Opera in quattro quadri. Musica di Giacomo Puccini. Libretto di Giuseppe Giacosa e
Luigi Illica dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger.
Prima rappresentazione: 1 febbraio 1896, Teatro Regio, Torino
Mimì Maria Teresa Leva
Rodolfo Matteo Falcier
Musetta Larissa Alice Wissel
Marcello Sergio Vitale
Colline Alessandro Spina
Schaunard Paolo Ingrasciotta
Benoît / Alcindoro Paolo Maria Orecchia
Parpignol Daniele Palma
Un venditore ambulante Mattia Rossi
Sergente dei doganieri Eugenio Bogdanowicz
Un doganiere Victor Andrini
Direttore
Giampaolo Bisanti
Regia
Leo Muscato
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Light designer Alessandro Verazzi
Maestro del coro Antonio Greco
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Maestro del coro di voci bianche Hector Raul Dominguez
Coro di voci bianche dell’Istituto Monteverdi di Cremona – Progetto Mousiké
Banda di palcoscenico ‘Isidoro Capitanio’ di Brescia
Coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
Allestimento del Macerata Opera Festival
Quadro I
In soffitta. Parigi, vigilia di Natale. Il poeta Rodolfo e il pittore Marcello, artisti squattrinati, decidono di sacrificare lo scartafaccio con l’ultimo dramma di Rodolfo per scaldare almeno un po’ la gelida soffitta. Li raggiungono Colline, il filosofo, e Schaunard, il musicista, che è riuscito a guadagnare alcuni scudi. Decidono quindi di festeggiare recandosi a pranzo nel Quartiere Latino. Rimane nella soffitta solo Rodolfo per terminare un articolo, e quindi raggiungere i compagni. Ma inaspettatamente bussa alla porta Mimì, una giovane che abita nel palazzo e che prega Rodolfo di aiutarla perché le si è spento il lume mentre scendeva le scale. Improvvisamente però la giovane si sente male, Rodolfo la soccorre, ma Mimì nell’accasciarsi perde la chiave di casa. D’un tratto si spengono i lumi di entrambi e, al buio, Rodolfo, già invaghitosi della giovane, le racconta della sua vita. Ormai innamorati dopo un abbraccio, i due raggiungono gli amici al Caffè Momus.
Quadro II
Al Quartiere Latino. Confusi tra la folla, Rodolfo, Mimì, Colline, Schaunard e Marcello fanno piccoli acquisti. Rodolfo presenta la sua nuova compagna agli altri, già seduti al Caffè Momus per il pranzo. Giunge quindi Musetta, compagna d’un tempo di Marcello, in compagnia di Alcindoro, il suo nuovo, stagionato e benestante compagno. Musetta, indispettita per la disattenzione di Marcello nei suoi confronti, tenta in ogni modo di suscitare la sua gelosia e, dopo aver allontanato con un pretesto Alcindoro, abbraccia finalmente Marcello, ancora di lei innamorato. Quindi la compagnia si allontana – lasciando all’ignaro Alcindoro l’incombenza di pagare il conto per tutti – mentre irrompe in scena la ritirata per il cambio della guardia.
Quadro III
La barriera d’Enfer. È l’alba e sta nevicando nei pressi di un cabaret dove si esibisce Musetta. Giunge Mimì e chiede di Marcello. Trovatolo gli confessa tra le lacrime che la sua unione con Rodolfo è diventata un inferno a causa della gelosia estrema del poeta. Marcello le rivela che Rodolfo è nelle vicinanze, addormentato su una panca e le promette che parlerà all’amico. Mimì si nasconde dietro un platano per udire il colloquio tra Rodolfo e Marcello: il poeta confida all’amico la volontà di lasciare Mimì perché non è in grado di assicurarle una casa calda e confortevole dove poterla curare dalla tisi che la consuma. Udita la confessione di Rodolfo, Mimì piange disperata svelando a Rodolfo la sua presenza: impietosito, egli la stringe in un commosso abbraccio, ma Mimì gli comunica di volersene andare perché il loro amore è ormai finito. I due amanti concordano però che si lasceranno in primavera, mentre tra Marcello e Musetta scoppia una lite furibonda.
Quadro IV
In soffitta. Rodolfo e Marcello, tristi e avviliti, rievocano con nostalgia i bei tempi dell’amore. Entrano quindi Colline e Schaunard che fingono un duello burlesco mentre gli altri due amici si sbellicano dalle risa. Ma l’allegria della brigata viene interrotta dall’arrivo di Musetta, la quale annuncia che Mimì è sulle scale, ormai sfinita dal male. Mimì entra e saluta gli amici di un tempo, mentre Marcello esce alla ricerca di un dottore e Musetta e Colline escono per vendere rispettivamente i propri orecchini e il proprio cappotto per poter pagare le cure alla giovane. Rimasti soli, Rodolfo e Mimì sentono di amarsi ancora profondamente e ricordano insieme il loro primo incontro. Felice per il ritrovato amore, Mimì carezza il manicotto portatole da Musetta. Quindi pare assopirsi e muore senza un gemito, mentre Rodolfo disperato l’abbraccia per l’ultima volta.
UN’OPERA DI LEITMOTIVE
di Giampaolo Bisanti
Ne La bohème i motivi musicali sono collegati a un significato simbolico e descrittivo, fanno riferimento a un personaggio, una situazione, un oggetto, e a un sentimento. Sono presenti molte ripetizioni e sviluppi tematici che danno un senso di continuità a tutta l’opera e sono più o meno spesso invariati e quindi facili da riconoscere.
