assoluta), andate in scena nel 1999 per la Fondazione Malipiero in collaborazione con il Teatro La Fenice. A Parigi, alla Cité des Arts, nel 2000, rappresenta Récitations di Georges Aperghis e riprende Phonophonie di Kagel. Per La Fenice, nel 2001, mette in scena Per voce preparata, inaugurando la riapertura del Teatro Malibran. Al Festival di Opera Barga cura la regia de Il tribuno di Kagel, ripreso al Festival di Tourcoing con Die Rätsel von Mozart. Nel 2005, per il San Carlo di Napoli, realizza la prima rappresentazione assoluta dell’opera Garibaldi in Sicilia di Marcello Panni con la partecipazione di Luigi Ontani. Nel campo del repertorio classico nel 2003 e nel 2004 crea la regia di Cavalleria rusticana e Pagliacci e di Tosca al Teatro Verdi di Salerno e al Politeama di Catanzaro. Nel 2006 inaugura la stagione di Salerno con il Macbeth, ripreso nel 2007 e 2015 al Teatro São Carlos di Lisbona, al Festival de La Coruña, al Teatro Calderón di Valladolid e al Teatro Principal di Palma di Maiorca. Nel 2007 e 2009, per il Petruzzelli di Bari, cura la riedizione di Tosca. Al Teatro Verdi di Sassari, realizza la regia di Les mamelles de Tirésias e de La damoiselle élue. Al Teatro Petruzzelli, nel 2010, La traviata. Nel 2011 cura la regia de Il cappello di paglia di Firenze per i teatri di OperaLombardia, l’Opera Giocosa di Savona e il Sociale di Rovigo; lo spettacolo è replicato nel 2014 al Teatro Petruzzelli di Bari e prossimamente al Teatro San Carlo di Napoli. Nel 2012 inaugura la stagione de Teatro Grande di Brescia con la ripresa di Tosca. Recentemente ha curato la regia de Le nozze di Figaro al Teatro Regio di Torino e di Juditha triumphans di Vivaldi al Teatro La Fenice di Venezia. Prossimamente riprenderà Le nozze di Figaro al Teatro Regio di Torino e curerà la regia della prima rappresentazione assoluta in tempi moderni del Siroe di Leonardo Vinci per il Teatro San Carlo di Napoli. Per il compositore veneziano Paolo Furlani scrive i libretti delle opere Otòno Shirábe e Singin’ in the Brain, quest’ultima eseguita in forma di suite alla Biennale Musica di Venezia. È docente di regia all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
DANILO RUBECA Coreografo e assistente alla regia
Nativo di Cosenza, consegue il diploma in danza classica nel 1993, mentre nel 1999 ottiene il diploma di danzatore contemporaneo sotto la guida di Roberto Castello. Dal 1998 al 2011 ha collaborato come mimo e danzatore con diversi teatri e festival italiani (Scala di Milano, Maggio Musicale Fiorentino, Regio di Torino, ROF, Opera di Roma, Fenice di Venezia), con registi quali Zhang Yimou, Keita Asari, Ermanno Olmi, Luca Ronconi, Stefano Poda, Robert Carsen, Robert Lepage, Graham Vick, Liliana Cavani. Ha fatto parte di diverse compagnie di teatro-danza, fra cui l’Aldes di Roberto Castello e l’ensemble di Micha Van Hoecke, con cui ha collaborato dal 2001 al 2006. Dal 2006 è aiuto regista e coreografo di Elena Barbalich: Macbeth (Salerno 2006, Lisbona 2007 e 2015, La Coruña 2009, Valladolid 2010, Palma de Mallorca 2017), Les mamelles de Tirésias/La damoiselle élue (Sassari 2007), Tosca (Bari 2009, OperaLombardia 2012), Il cappello di paglia di Firenze (OperaLombardia 2011, Bari 2014), Le nozze di Figaro (Torino 2015), Juditha triumphans (Venezia 2015). Ha collaborato con Arnaud Bernard per la ripresa de L’elisir d’amore (Trento 2013) e per le coreografie de La traviata (Korean National Opera 2014). Nel 2016 è aiuto regista di Alice Rohrwacher (La traviata, Reggio Emilia). Nel 2014 debutta come regista ne Il barbiere di Siviglia per il progetto AsLiCo Pocket Opera, produzione da lui riadattata e ridotta per Opera domani 2017 e per il Teatro Liceu di Barcellona. A luglio 2017 cura le coreografie di Zazà di Leoncavallo per Opera Holland Park di Londra con la regia di Marie Lambert.