Il primo Leitmotiv con cui si apre l’opera è quello della vita di bohème in generale, tratto dal Capriccio sinfonico e caratterizzato dal suono grave di fagotti, violoncelli e contrabbassi (basato sulla ripetizione di poche cellule motiviche). Il tema di arrivo del filosofo Colline non si stacca molto dal tessuto musicale della scena, invece l’ingresso di Schaunard con le provviste è segnato da un motivo vivace, che cambia l’inquadratura della scena. Mentre Schaunard racconta la sua avventura con il pappagallo, il suo ritmo danzante si sovrappone al piano musicale del gruppo di amici che non lo ascoltano. Con l’entrata di Mimì, la scena si modifica con elementi musicali che anticipano i Leitmotive della protagonista, in un’atmosfera ambigua dal punto di vista tonale. Questo tema è introdotto dal clarinetto e passato nell’ottava superiore degli archi in lento ‘crescendo’ che alterna enigmaticamente intervalli diatonici e cromatici. Il dialogo fra Rodolfo e Mimì inizia su un quieto stile, ma quando Mimì si accorge di aver perso la chiave la scena si rianima con l’idea musicale «Oh! Sventata!» su cui è costruito il duetto della ricerca della chiave, che esprime il nascere di una passione. Quasi all’improvviso nasce la celebre aria di Rodolfo «Che gelida manina» e l’arpa riprende il tema intonato dal tenore. Nelle battute in stile recitativo («In povertà mia lieta scialo da gran signore»), dall’orchestra ricompare variato il tema principale («Nei cieli bigi»). Un nuovo tema ricorrente è lanciato con le parole «Talor dal mio forziere», che diventerà il motivo d’amore tra i due amanti. L’aria di Mimì è introdotta dal suo Leitmotiv che riflette la sua debolezza fisica: è caratterizzato da una armonizzazione inusuale, con varie specie di settime seguite da una consonanza su un accordo di la maggiore. Poi si sviluppa una serie di frasi musicali che torneranno nel corso dell’opera: la melodia «Germoglia in un vaso una rosa» che risponde all’analoga «Mi piaccion quelle cose». Il richiamo degli amici dalla strada è introdotto dal tema della «bohème». Nel duetto finale guidato dal tenore, c’è una ripresa rinforzata dell’aria di Rodolfo «Talor dal mio forziere» (motivo d’amore).
Il secondo quadro inizia con il tema del Quartiere Latino, già sentito nel primo quadro, e continua con un’animazione corale che mescola insieme questo tema e motivetti cantati dai protagonisti. In questa atmosfera irrompe l’ultima delle figure disegnate da Puccini, Musetta, con un motivo tanto orecchiabile quanto ‘leggero’ e smaliziato, proprio adatto a tratteggiare il carattere volubile e civettuolo della ragazza in questo atto. Nell’atmosfera silenziosa e delicata del terzo quadro (motivo staccato a quinte vuote di flauti e arpa su un pedale basso dei violoncelli), dall’interno dell’Osteria si sente il motivo d’apertura cantato dal coro e la voce di Musetta che intona il suo motivo del Quartiere Latino. L’entrata di Mimì è annunciata dal suo tema che ricorda il suo ingresso in soffitta. Marcello compare in scena con il tema della «bohème», la stessa musica iniziale del primo quadro. Nel duetto seguente Mimì, nel descrivere la gelosia di Rodolfo, intona un frammento tematico del valzer di Musetta. Quando Marcello apre la porta e osserva Rodolfo nell’interno dell’Osteria, l’orchestra risuona il motivo di Rodolfo (la stessa musica di «Aguzza l’ingegno»). Mentre Mimì aspetta, l’orchestra ripropone dei frammenti dell’aria «Nei cieli bigi», in particolare «Talor dal mio forziere» e poi «In povertà mia lieta/ scialo da gran signore». La comparsa di Rodolfo è accompagnata anche per lui dal tema della «bohème», e poi dal suo tema principale («Nei cieli bigi»). Quando Rodolfo confida di voler lasciare Mimì si presenta un nuovo motivo su «Già un’altra volta».
Nel quarto quadro, i temi musicali sono basati su una variazione o una trasformazione dei temi principali dei quadri precedenti. Il quadro si apre con il tema della «bohème», con la stessa strumentazione del primo quadro ma abbreviato. Mentre Rodolfo e Marcello parlano di Musetta e Mimì, l’orchestra risuona le melodie delle due donne e riprende il tema della «bohème». Quando si rimettono a lavorare risuona la stessa melodia della stessa scena di quando Rodolfo si era rimesso a scrivere per la rivista (prima di dire «Non sono in vena» nel primo quadro).
Abbandonano il lavoro e subito l’orchestra risuona il motivo d’amore «Fremon già nell’anima» eseguito con due accordi minori al posto degli accordi maggiori di tonica e di dominante: su questo tono minore si lasciano andare al rimpianto del passato in un duetto tenore-baritono («O Mimì, tu più non torni») preparato dal motivo d’amore con gli accordi alterati. Al termine del duetto, entra Schaunard accompagnato da Colline, con il suo motivo («di mia presenza bella» del primo quadro), mentre dopo la scena dell’aringa si sente il motivo di Colline. Nel momento in cui Mimì entra nella soffitta, il tema di Mimì ritorna in un’altra forma, è riarmonizzato: risponde alla funzione drammaturgica di mostrare il decadimento fisico della protagonista. Quando Mimì è adagiata sul letto risuona il motivo che accompagnava le parole «Mi piaccion quelle cose» del primo quadro. Il tema di Musetta appare quando Mimì garantisce a Marcello che Musetta è «assai buona», e ritorna quando Musetta decide di aiutare Mimì andando a compragli un manicotto. Quando Mimì si rialza dal letto risuona il tema del duetto d’amore e Rodolfo l’abbraccia, ma l’armonia si chiude in direzione della tonica ed esprime così la brevità del loro amore.
Successivamente al «Sono andati? Fingevo di dormire» (in una melodia discendente nel tono di do minore), Mimì ripete la musica e le parole «Mi chiamano Mimì», e Rodolfo partecipa al ricordo del loro incontro con un altro pezzo dell’aria di Mimì con la frase: «Tornò al nido la rondine e cinguetta». Quando Rodolfo estrae la cuffietta rosa, Mimì canta i motivi della scena della chiave, per ricordare l’inizio del loro incontro d’amore, poi, prima di sfinire intona «Che gelida manina» per ricordare le parole di Rodolfo. Il clima di morte viene rafforzato con il richiamo musicale della vecchia zimarra di Colline, per simboleggiare il distacco. Dopo la morte di Mimì ritorna la melodia «Sono andati» ripresa dall’orchestra e suonata a tutta forza, come compianto funebre. L’orchestra chiude con le note finali dell’aria di Colline («Addio! Addio! »).
TRADIMENTI DI BOHÈME
di Leo Muscato
Quando Puccini cominciò a lavorare su La vie de bohème di Murger era ormai un compositore di successo. Probabilmente in quel soggetto ravvisava un po’ se stesso all’epoca degli stenti giovanili milanesi. Aveva mosso i suoi primissimi passi fra quei giovani poeti, musicisti e pittori che appena qualche anno prima avevano dato vita alla Scapigliatura. Quei giovani, animati da un forte sentimento di ribellione e di disprezzo nei confronti della cultura e del perbenismo borghese, avevano desunto il loro nome da una libera interpretazione del termine francese Bohème (vita da zingari), e si erano ispirati alla vita libertaria e anticonformista degli artisti parigini descritta proprio nel romanzo di Murger. Nel momento in cui l’opera di Puccini andava in scena per la prima volta, il sentimento nostalgico per quei tempi passati, era un sentimento diffuso. Probabilmente, fra gli stessi spettatori presenti in sala c’era chi in gioventù aveva vissuto in prima persona quel fermento culturale, artistico e politico; invece adesso sedeva imborghesita nei palchi del teatro. O bella età d’inganni e d’utopie! Si crede, spera e tutto bello appare! Già! Appare.
Questa prima intuizione ci ha accompagnato in tutta la fase di elaborazione del progetto: bisognava puntare sulla memoria emotiva dei nostri spettatori. Un’altra rivelazione ci è arrivata da una didascalia a cui non avevamo mai dato la giusta importanza: Parigi. 1830. Puccini aveva messo una distanza temporale fra la sua epoca e quella d’ambientazione di cui valeva la pena tenere conto. Ma cosa accadeva nel 1830, a Parigi? Era l’anno della Seconda Rivoluzione Francese (o Rivoluzione di Luglio, come i più la conoscono). Un anno di barricate e di sampietrini divelti da migliaia di giovani scesi in strada per spodestare la monarchia. In quegli scontri caddero ottocento persone, e la loro morte servì appena a ottenere un cambio di dinastia: a un re Borbone, ne succedette uno della casa d’Orléans, quel Luigi Filippo citato da Puccini.
Ma il bohémien, come Murger l’intende, è più una categoria dello spirito che un prodotto della storia. E se è soggetto sociale determinato, lo è solo in quanto la storia l’attraversa tutta: Dai cantori omerici dell’antichità greca, ai menestrelli di Provenza, ai trovatori erranti del Rinascimento. E così via, sino alle soglie dei nostri tempi liquidi dove truppe di bobò in ansia da prestazione sul versante des alternatives de vie intasano le strade dell’opzione libertaria radicale. Ma, per tornare a Murger, un soggetto sociale che attraversa l’intera storia, necessariamente la trascende. Il bohémien, dunque, come luogo simbolico dell’oltre sistema, degli schemi, delle gabbie sociali, della vita per l’arte. Il bohémien dell’amata opzione del vuoto identitario, la tentazione del vuoto, il vuoto – anche quello dello stomaco. Tutto, purché si respiri libertà.
Nella nostra messa in scena, l’archetipo simbolico slitta nel soggetto storico che ha animato il maggio francese; ed è qui che tradiamo. Perché, nonostante l’epoca di barricate e di sampietrini divelti, non era certo intenzione di Murger fare dei suoi quattro bohémiens dei rivoluzionari protosocialisti ante litteram. Abbiamo tradito, sì, ma cercando parentele. I nostri protagonisti vivono e agiscono una delle più grandi rivoluzioni culturali del ’900, decisamente diversa dalla scapigliatura, ma altrettanto dirompente. E poiché nei primi due quadri li vediamo allegri, divertiti, divertenti e spensierati, non riusciamo a immaginarceli con i libri di Althusser e di Marcuse nelle tasche. Pensiamo a loro piuttosto come a quel folto numero di giovani che ha animato il Sessantotto nei suoi aspetti di rivoluzione diffusa, culturale e di costume. È così che li abbiamo immaginati.
Mimì invece. Lei no. Non tradiamo la grisette dei fiori finti di Murger, né quella pucciniana, né questa che portiamo in scena e che lavora in una fabbrica che le insozza i polmoni sino a condurla alla morte. Lei è soggetto storico privilegiato, non astratta categoria dell’anima, ma categoria sociale, semmai. Classe. Quella che nella seconda metà dell’800 si trova assembrata nelle fabbriche grigie di fumi velenosi e nei sobborghi mefitici delle metropoli industriali. Lei è il movimento reale delle cose, è il sacrificio umano che sorregge l’impalcatura di pensiero rivoluzionario che si muove lungo i binari della storia. E se in questa messa in scena, Rodolfo, Marcello, Schaunard, Colline e Musetta sono forse pretestuosamente ‘sessantottini’, Mimì è invece la mia scelta d’elezione. Era operaia e ultima ai tempi di Murger, di Puccini; è un’operaia che crepa in questa messa in scena; è la morte bianca che affolla i nostri tempi.
Il movimento reale, la storia non lo scalza, proprio perché è carne, e sangue, e morte, in taluni casi. È stata Mimì a trascinarsi dietro tutti gli altri, noi compresi, per andare a posizionarsi proprio là dove la storia del ‘900 ha tentato la rivoluzione, riuscendovi solo a metà. Noi le abbiamo solo dato retta.
GIAMPAOLO BISANTI Direttore
Nato a Milano, compie i suoi studi musicali presso il Conservatorio G. Verdi della sua città diplomandosi con il massimo dei voti. Risulta vincitore di numerosi concorsi internazionali, tra cui spicca il prestigioso ‘Dimitri Mitropoulos’ di Atene. I successi più rilevanti della sua carriera sono stati: La bohème a Tel Aviv con la Israel Philarmonic Orchestra, alla Fenice di Venezia e al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino; Manon Lescaut al Teatro Massimo di Palermo; Macbeth con i debutti italiani nei rispettivi ruoli di Alberto Gazale e Dimitra Theodossiou; La traviata nella storica edizione di Henning Brockhaus diretta al Teatro San Carlo di Napoli; Ernani in una prestigiosa produzione firmata da Massimo Gasparon; Madama Butterfly per la regia di Daniele Abbado; Tosca a Seoul e per OperaLombardia; Macbeth con il Teatro Pergolesi di Jesi; l’apertura di stagione del Teatro Comunale di Bologna con Orphée et Eurydice con Roberto Alagna. Numerosi anche i suoi successi con le più prestigiose orchestre sinfoniche quali: Sinfonica Nazionale della RAI di Torino, Haydn di Bolzano, I Pomeriggi Musicali, Orchestra Regionale Toscana, G. Verdi di Milano, Israel Philarmonic Orchestra, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro La Fenice di Venezia. Tra i successi più importanti delle ultime stagioni figurano: La traviata al Maggio Musicale Fiorentino e al Teatro Massimo Bellini di Catania, Tosca per OperaLombardia, Macbeth al Teatro Pergolesi di Jesi, Aida al Teatro Verdi di Salerno, Macbeth al Teatro Verdi di Trieste, Turandot al Performing Art Center di Seoul, Otello al Teatro Lirico di Cagliari, L’elisir d’amore al Teatro Regio di Torino, Tosca alla Royal Opera House di Stoccolma, Otello e Madama Butterfly per OperaLombardia, Rigoletto al Teatro Verdi di Padova, Falstaff al Teatro Pergolesi di Jesi, La bohème al Teatro Carlo Felice di Genova, Turandot al Teatro Regio di Torino, Stiffelio alla Royal Opera House di Stoccolma, Madama Butterfly al Teatro La Fenice di Venezia, La bohème al Teatro Lirico di Cagliari, Aida a Malmö, Rigoletto alla Deutsche Oper di Berlino, Cavalleria rusticana al Maggio Musicale Fiorentino. Nel 2015 ha diretto: Nabucco al Teatro Verdi di Trieste, Lucia di Lammermoor a Genova, La traviata a Stoccolma, Il barbiere di Siviglia al Teatro Regio di Torino, Madama Butterfly al Maggio Musicale Fiorentino.