TOMMASO LAGATTOLLA Scenografo e costumista
Diplomato in violino al Conservatorio di Bari e in scenografia all’Accademia di Belle Arti, svolge da molti anni l’attività di scenografo e costumista presso alcuni fra i più importanti teatri d’Italia e d’Europa. Ha collaborato come assistente ai costumi con Pasquale Grossi per il Don Pasquale al Teatro La Fenice di Venezia (2002) e per La bohème al San Carlo (2004); come scenografo e/o costumista, ha lavorato, tra molti altri, ai seguenti spettacoli: Il trovatore (Opera di Roma, 2004); Macbeth (Ópera de La Coruña, 2008; Teatro Calderón, Valladolid, 2010; São Carlos, Lisbona, 2015; Teatre Principal, Palma de Mallorca, 2017); La traviata (Accademia Chigiana, 2010; Coliseu do Porto, 2013); Le nozze di Figaro (Carlo Felice di Genova, 2014; Regio di Torino, 2015); Madama Butterfly (Maggio Musicale Fiorentino, 2015-2017); Juditha triumphans (La Fenice di Venezia, 2015). Per il Teatro Petruzzelli di Bari ha realizzato le scene e i costumi in molti spettacoli: Idomeneo (2002), I Capuleti e i Montecchi (2002), Don Giovanni (2003), Tosca (2007, 2009), La bohème (2008, 2010), L’elisir d’amore (2009), Il cappello di paglia di Firenze (2014; per quest’ultimo, ha ottenuto il GbOscar Eccellenza dell’Opera 2015 per le scene e per i costumi). Dal 2006 al 2015 ha curato la direzione degli allestimenti scenici per lo stesso teatro. A questo impegno unisce un’attività pubblicistica come studioso di storia del costume, pubblicando, tra l’altro, per l’Istituto Poligrafico dello Stato. Insegna Costume per lo spettacolo presso l’Accademia di Belle Arti di Bari ed è allestitore museale per la galleria del costume di Palazzo Pitti (Firenze).
FIAMMETTA BALDISERRI Light designer
Si laurea a Bologna in Geofisica. Frequenta un corso per illuminotecnici al Teatro Regio di Parma. Partecipa come tecnico e operatore alla consolle al Rossini Opera Festival di Pesaro e al Festival dei Due Mondi a Spoleto. Svolge attività come assistente luci a diversi light designer: Sergio Rossi con Pier Luigi Pizzi, Guido Levi con Luca Ronconi, Valerio Tiberi in The Mission al National Theater of Seul, Giuseppe di Iorio in Guillaume Tell con la regia di Graham Vick. Inizia l’attività di light designer ne La traviata per la regia di Franco Zeffirelli al Teatro di Busseto e al Bol’šoj di Mosca. Con Stefano Simone Pintor illumina Il flauto magico. Sconfiggere mostri progetto AsLiCo Opera domani a Como e alla Royal Opera House di Muscat (Oman). Con Jacopo Spirei Così fan tutte e La clemenza di Tito al Theater Akzent di Vienna. Con Andrea Cigni L’Orfeo e Paride ed Elena all’Opera Royal Wallonie (Liegi), The Medium, Gianni Schicchi, Ernani, Nabucco e La traviata al Teatro Fraschini di Pavia, La cambiale di matrimonio e L’occasione fa il ladro al Teatro Regio di Parma, Fedra e La straniera al Teatro Bellini di Catania, Tosca al Minnesota Opera House. Al Maggio Musicale Fiorentino Madama Butterfly per la regia di Fabio Ceresa. Il barbiere di Siviglia per la regia di Damiano Michieletto. Con Pier Francesco Maestrini Nabucco al Teatro Alighieri di Ravenna, Les pêcheurs de perles al Teatro di