LEO MUSCATO Regista
Nato e cresciuto a Martina Franca (TA), nel 1992 si trasferisce a Roma per studiare Lettere e Filosofia alla Sapienza. Durante gli studi entra a far parte della compagnia di Luigi De Filippo e recita negli spettacoli Non è vero ma ci credo, Quaranta ma non li dimostra e La lettera di mammà. Nel 1997 vince il concorso alla Scuola d’Arte Drammatica ‘Paolo Grassi’ e si trasferisce a Milano per studiare regia. In quegli anni mette in scena i suoi primi spettacoli, orientando i suoi interessi verso la drammaturgia contemporanea. Dal 2005 al 2008 è direttore artistico della compagnia LeArt’-Teatro di Grottammare (AP), con la quale realizza il Progetto Ri-Scritture, tre drammaturgie originali da Čechov, Ibsen e Shakespeare. Nel 2007 l’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro gli assegna il premio della critica come ‘Miglior regista di prosa’. Nel 2013 l’Associazione Nazionale dei Critici Musicali gli assegna il Premio Abbiati come ‘Miglior regista d’opera’ della stagione 2012 per La bohème allestita allo Sferisterio di Macerata. Parallelamente al lavoro di regista, svolge attività di pedagogia teatrale. Conduce masterclass di recitazione e drammaturgia per attori, registi, drammaturghi e cantanti lirici presso diverse associazioni, enti pubblici e privati. Da qualche anno è impegnato in una ricerca mirata all’esplorazione delle diverse possibilità espressive dei quattro principali registri interpretativi: il tragico, il drammatico, la commedia e la comicità.
FEDERICA PAROLINI Scenografa
Nata a Vimercate nel 1981, si laurea al biennio specialistico di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera nel 2007. Debutta nel 2006 al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano con Tana per Candragopoli, di cui progetta e realizza scene e costumi. Nelle ultime stagioni ha firmato le scene di Candide al Maggio Musicale Fiorentino (regia Francesco Micheli, con cui collabora dal 2006), Rigoletto all’Opera di Roma e Les dialogues des Carmélites per il Teatro Petruzzelli di Bari (regia Leo Muscato, con cui collabora dal 2012), I masnadieri per il Festival Verdi di Parma, La bohème per il Macerata Opera Festival, Orlando di Händel per il Theater an der Wien (regia di Stefania Panighini). Progetta inoltre le scene di Fidelio Off, spettacolo coprodotto dai teatri di Reggio Emilia, Bologna, Modena e Ferrara, e Silvano/Sylvano di Bussotti per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Per il Teatro Massimo di Palermo progetta la scenografia di Alice nel paese delle meraviglie, occupandosi dell’ideazione e del coordinamento delle attività laboratoriali per le scuole coinvolte. Come scenografa e costumista cura Bianco, Rosso, Verdi per il Teatro Massimo di Palermo nel 2009 (Premio Abbiati come miglior iniziativa) e Li puntigli delle donne di Spontini per il Festival Pergolesi Spontini. Per la Biennale Musica 2010 di Venezia progetta l’installazione dello spettacolo Don Giovanni e l’uom di sasso. Tra gli impegni futuri, firmerà le scene per Un ballo in maschera all’Opera di Malmö, in programma nel marzo 2016.
SILVIA AYMONINO Costumista
Nata a Roma, dove vive e lavora, inizia la sua carriera lavorando per quasi dieci anni alla Sartoria Tirelli. Qui inizia a collaborare per film quali Il nome della rosa (1985), Le avventure del barone di Münchausen (1988) e Atlantide (1991) ed allestisce diverse mostre. Come costumista debutta all’Opera di Roma nel 1996 in Turandot (regia Stefano Monti). Ha lavorato con Franco Ripa di Meana (Saffo, Reggio Emilia 1997; L’Italiana in Algeri, Lugo di Romagna 1998; Consuelo, Cosenza 2001; Simon Boccanegra, Trieste 2003 e Graz 2005; Il tempo sospeso del volo, Reggio Emilia 2007; Tosca, Roma 2009; Rigoletto, La traviata e Il trovatore, Firenze 2009; L’elisir d’amore, Pechino 2010); Marco Gandini (Die Zauberflöte, Olimpico di Vicenza 2006; I giuochi d’Agrigento, Festival di Martina Franca 2006; Così fan tutte, Piacenza 2006 e Tel Aviv 2007; Un ballo in maschera, Firenze 2007; Pia de’ Tolomei, Tokyo 2007; Don Bucefalo, Festival di Martina Franca 2008; L’elisir d’amore, Tokyo 2009; Così fan tutte, Palermo 2009; Maria Padilla, Festival di Wexford 2009; Il mondo alla rovescia, Teatro Filarmonico di Verona e Teatro Salieri di Legnago 2009); Andrea Liberovici (I diari di Serafino Gubbio operatore, Teatro Indiadi di Roma 2003; Candido. Soap opera musical, Genova 2004; Urfaust, Teatro Stabile di Genova 2005; Lo zoo di vetro, Teatro Eliseo di Roma 2006); Luca Ronconi (Drammi di guerra: trilogia di Edward Bond, Biblioetica e Il silenzio dei comunisti, Torino 2006; Itaca e L’antro delle ninfe, Ferrara 2007; Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, Teatro alla Scala di Milano 2008 e Opéra Bastille di Parigi 2010). Negli ultimi anni ha collaborato regolarmente anche con Damiano Michieletto (Il cappello di paglia di Firenze, Carlo Felice di Genova 2007; Il paese del sorriso, Verdi di Trieste 2008; Die Entführung aus dem Serail, San Carlo di Napoli 2009; Il barbiere di Siviglia, Grand Théâtre de Genève 2010; L’elisir d’amore, Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia 2011; The Greek Passion, Massimo di Palermo 2011); Daniele Salvo (Otello, Globe Theatre di Roma 2009; Aiace, Teatro Greco di Siracusa 2010); Francesco Micheli (La bohème e Otello, Fenice di Venezia; Roméo et Juliette, Arena di Verona 2011); Lorenzo Mariani (Tosca, Opera di Göteborg 2011; Il trovatore, Opéra de Nice 2012).
ALESSANDRO VERAZZI Light designer
Attivo nell’abito operistico, ha realizzato, tra gli altri lavori, le luci per le opere Les dialogues des Carmélites al Teatro Petruzzelli, Rigoletto all’Opera di Roma, Il campiello di Wolf-Ferrari al Maggio Fiorentino, L’Africaine di Meyerbeer e Tosca alla Fenice di Venezia, I masnadieri al Regio di Parma, Nabucco al Lirico di Cagliari, La fuga in maschera di Spontini al Festival Pergolesi Spontini e al San Carlo di Napoli, La bohème e Carmen per lo Sferisterio di Macerata, Werther (2004), Le nozze di Figaro (2005), La voix humaine e Pagliacci (regia Leo Muscato, 2009) per OperaLombardia. Ha collaborato inoltre ai progetti AsLiCo Opera domani Orfeo ed Euridice (2003) e Don Giovanni (2006) e a Cavalleria rusticana per il Festival Como città della musica 2014 (regia Serena Sinigaglia). Con la regia di Francesco Micheli, ha illuminato Il barbiere di Siviglia al Massimo di Palermo e Li puntigli delle donne di Spontini al Festival Pergolesi Spontini. Nel 2015 è stato al Macerata Opera Festival per Cavalleria rusticana e Pagliacci (regia Alessandro Talevi) e Rigoletto (regia Federico Grazzini). Ha realizzato inoltre il progetto luci di numerosi spettacoli di prosa diretti da Serena Sinigaglia, Francesco Micheli e Leo Muscato. Ha collaborato con il gruppo musicale Yo Yo Mundi per il concerto-spettacolo La banda di Tom e altre storie partigiane, con la partecipazione di Giuseppe Cederna e per 54, anno incredibile, testi e parole di Wu Ming. Nel 2010/11 progetta e coordina la realizzazione dell’impianto illuminotecnico del Teatro delle Ali di Breno. Collabora con lo stilista inglese David Fielden. Presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dal 2007 al 2010 tiene il corso di illuminotecnica, mentre nel 2010 insegna lighting design.
ANTONIO GRECO Maestro del coro
A sette anni ha iniziato la propria esperienza nel canto corale sotto la guida di monsignor Dante Caifa, già maestro di cappella della Cattedrale di Cremona, del quale è in seguito divenuto assistente. Si è diplomato in pianoforte con Mario Gattoni, presso il Conservatorio di Mantova, in musica corale e direzione di coro con Domenico Zingaro presso il Conservatorio di Milano, e ha conseguito con lode il diploma accademico di II livello in polifonia rinascimentale sotto la guida di Diego Fratelli, presso il Conservatorio di Lecce. Ha studiato prassi esecutiva antica e ornamentazione con Roberto Gini, clavicembalo e basso continuo con Giovanni Togni, contrappunto e teoria rinascimentale con Diego Fratelli. Attualmente è docente di Esercitazioni Corali presso l’Istituto Pareggiato ‘G. Verdi’ di Ravenna. Nel 1993 ha fondato il Coro Costanzo Porta alla cui guida ha vinto premi in concorsi nazionali ed internazionali. Dal 2004 al Coro si è affiancata Cremona Antiqua, gruppo strumentale specializzato nell’esecuzione del repertorio tardo-rinascimentale e barocco. Nel 2000 ha fondato la Scuola di musica e canto corale Costanzo Porta. Dal 2006 è maestro del coro di OperaLombardia, con cui ha partecipato alla messa in scena di oltre trenta titoli del grande repertorio operistico italiano ed europeo. Ha tenuto masterclass sul repertorio barocco presso la Scuola dell’Opera di Bologna e presso l’Accademia ‘R. Celletti’ di Martina Franca. Collabora ormai da alcuni anni con il Festival della Valle d’Itria, presso il quale ha diretto più volte l’Orchestra Internazionale d’Italia, la OIDI Festival Baroque Ensemble, l’Orchestra della Magna Grecia e il Coro Slovacco di Bratislava in produzioni sacre e profane. Nel 2014, alla guida dell’Orchestra 1813, ha diretto Il barbiere di Siviglia, all’interno del progetto AsLiCo Pocket Opera. Nel 2015 è stato chiamato all’Opéra de Lausanne come maestro del coro per Tancredi, ha diretto L’incoronazione di Poppea al Festival della Valle d’Itria e lo scorso luglio ha affiancato Sir John Eliot Gardiner come assistente alla direzione alla sua Accademia Monteverdiana.
HECTOR RAUL DOMINGUEZ Maestro del coro di voci bianche
Compositore e direttore d’orchestra di origine argentina, per anni protagonista della scena musicale dell’America Latina (Opera di Colombia, Teatro Carreño di Caracas in Venezuela, Teatro Nacional della Costa Rica, cattedra di Direzione Corale alle università di Buenos Aires, Bogotà in Colombia e San José nella Costa Rica), dal 1988 si trasferisce in Italia per seguire i corsi di perfezionamento in composizione con Franco Donatoni a Milano. Tiene la cattedra di Storia e tecnica della musica contemporanea presso la Facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia, dove crea e dirige il Coro e l’Orchestra da camera. È chiamato a dirigere il Coro Polifonico Cremonese e l’Orchestra da Camera ‘Marc’Antonio Ingegneri’ (1993-2003) e crea la Schola Cantorum Cremonensis, in cui dà vita a progetti musicali. Dal 1997 insegna alla Scuola Civica ‘C. Monteverdi’ di Cremona, dove crea e dirige dal 2004 il Coro di voci bianche. Insegna inoltre Pratica strumentale e Composizione per la didattica all’Università di Pavia. Dal 2014 si trasferisce al Conservatorio G. Nicolini di Piacenza.