Bilbao, Otello per il Teatro San Carlo di Napoli con Mauro Carosi, Manon Lescaut al Teatro Bellini di Catania. Per il Ravenna Festival Don Pasquale diretto da Riccardo Muti al Teatro Stanislavskij di Mosca. Con Lamberto Puggelli Rigoletto al Teatro Municipale di Piacenza. Con Nicola Berloffa Le nozze di Figaro progetto AsLiCo Pocket opera. Con Carmelo Rifici I puritani al Teatro Ponchielli di Cremona. Cura l’illuminazione dei musei di San Domenico a Forlì. Insegna illuminotecnica teatrale all’Accademia di Belle Arti di Bologna. In questa attuale stagione, ha firmato le luci dell’opera in prima esecuzione assoluta Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse di Roberto Vetrano (regia di Stefano Simone Pintor).
MASSIMO FIOCCHI MALASPINA Maestro del coro
Nato a Novara, ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano, dove si è diplomato in musica corale e direzione di coro, in composizione e in pianoforte. Si è diplomato inoltre in direzione d’orchestra all’Accademia musicale di Pescara e presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma. In qualità di pianista e di direttore si è esibito in diversi teatri italiani ed esteri (Svizzera, Germania, Dubai, Cina, Giappone) e per la RAI. Suona in duo con il baritono Niccolò Scaccabarozzi, con il quale ha ottenuto riconoscimenti in alcuni concorsi internazionali di musica da camera. È maestro di cappella presso la basilica di San Marco di Milano, direttore di diversi cori polifonici e di voci bianche, tra i quali le Voci del Mesma e i Piccoli cantori di San Marco, e docente presso la Scuola del Teatro Musicale della Compagnia della Rancia. Collabora in con il Teatro Regio di Parma in qualità Altro maestro del coro e Direttore musicale di palcoscenico. Si occupa degli arrangiamenti corali per il programma televisivo Fratelli di Crozza ed è stato il professore di canto corale nel docu-reality Il Collegio 2 in onda su RAI2. È laureato in Filosofia con una tesi in estetica.
ANGELO VECCIA Baritono
Nato a Roma, ha studiato all’Accademia di Santa Cecilia e, dopo aver vinto il Concorso ‘M. Battistini’ nel 1983 e nel 1984, nella prestigiosa Julliard School di New York. Dopo il suo debutto in Italia come Colline (La bohème) e alcuni ruoli come basso negli Stati Uniti, ha cominciato come baritono nel 1988 cantando Silvio (Pagliacci). Da allora ha intrapreso una carriera che l’ha portato a salire sui palchi di molti teatri e sale da concerto (tra i quali Teatro alla Scala di Milano, Arena di Verona e Concertgebouw di Amsterdam) sotto la bacchetta di importanti direttori (come Riccardo Muti, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Daniel Oren e Zubin Mehta). Tra i ruoli più distintivi si ricordano: Figaro (Il barbiere di Siviglia), Macbeth (Macbeth), Germont (La traviata), Marcello (La bohème), Scarpia (Tosca). Recentemente ha interpretato Scarpia a Genova, Amonasro (Aida) ad Atene ed è stato chiamato da Riccardo Chailly come cover di Sharpless (La bohème) per la prima della Scala, stagione 2016/17. Tra i futuri impegni: Scarpia al Teatro Verdi di Trieste, Festival Pucciniano di Torre del Lago e Teatro Regio di Parma.