MARIA TERESA LEVA Soprano
Nata a Reggio Calabria, si diploma a pieni voti al Conservatorio F. Cilea della sua città natale. Nel 2012 vince il Concorso ‘Ottavio Ziino’ di Roma e nel 2013 riceve il premio speciale della giuria del Concorso Lirico di Bologna. Sempre nel 2013 debutta ne Il flauto magico (Pamina) all’interno del progetto AsLiCo Opera domani. Nella primavera 2014 è al Teatro Carlo Felice di Genova come Mimì (La bohème; direttore Giampaolo Bisanti) e Micaela (Carmen; direttore Andrea Battistoni, regia Davide Livermore). Nell’autunno 2014 canta Donna Elvira (Don Giovanni; regia Graham Vick) nei teatri di OperaLombardia, Reggio Emilia e Bolzano, mentre nell’estate 2015 è al Teatro Regio di Torino come Musetta (La bohème; direttore Andrea Battistoni). Nel 2016 sarà Violetta (La traviata) all’Opéra Royale de Wallonie di Liegi e Desdemona (Otello) a Francoforte.
MATTEO FALCIER Tenore
Nato a Magenta (MI), si diploma con il massimo dei voti sotto la guida di Gianni Mastino presso il Conservatorio G. Verdi di Milano nel 2009. Nel 2007 debutta nel ruolo di Alfredo (La traviata) con la Compagnia d’Opera Italiana e la Schlote di Salisburgo in una tournée in Germania, Austria e Norvegia. Con il Conservatorio di Milano debutta ne La bohème (Rodolfo) nel 2008 e affronta nel 2010una tournée giapponese per La traviata (Alfredo). Recentemente ha cantato Il matrimonio segreto (Paolino) al Festival di Stresa, La scala di seta (Dorvil) per il Ticino Musica, Norma (Flavio) ed Ernani (Don Riccardo) a Sassari, La Cecchina al Teatro Donizetti di Bergamo, Zaira al Festival della Valle d’Itria, Lucia di Lammermoor nei teatri di OperaLombardia (2012/13) e Il matrimonio segreto (Paolino) al Teatro Regio di Torino. Nella stagione 2014/15 è stato Bardolfo (Falstaff) al Ravenna Festival e ha cantato ne Les contes d’Hoffmann per OperaLombardia, Pong (Turandot) al Teatro Coccia di Novara e Don Basilio (Le nozze di Figaro) all’Opera di Roma. Finalista in molti concorsi, nel 2012 risulta idoneo al 63° Concorso AsLiCo, finalista al Concorso Internazionale ‘Ferruccio Tagliavini’ e viene selezionato come allievo effettivo per i corsi di perfezionamento per solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
LARISSA ALICE WISSEL Soprano
Inizia all’età di 6 anni lo studio del violino e del pianoforte a Las Palmas de Gran Canaria. A 13 anni ottiene a Berlino la borsa di studio per giovani talenti dello Julius Stern Institut ed entra nella Universität der Künste sotto la guida di Rudolf Riemer approfondendo il repertorio liederistico con Herbert Kaliga e Maria Ehrke-Urbanovic. Nella Hochschule für Musik ‘Hans Eisler’ entra nella classe di violino di Eberhard Feltz. In Italia inizia i suoi studi con Alessandra Althoff Pugliese; frequenta i corsi di perfezionamento al Mozarteum di Salisburgo e delle masterclass con Bernadette Manca di Nissa, Stefano Giannini, Alfonso Antoniozzi e Marco Berti. Nel 2014 vince il 65° Concorso internazionale per giovani cantanti lirici d’Europa come esordiente e al Concorso di Rheinsberg a Berlino risulta vincitrice del ruolo della Königin der Nacht (Die Zauberflöte) per una produzione in programma per l’estate 2016. A Napoli è vincitrice della IV edizione del Concorso internazionale ‘Santa Chiara’, ottenendo il primo premio e il premio della giuria popolare. Attualmente prosegue i suoi studi con Fernando Cordeiro Opa a Bologna. Tra i suoi impegni recenti e futuri vanno segnalati Il re pastore, Orfeo ed Euridice, Don Pasquale a Trieste, Les contes d’Hoffmann per OperaLombardia, La bohème a Macerata, La vedova allegra a Cagliari, Zenobia in Palmira a Napoli.
SERGIO VITALE Baritono
Nato a Caserta nel 1984, allievo di Luigi Giordano Orsini, si è perfezionato all’Opera Studio dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sotto la guida di Renata Scotto e all’Accademia Chigiana con Renato Bruson. È vincitore del primo premio al 64° Concorso ‘Comunità Europea’ del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto e del primo premio al 14° Concorso ‘Premio Mattia Battistini’ di Rieti. Ha debuttato come Germont (La traviata) alla Deutsche Oper di Berlino, Don Giovanni (Don Giovanni) al Teatro Verdi di Salerno, Conte di Luna (Il trovatore) a Saragozza, Gianni Schicchi (Gianni Schicchi) all’Auditorium Parco della Musica di Roma, Marcello (La bohème) al Teatro del Giglio di Lucca, Malatesta (Don Pasquale) al Teatro Chiabrera di Savona, Figaro (Il barbiere di Siviglia) al Teatro Bonci di Cesena, Schaunard (La bohème) alla Deutsche Oper, Sharpless (Madama Butterfly) al Teatro Belli di Spoleto. Nella stagione 2010/11 ha lavorato stabilmente come solista alla Deutsche Oper. Più recentemente ha interpretato Falsfaff (Falstaff) a Fano ed è stato impegnato ne Il viaggio a Reims al Rossini Opera Festival, nel Rigoletto ad Amsterdam. Per il Teatro alla Scala in tournée in Giappone, è stato Figaro (Il barbiere di Siviglia) a Trento e al San Carlo di Napoli, ha cantato i Carmina Burana a Milano, Aureliano in Palmira al Rossini Opera Festival di Pesaro, Gianni Schicchi a Spoleto, Madama Butterfly a Fidenza, La traviata a Tianjin e Il barbiere di Siviglia a San Sebastian. I prossimi appuntamenti lo vedranno impegnato a Cagliari nel Requiem di Fauré, mentre al Rossini Opera Festival sarà Anselmo (La gazzetta).
ALESSANDRO SPINA Basso
Ha studiato canto presso il Conservatorio G. Verdi di Milano con Giovanna Canetti. Ha collaborato con importanti registi quali Cristina Pezzoli, Ivan Stefanutti, Stefano Vizioli, Robert Carsen, Gino Zampieri, Roberto De Simone, Stéphane Braunschweig, Micha Van Hoecke, Joseph Franconi Lee, Hugo De Ana, Daniele Abbado, Damiano Michieletto, Massimo Gasparon, Luca De Fusco, Giorgio Ferrara, Ruggero Cappuccio, Peter Stein, Sam Brown, Leo Muscato, Francesco Micheli. Fra i direttori d’orchestra con cui ha lavorato si ricordano Bruno Casoni, Filippo Maria Bressan, Maurizio Benini, Aldo Sisillo, Giacomo Sagripanti, Carlo Montanaro, Stefano Ranzani, Daniele Callegari, Francesco Maria Colombo, Daniele Gatti, Juraj Valčuha, Wolfgang Sawallisch, Massimo Zanetti, Pier Giorgio Morandi, Michele Mariotti, Roberto Abbado, Pinchas Steinberg, Asher Fisch, Riccardo Muti, Andrea Battistoni, Corrado Rovaris, Christian Capocaccia, Gaetano Espinosa, Francesco Lanzillotta, Zubin Metha. Si è esibito in importanti teatri fra i quali Scala di Milano, Opera di Roma, La Fenice e Malibran di Venezia, Arena di Verona, San Carlo di Napoli, Regio di Parma, Comunale di Bologna, Verdi di Trieste, Nuovo di Spoleto, Verdi di Pisa, Goldoni di Livorno, Giglio di Lucca, Alighieri di Ravenna; e, ancora, nei teatri di OperaLombardia, Bolzano, Treviso, Jesi, Fermo, Piacenza, Ferrara, Modena, Pordenone, Udine, Ascoli Piceno, Filarmonico di Verona, Wexford, Maggio Musicale Fiorentino, Pompei. Ha interpretato i ruoli di Don Alfonso (Così fan tutte; tournée del Teatro San Carlo in Cile), Frère Laurent (Roméo et Juliette; Filarmonico di Verona), Lunardo (I quattro rusteghi; Pisa, Livorno, Lucca), Angelotti (Tosca; Arena di Verona, Regio di Parma, Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli, Opera di Roma), Colline (La bohème; Malibran di Venezia, Fermo, Treviso, Jesi, Ascoli Piceno, San Carlo di Napoli), Don Pasquale (Don Pasquale; OperaLombardia), Simone (Gianni Schicchi; Piacenza, Livorno, Maggio Musicale Fiorentino, Modena, Ferrara, Ravenna, Lucca, Pisa), Zuniga (Carmen; Modena, Piacenza, Ferrara, Ravenna). Ha partecipato all’inaugurazione della stagione 2009 del Teatro alla Scala nel Don Carlo (Deputato fiammingo) diretto da Daniele Gatti. Nel repertorio sacro ha cantato: Te Deum di Britten, Requiem di Fauré, Requiem di Mozart, Oratorio de Noël di Saint-Saëns, Messa di Mercadante, Messa KV 317 di Mozart.
PAOLO INGRASCIOTTA Baritono
Catanese, ha iniziato giovanissimo gli studi musicali e nel 2008 intraprende lo studio del canto prima a Imola e successivamente al Conservatorio B. Marcello di Venezia sotto la guida di Stefano Gibellato. Ha debuttato nel 2009 nell’opera per bambini Basilio, il vampiro vegetariano (Conte Drac) di Raffaele Sargenti al Teatro Comunale di Imola, spettacolo replicato anche nel 2010. Nel 2011 ha debuttato nel ruolo di Colas (Bastien und Bastienne) all’Osservanza di Imola, ha cantato Belcore (L’elisir d’amore) al Teatro Guardassoni di Bologna e al Teatro Masini di Faenza. Nel 2012 ha debuttato in Marullo (Rigoletto) e nel Barone Douphol (La traviata) per il Luglio Musicale Trapanese. Nel 2013 ha debuttato in Slook (La cambiale di matrimonio, regia di Enzo Dara e direzione di Giovanni Battista Rigon) al Teatro Malibran di Venezia, dove ha cantato anche Germano (La scala di seta, regia Giuseppe Morassi e direzione Maurizio Dini Ciacci). Selezionato quale effettivo per l’Accademia del Rossini Opera Festival di Pesaro 2013, ha interpretato il ruolo del Barone di Trombonok (Il viaggio a Reims, regia Emilio Sagi e direzione Daniel Smith). Ha partecipato con successo a diversi concorsi internazionali, vincendo fra l’altro il Concorso ‘Toti Dal Monte’ 2013 per il ruolo di Schaunard (La bohème, regia Ivan Stefanutti e direzione Francesco Lanzillotta), che ha debuttato a Treviso, in coproduzione con i Teatri di Bolzano, Fermo e Ferrara. Ha cantato in seguito il Dottore Malatesta (Don Pasquale) a Brescia e Pépito (Pépito di Offenbach) a Milano con Milano Classica. Ha debuttato nei ruoli di Max (Betly di Donizetti) al Bergamo Musica Festival nel 2014, Belcore (L’eisir d’amore) per il progetto AsLiCo Pocket Opera nel 2015, Gaudenzio (Il signor Bruschino) al Teatro Olimpico di Vicenza. Ha vinto il primo premio al Concorso Lirico Internazionale ‘Giacinto Prandelli’ 2015.