FRANCESCO LANDOLFI Baritono
Nato a Caserta, ha interpretato i principali ruoli verdiani e pucciniani, confermandosi uno fra i più interessanti interpreti Italiani della sua generazione. È apparso in teatri quali: Maggio Fiorentino, Opera di Roma, Regio di Parma, Deutsche Oper di Berlino, Opera di Francoforte, Stoccarda e Lipsia, Bahrain National Theatre, Staatsoper di Monaco, National Theatre di Praga, Epidaurus di Atene, Teatro Aurora di Malta, Stadttheater di Klagenfurt, Art Music Center di Seoul, ROH di Muscat, Teatro Lirico di Cagliari, Como, Brescia, Pavia, Savona, Ravenna, Piacenza, Lucca, Cosenza. Ha collaborato con direttori del calibro di Riccardo Muti, Renato Palumbo, Bruno Bartoletti, Omer Meir Wellber, Giampaolo Bisanti, Giacomo Sagripanti, Nicola Paszkowski, Roberto Rizzi Brignoli e Colin Attard. Ha inaugurato la stagione 2015/16 interpretando Rigoletto e Nabucco presso l’Opernhaus di Lipsia. In seguito ha interpretato Scarpia (Tosca) al Teatro Rendano di Cosenza. Fra i recenti impegni, Rigoletto (Rigoletto) all’Opera di Stoccarda e Aida (Amonasro) alla Deutsche Oper di Berlino. Nella stagione 2014/15 ha interpretato Nabucco (ruolo eponimo) al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e all’Opera di Lipsia, Manon Lescaut (Lescaut) e Rigoletto (ruolo eponimo) al Teatro dell’Opera di Roma, Tosca (Scarpia) al Teatro Aurora di Gozo, Aida (Amonasro) alla Staatsoper di Monaco e al Taormina Festival, Falstaff (Ford) al Teatro dell’Opera Giocosa di Savona. È vincitore di numerosi concorsi, fra i quali il ‘Toti Dal Monte’, il ‘Mattia Battistini’, il ‘Ruggero Leoncavallo’, il ‘Mario Lanza’, il ‘Maria Caniglia’, il ‘Giacomo Lauri Volpi’. Tra i prossimi impegni: La traviata a Treviso, Rovigo, Ferrara e Tosca al Regio di Parma.
CLAUDIA PAVONE Soprano
Si è diplomata al Conservatorio di Castelfranco Veneto ed in seguito ha vinto numerosi concorsi lirici, come il ‘G. Prandelli’ di Brescia (2013) e il ‘F. Tagliavini’ di Graz. Ha già avuto modo di collaborare con direttori del calibro di Myung-whun Chung, Diego Matheuz e con Riccardo Muti, con il quale si è esibita come Violetta (La traviata) al Teatro Alighieri di Ravenna. In seguito ha interpretato ancora Violetta in alcuni fra i maggiori teatri italiani, come La Fenice di Venezia, Opera di Firenze e OperaLombardia. Fra i progetti futuri, il debutto come Adalgisa (Norma) all’Opéra de Rennes.
LUCREZIA DREI Soprano
Ha compiuto gli studi di canto e flauto traverso al Conservatorio di Milano e recitazione al Teatro Arsenale, e si è laureata in lingue e letterature straniere all’Università Cattolica della città. Debutta a tredici anni alla Scala nell’opera La piccola volpe astuta di Janáček e in seguito viene scelta tra le voci bianche per numerosi ruoli solisti, avendo così occasione di formarsi con grandi maestri quali Riccardo Muti, Georges Prêtre, Lorin Maazel, Zubin Mehta. Debutta con grande successo come Norina (Don Pasquale) alla Sala Verdi di Milano nel 2014. Vincitrice del Concorso per giovani cantanti lirici nel 2014 (categoria Esordienti) e nel 2015, interpreta Susanna (Le nozze di Figaro) per i teatri di OperaLombardia nel 2015. Seguono importanti debutti quali Gilda (Rigoletto) per il progetto AsLiCo Pocket Opera, Corinna (Il viaggio a Reims) al ROF e al Filarmonico di Verona, Oscar (Un ballo in maschera) all’Opera di Roma, Nannetta (Falstaff) al Teatre Principal de Maó, Pamina (Die Zauberflöte) a Trieste e Blonde (Die Entführung aus dem Serail) al Savonlinna Opera Festival. Il prossimo anno sarà Adina (L’elisir d’amore) al New National Theatre di Tokyo.
MATTEO FALCIER Tenore
Diplomato al Conservatorio di Milano, ha frequentato l’Accademia della Scala nel biennio 2012/13. In seguito ha frequentato i corsi di perfezionamento lirico all’Accademia ‘R. Celletti’ a Martina Franca. Attualmente studia con Francesca Patanè e con Marco Chingari. Ha già avuto modo di lavorare in alcuni fra i più importanti teatri italiani, fra i quali Opera di Roma, Regio di Torino, Ravenna Festival, Valli di Reggio Emilia, teatri di OperaLombardia, Municipale di Piacenza, Comunale di Ferrara, Teatro delle Muse di Ancona. Ha collaborato con direttori d’orchestra quali Riccardo Muti, Roberto Abbado, Carlo Goldstein, Roland Böer, Julian Kovatchev e Nicola Paszkowski. Fra i successi delle ultime stagioni si segnalano Le nozze di Figaro (Don Basilio), Benvenuto Cellini (Francesco) e Gianni Schicchi (Rinuccio) al Teatro dell’Opera di Roma, La bohème (Rodolfo) per OperaLombardia, Il matrimonio segreto (Paolino) al Teatro Regio di Torino, Lucia di Lammermoor (Lord Arturo) per OperaLombardia, Jesi e Ravenna, Falstaff (Bardolfo) al Festival di Ravenna e al Teatro Comunale di Ferrara. Fra i suoi prossimi impegni annovera le interpretazioni de Le nozze di Figaro (Don Basilio) al Festival di Spoleto, Falstaff (Bardolfo) al Festival di Savonlinna e Die Fledermaus (Alfred) al Teatro dell’Opera di Roma ed in tournée al Théâtre des Champs Elysées di Parigi.
MARCO CIAPONI Tenore
Nato nel 1989 a Barga (Lucca), inizia la sua formazione musicale con Rebecca Berg per poi specializzarsi con Giuseppe Sabbatini e iscriversi all’Accademia di belcanto a Modena; al momento continua a specializzarsi sotto la guida di Cinzia Forte. Nel 2015 è il vincitore assoluto dei concorsi ‘F. Labò’ di Piacenza e ‘Voci Verdiane’ di Busseto. Nel 2008 fa il suo debutto come Rodolfo (La bohème) a Portoferraio. Il suo repertorio include opere quali: Gianni Schicchi, Rigoletto, La traviata, I Lombardi alla prima crociata, L’elisir d’amore, Il barbiere di Siviglia, Lucia di Lammermoor. È stato Alfredo Germont (La traviata) a Cremona e Milano; Nemorino (L’elisir d’amore) a Lucca, Piacenza, Ravenna, Bari e Mantova. Ha debuttato nel ruolo di Don Ottavio (Don Giovanni) a Tirana e a Trieste diretto da Gianluigi Gelmetti. Ha cantato Macbeth (Malcom) a Piacenza, mentre al Teatro alla Scala di Milano ha interpretato La fanciulla del West (Trin) diretto da Riccardo Chailly. È stato Fenton (Falstaff) al Teatro Lirico di Cagliari (regia di Daniele Abbado) ed Edmondo (Manon Lescaut) al Teatro Petruzzelli di Bari. Attivo inoltre sul versante concertistico, tra i suoi impegni recenti ricordiamo: la Nona Sinfonia di Beethoven presso il Teatro Lirico di Cagliari diretto da Gérard Korsten e a Bari, e anche a Milano e Pavia diretto da Donato Renzetti; lo Stabat Mater di Rossini a Varsavia diretto da Stefano Montanari e a Ravenna diretto da Paolo Olmi; Nemorino (L’elisir d’amore) a Tbilisi, Alfredo (La traviata) a Bologna ed in tour in Giappone con la Filarmonica del teatro; l’esecuzione della prima versione del Macbeth a Varsavia diretto da Fabio Biondi con Europa Galante. Tra i prossimi impegni: Rinuccio/Tinca (Gianni Schicchi) a Modena, Piacenza, Reggio Emilia e Ferrara; Aronne (Mosè in Egitto) al Teatro San Carlo di Napoli e Ferrando (Così fan tutte) a Trieste e Saint-Étienne.