PAOLO MARIA ORECCHIA Basso
Nato a Roma, compie gli studi musicali presso il Conservatorio L. D’Annunzio di Pescara, diplomandosi con il massimo dei voti. Debutta nel 1986 nel ruolo di Malatesta (Don Pasquale). Ha calcato i palchi di numerosi teatri: Regio di Torino, Sferisterio di Macerata, Scala di Milano, Massimo di Palermo, San Carlo di Napoli, Arena di Verona, Comunali di Bologna e Firenze, Fenice di Venezia, Opera di Roma, Carlo Felice di Genova, Bellini di Catania, teatri di Cagliari, Bari e Messina, Ravenna Festival ed altri ancora. È stato Belcore (L’elisir d’amore), Don Alfonso (Così fan tutte), Leporello (Don Giovanni), Sharpless (Madama Butterfly), Don Carissimo (La Dirindina), Beaupertuis/Emilio (Il cappello di paglia di Firenze). È abituale interprete di ruoli come il Sagrestano (Tosca), Mathieu (Andrea Chénier), Dancairo (Carmen), Silvano (Un ballo in maschera), Hortensius (La figlia del reggimento), Schaunard (La bohème). Gianandrea Gavazzeni, Maurizio Arena, Gianfranco Masini, Roberto Abbado, Lorin Maazel, Donato Renzetti, Carlo Rizzi, Marcello Viotti, Christian Thielemann, Gianluigi Gelmetti, Bruno Campanella, Daniele Gatti, Nello Santi sono alcuni dei direttori d’orchestra con cui ha avuto il piacere di lavorare, unitamente a registi come Filippo Crivelli, Alberto Fassini, Pier Luigi Pizzi, Franco Zeffirelli, Mauro Bolognini, Josef Svoboda, Gigi Proietti, Hugo De Ana, Beni Montresor, Luca Ronconi, Giancarlo Cobelli, Piero Faggioni, Italo Nunziata, Daniele Abbado, Zhāng Yìmóu, Emilio Sagi. È stato Malatesta (Don Pasquale) e Don Bartolo (Il barbiere di Siviglia), sotto la direzione di Roberto Abbado per la Bayerischer Rundfunkorchester, ed è stato ospite della tournée a Tokyo del Teatro La Fenice nel 2001 con La traviata e nel 2006 delle tournée del Teatro Comunale di Bologna, con La figlia del reggimento, ancora a Tokyo ed al Festival di Savonlinna.
DANIELE PALMA Tenore
Nato a Bari nel 1988, si diploma con il massimo dei voti e lode in Organo e composizione organistica presso il Conservatorio N. Rota di Monopoli, e tiene concerti in Italia, Germania e Austria. Inizia a studiare canto nel 2013, intraprendendo fin da subito un’intensa attività concertistica da corista e da solista. Canta stabilmente nel coro di OperaLombardia. Nel 2014 entra nel coro ‘Costanzo Porta’ diretto da Antonio Greco, con il quale prende parte a produzioni di rilievo. Incide 30 corali di Bach, è solista nell’opera Il sogno di una cosa, composta da Mauro Montalbetti in occasione del quarantennale per la strage di Piazza della Loggia, andata in scena a Brescia, Reggio Emilia e al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Nel 2015 incide il VII libro di madrigali di Biagio Marini per l’etichetta discografica Tactus, è solista in importanti concerti in Italia (Festival Monteverdi di Cremona) e all’estero (Sala Grande del Conservatorio di Mosca). All’attività musicale affianca quella musicologica, laureandosi nel 2011 con il massimo dei voti e lode presso il Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di Pavia.
MATTIA ROSSI Tenore
Classe 1987, ha intrapreso sin da bambino gli studi musicali di canto e pianoforte dapprima nella scuola musicale Synodia di Varese, successivamente nella scuola musicale InCanto, con la quale ha debuttato nei ruoli di Don Pasquale e Falstaff; attualmente studia e si perfeziona con Ernesto Veronelli. Canta stabilmente nel coro di OperaLombardia. Ha collaborato come artista del coro e solista anche con le associazioni musicali Arnatese di Gallarate, ArteViva di Milano e VoceAllOpera di Milano, nella quale si è cimentato anche in ruoli di comprimariato come Un messo/Ruiz (Il trovatore) e Gastone (La traviata).
EUGENIO BOGDANOWICZ Basso
Nato nel 1985 a Minsk in Bielorussia, ha iniziato gli studi musicali sotto la guida dei genitori. In seguito, all’età di 5 anni è entrato nel Coro delle voci bianche del Teatro nazionale di Varsavia, dove ha interpretato anche ruoli solistici. Parallelamente ha studiato pianoforte presso la scuola musicale statale di Varsavia. Trasferitosi in Italia nel 1999, ha intrapreso lo studio del fagotto con Leopoldo Armellini presso il Conservatorio C. Pollini di Padova, diplomandosi nel 2008 al Conservatorio J. Tomadini di Udine. Successivamente si è avvicinato allo studio del canto lirico con Sherman Lowe e Ala Simonishvili. Nel 2013 ha partecipato ad alcuni concerti con allievi dell’Accademia Lirica di Osimo. Nel 2014 ha partecipato alla produzione AsLiCo Aida nell’ambito di Opera domani (Ramfis/Re). Nel 2015 è risultato il primo idoneo per il ruolo di Riccardo Forth (I puritani) all’audizione presso il Circolo musicale Mayr-Donizetti di Bergamo e lo scorso ottobre ha vinto il premio ‘Gino Bechi’ al VII Concorso Lirico Internazionale ‘Trofeo La Fenice’ di Seravezza (Lucca), guadagnando inoltre la partecipazione ad una masterclass al Festival Pucciniano di Torre del Lago.
VICTOR ANDRINI Basso
Nato nel 1981, dopo la laurea si è diplomato nel 2012 in canto sotto la guida di Claudio Ottino al Conservatorio A. Vivaldi di Alessandria e nel 2014 in composizione con Riccardo Piacentini presso il medesimo conservatorio. Nel settembre 2015 è stato corsista dell’Accademia estiva dell’Ensemble Linéa a Strasburgo, approfondendo il repertorio vocale contemporaneo. Si sta perfezionando con Nicholas Isherwood ed è iscritto al Master of Arts in Composition and Theory del Conservatorio di Lugano. Tra i ruoli finora coperti: Sprecher (Die Zauberflöte), Simone (Gianni Schicchi), Ceprano (Rigoletto), Barone di Kelbar (Un giorno di regno), Grenvil/Marchese d’Obigny (La traviata), Colline (La bohème), Sciarrone (Tosca). Come compositore, i suoi lavori sono stati pubblicati dalle case editrici Stradivarius e Sinfonica. Nel 2015 è stato tra i vincitori del Call for Scores ‘Risuonanze 2015’. Insegna canto presso l’Accademia Ducale di Genova.