ALESSIO CACCIAMANI Basso
Nato a Roma nel 1987, intraprende giovanissimo gli studi musicali presso la ‘Schola Pueri Cantores’ della Cappella musicale pontificia. Nel 2010 si laurea in fagotto al Conservatorio Santa Cecilia di Roma e nel 2016 in canto al Mozarteum di Salisburgo. Nel 2015/16 è impegnato a Basilea in Chovanščina, Samson et Dalila, Die Zauberflöte, poi a Roma in Nabucco e Un ballo in maschera. Nel 2017 è a Venezia per Tannhäuser e Lucia di Lammermoor (Raimondo), a Trieste per Il segreto di Susanna, a Roma per Nabucco, a Barcellona per Il viaggio a Reims. Nel 2018 sarà Ramfis (Aida) all’Opera reale di Stoccolma, a Trieste Don Alfonso (Così fan tutte), a Genova per Lucia di Lammermoor.
KATARINA GIOTAS Mezzosoprano
Svedese di origine greca, ha studiato musica all’Ingesund College of Music, alla Vadstena Academy, Opera Studio 67 ed al Collegio Universitario di Stoccolma. Ha iniziato la carriera debuttato come Cherubino (Le nozze di Figaro) a Stoccolma. Tra i titoli principali del suo repertorio: Carmen (Carmen) a Venezia e Göteborg; Madama Butterfly (Suzuki) a Göteborg, Copenaghen, Napoli; Nabucco (Fenena) a Karlstad; Aida (Amneris) a Palermo; Il castello del principe Barbablù (Judith) a Göteborg e al Festival Janáček di Brno; Der Rosenkavalier (Octavian) a Weimar; Rigoletto (Maddalena) al Festival di Savonlinna; Das Lied von der Erde a Karlstad.
NADIYA PETRENKO Mezzosoprano
Ha studiato all’Accademia Musicale di Leopoli (Ucraina) e frequentato corsi di perfezionamento all’Università di Princeton. Trasferitasi in Italia nel 2000, ha seguito masterclass con Angelo Bertacchi, Katia Ricciarelli e Walter Coppola. Ha partecipato a diversi concorsi, ottenendo il primo premio al X ‘Riviera della Versilia’ nel 2000 e al ‘Nino Carta’ di Moncalieri. Tra i ruoli e i titoli eseguiti ricordiamo: Madelon (Andrea Chénier) a Lecce, Brescia, Bergamo, Pavia e Cremona; Santuzza (Cavalleria rusticana) a Cremona; Fenena (Nabucco) a Bassano del Grappa a Jesolo; Amneris (Aida) a Reggio Calabria; Messa da Requiem di Verdi a Firenze; Requiem di Mozart al Teatro Comunale di Fano; Emilia (Otello) a Rovigo, Bolzano, Rimini, Ravenna; La principessa (Adriana Lecouvreur) a Neustrelitz (Germania) e Cléopâtre di Berlioz a Narni. Ha cantato Maddalena (Rigoletto) e Amneris (Aida) al Narni Opera Festival; Preziosilla (La forza del destino) a Malta; Dama (Macbeth) a Cremona, Brescia; Der Rosenkavalier al Carlo Felice di Genova; Stabat Mater di Dvořák a Cremona; Das Lied von der Erde e i Lieder eines fahrenden Gesellen di Mahler a Portogruaro; Gianni Schicchi e The Medium per OperaLombardia; Maddalena (Rigoletto) e Zita (Gianni Schicchi) a Lecce; Clotilde (Norma) a Pisa, Pavia, Brescia, Cremona, Como, Trento; Amneris (Aida) a Forlì; Ottava sinfonia di Mahler a Wismar (Germania); Teresa (La sonnambula) per OperaLombardia; Messa n. 5 D. 678 di Schubert a Cremona; Der fliegende Holländer (Mary), Les contes d’Hoffmann e lo Stabat Mater di Rossini.
MATTEO MOLLICA Baritono
Nel giugno 2013 si diploma in canto presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Torino, dove ha studiato con Carlo De Bortoli e con Franco De Grandis. Dal 2016 si perfeziona con Giovanni Botta. Nel maggio 2013 è Sciarrone (Tosca), diretto da Marcello Rota e con la regia di Nazzareno Luigi Todarello. Per la XVIII edizione del progetto AsLiCo Opera domani è Amonasro (Aida), con la direzione di Pietro Billi e la regia di Stefano Simone Pintor. Nel settembre 2014 vince il primo premio assoluto al Concorso ‘Teresa Belloc’ di Chivasso (TO). Per la XIX edizione di Opera domani AsLiCo ricopre il ruolo di Wang Chaofei (Milo, Maya e il giro del mondo di Franceschini), sotto la direzione di Jacopo Rivani e per la regia di Caroline Leboutte. Nel maggio 2015 è Fiorello (Il barbiere di Siviglia) al Teatro Alfieri di Asti, sotto la direzione di Silvano Pasini per la regia di Alessio Bertoli. Nel dicembre 2015 ricopre i ruoli di Giudice/Servo d’Amelia (Un ballo in maschera) al Teatro Grande di Brescia per OperaLombardia, diretto da Pietro Mianiti e per la regia di Nicola Berloffa. Da gennaio 2016 è Monterone (Rigoletto) per il progetto AsLiCo Pocket Opera, diretto da Jacopo Rivani e per la regia del Rafael Villalobos. Nella scorsa stagione ha cantato La traviata (Il marchese d’Obigny) a Reggio Emilia e per OperaLombardia e Madama Butterfly (Sharpless) per Pocket Opera.
GIUSEPPE DISTEFANO Tenore
Nato a Paternò (CT) nel 1985, si diploma presso il Conservatorio ‘F. Cilea’ di Reggio Calabria sotto la guida di Serenella Fraschini. Dal 2008 ad oggi ha partecipato a numerosi concerti per convegni internazionali, associazioni musicali e umanitarie, ricordando in particolare quelli fatti per il ‘Circuito del Mito’ in Sicilia e quelli per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia al Teatro Goldoni di Livorno e al Cilea di Reggio Calabria. Vanta anche dei concerti fatti nel Centro Nazionale per le Arti dello Spettacolo di Pechino in seguito ad una borsa di studio. Nel 2012 è vincitore del 66° Concorso per giovani cantanti lirici di Spoleto e del premio speciale ‘C. Valletti’. Nel 2013 è in tournée negli Stati Uniti, dove prende parte a concerti con a capo Plácido Domingo come direttore artistico. Sempre nel 2013 debutta in Tosca (Cavaradossi) al Teatro Lirico Sperimentale ‘A. Belli’ di Spoleto, dove torna l’anno successivo per Gianni Schicchi (Rinuccio). Nel 2015 è Rodolfo (La bohème) a Spoleto, mentre per il Goldoni di Livorno è Alfredo (La traviata) e Turiddu (Cavalleria rusticana). Nel 2016 risulta idoneo al 67° Concorso per giovani cantanti lirici e partecipa al progetto AsLiCo Turandot Opera domani (Calaf). Canta quindi Rodolfo (La bohème) in tournée in Giappone con il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, Alfredo (La traviata) per il Festival Orizzonti a Chiusi e Riccardo (Un ballo in maschera) al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Nella scorsa stagione ha cantato La traviata (Gastone) a Reggio Emilia e per OperaLombardia.
GUIDO DAZZINI Baritono
Nato a Sarzana (SP) nel 1994, studia canto lirico con Fernanda Piccini. Prosegue la propria formazione presso il Conservatorio di Parma ‘A. Boito’ sotto la guida di Lucia Rizzi, con cui continua a perfezionarsi, e del pianista Riccardo Mascia. Ha svolto attività di artista del coro all’interno di importanti teatri quali La Scala di Milano, Carlo Felice di Genova, Puccini di Torre del Lago. Ha tenuto concerti a Parma e nelle sale del Teatro Regio a partire dal Festival Verdi 2014. Ha debuttato nel 2016 ne La locandiera di Salieri (Marchese) presso il Teatro Consorziale di Budrio e ne La serva padrona (Uberto) a Sion in collaborazione con la Haute École de musique de Lausanne, con repliche a Parma e sul lago di Iseo inaugurando il festival ‘Onde Sonore’. Nel gennaio 2017 è vincitore del 68° Concorso per giovani cantanti lirici (categoria Emergenti), tramite il quale ha svolto attività concertistica e frequentato masterclass con Michele Pertusi, Alberto Gazale e Alfonso Antoniozzi. Nel gennaio 2018 parteciperà al progetto AsLiCo Pocket Opera La traviata (Giorgio Germont).
GIUSEPPE ZEMA Baritono
Calabrese, classe 1990, ha studiato presso il Conservatorio ‘F.Cilea’ di Reggio Calabria, mentre ora si sta perfezionando con Liliana Marzano. Ha fatto parte del Coro OperaLombardia e del Coro Lirico ‘F.Cilea’. Per il progetto AsLiCo Pocket Opera nel 2016 è stato Monterone/Marullo (Rigoletto), mentre a Locri e Reggio Calabria nel 2014 Marchese/Barone (La traviata). Ha inoltre cantato Dulcamara (L’elisir d’amore) al Teatro Dovizi di Bibbiena nel 2015, Tarik/Wang Chao Fei (Milo, Maya e il giro del mondo di Matteo Franceschini, progetto AsLiCo Opera domani, 2015), Don Basilio/Fiorello (Il barbiere di Siviglia) a Verbicaro nel 2013. Nel 2017 è stato Don Bartolo (Le nozze di Figaro) a Reggio Calabria e Ormondo (L’inganno felice) al Teatro Fraschini di Pavia. Attivo anche nel repertorio sacro, nel 2016 ha interpretato lo Stabat Mater di Rossini a Reggio Calabria e la Missa solemnis K. 337 di Mozart presso la Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma in collaborazione con il Teatro Verdi di Trieste e presso la Basilica di San Pietro.
ANNA BESSI Mezzosoprano
Si accosta alla musica attraverso canto corale, pianoforte e danza contemporanea. Studia tecnica vocale con Elisa Turlà, Fernando Cordeiro Opa, Sherman Lowe. Si specializza nel repertorio sei-settecentesco con Antonio Greco, Roberta Invernizzi, Sara Mingardo, Sergio Foresti, Gemma Bertagnolli, Marina De Liso, Roberto Gini. Ha interpretato Ottavia (L’incoronazione di Poppea), Venere (Il ballo delle ingrate) con Antonio Greco e l’ensemble Cremona Antiqua, Dido (Dido and Æneas) con Federico Maria Sardelli e l’Accademia degli Invaghiti, Spirit/Second Witch (Dido and Æneas) con Fabio Bonizzoni e l’ensemble La Risonanza, Messaggera/Speranza (L’Orfeo) con Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina, per la regia di Andrea Cigni. Studia viola da gamba.