2011 Tosca
2011 Tosca
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2011 Tosca

2011 Tosca

PocketOpera – VI edizione

Melodramma in tre atti. Musica di Giacomo Puccini.
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Costanzi, 14 gennaio 1900
Adattamento musicale Enrico Minaglia

Floria Tosca Loredana Arcuri
Mario Cavaradossi Max Jota*
Scarpia Alessio Potestio
Cesare Angelotti Pasquale Amato
Il sagrestano Mirko Quarello
Spoletta Saverio Pugliese
Sciarrone/ Il carceriere Marco Piretta
Un Pastore Bianca Tognocchi
Coro Caterina Iora, Luca Granziera, Tania Pacilio
Mimi Michela Costa, Carlo Decio, Valerio Napoli

Direttore
Bruno Nicoli

Regia
Federica Santambrogio

Scene e costumi
Accademia di Belle Arti di Brera
Biennio Specialistico in Scenografia Teatrale e Costume
Coordinamento Grazia M. Manigrasso

Scene
Alberto Allegretti, Ruggero Brandi, Nicole Figini, Agnese Meroni
Costumi
Valentina Caterini, Cristina Chieppi, Marco Ferrara

Sculture
Stefania Crippa

Light designer
Fiammetta Baldiserri

Orchestra 1813

Produzione AsLiCo
Nuovo allestimento

* in collaborazione con Scuola dell’Opera Italiana di Bologna

Atto I

È il primo pomeriggio del 17 giugno 1800, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Il pittore Mario Cavaradossi sta ritraendo in un quadro Maria Maddalena il volto della marchesa Attavanti, che ha visto più volte entrare in una cappella. Esce Cesare Angelotti, già console della repubblica romana soppressa dalle truppe napoletane e fratello della marchesa, evaso poco prima da Castel Sant’Angelo, dove il barone Vitellio Scarpia, capo della polizia, l’aveva imprigionato. Cavaradossi, di sentimenti liberali, gli offre rifugio nella propria villa. Sopraggiunge l’avvenente Tosca, cantante famosa ed amante di Cavaradossi. Il quadro la ingelosisce, ma, rassicurata da Cavaradossi, Tosca si allontana. Cavaradossi e Angelotti lasciano la chiesa, nella quale entra poco dopo Scarpia, che ha iniziato le ricerche dell’evaso. Torna Tosca, per avvertire Cavaradossi che la sera dovrà eseguire a Palazzo Farnese una cantata per festeggiare la vittoria che l’esercito austriaco ha riportato a Marengo su Napoleone. Non trovando l’amante è ripresa dalla gelosia, che Scarpia non esita a rinfocolare. Da tempo desidera Tosca e ordina al poliziotto Spoletta di pedinarla. Rimane quindi nella chiesa per assistere al Te Deum di ringraziamento per la sconfitta subita da Napoleone.

Atto II

Scarpia sta cenando in una sala di Palazzo Farnese, residenza romana dei Borbone di Napoli. Gli giunge la voce di Tosca che esegue la cantata celebrativa e decide di convocarla. Apprende poi da Spoletta che Angelotti è irreperibile, ma che certamente Cavaradossi conosce il suo nascondiglio, e quindi lo ha arrestato. Ha inizio l’interrogatorio: il pittore nega di conoscere il nascondiglio di Angelotti e impone il silenzio a Tosca, nel frattempo sopraggiunta. Scarpia lo sottopone a tortura e Tosca, disperata, rivela che Angelotti è nascosto in un pozzo del giardino della villa di Cavaradossi. Sopraggiunge il gendarme Sciarrone, e informa che a Marengo Napoleone non è stato sconfitto, ma ha vinto. L’esultante Cavaradossi è imprigionato. Rimasto solo con Tosca, Scarpia la ricatta: se gli si concederà, potrà salvare Cavaradossi e lasciare Roma con lui. È interrotto da Spoletta, il quale riferisce che Angelotti ha evitato la cattura uccidendosi. Tosca, sempre più sconvolta, chiede a Scarpia, in cambio di ciò che egli pretende, un salvacondotto per Cavaradossi e per sé. Scarpia acconsente, ma precisa che, non avendo egli la facoltà di graziare Cavaradossi, occorrerà simularne la fucilazione, con un plotone che sparerà a salve. Mentre compila il salvacondotto, Tosca impugna un coltello scorto sul tavolo al quale Scarpia stava cenando all’inizio dell’atto, e lo uccide.

Atto III

Sulla piattaforma di Castel Sant’Angelo. È l’alba, salutata dallo scampanio delle chiese di Roma e anche dal malinconico stornello d’un giovane pastore. Cavaradossi, in attesa di essere giustiziato, inizia una lettera di addio che un carceriere, in cambio di un anello, consegnerà a Tosca. Colto tuttavia dai ricordi dei giorni felici, si interrompe commosso. Ma Tosca giunge di lì a poco e mostra il salvacondotto all’amante. Esorta Cavaradossi a fingersi colpito quando il plotone di esecuzione sparerà a salve, ma Scarpia l’ha ingannata. La scarica dei soldati uccide Cavaradossi e Tosca, disperata, sfugge a Sciarrone e a Spoletta, che hanno scoperto l’uccisione di Scarpia, gettandosi nel Tevere che scorre sotto Castel Sant’Angelo ed invocando la giustizia divina.

Note di regia

Tosca è una dramma di carne e passione. Passione d’amore, politica, erotica. Chi tiene le fila di questo livello così carnale è Scarpia. Nel finale del primo atto c’è la sua più autentica presentazione «Ah, di quegli occhi vittoriosi veder la fiamma illanguidir con spasimo dʼamor, fra le mie braccia illanguidir dʼamor. L’uno al capestro, l’altra fra le mie braccia.» Tutto mentre la chiesa si riempie del canto del Te Deum e Scarpia si lascia trasportare dalla forza e dalla potenza dell’inno religioso per un eccitamento che di spirituale non ha nulla. Tant’è che all’apice della forza e dell’eccitazione quasi grida «Tosca, mi fai dimenticare Iddio!»

La nostra Tosca parte da qui.

Nel primo atto abbiamo rappresentato una Chiesa ricca, ma punitiva e violenta, archetipicamente maschile. La processione del Te Deum è rappresentata da dei manichini sfarzosamente ricoperti con mantelli e mitrie, ma visibilmente nudi e finti, a rappresentare una potenza politica che di spirituale non ha più nulla.

Le uniche presenze femminili in questa Chiesa-padrona sono la Madonna e la Maddalena. La prima rappresentazione del femminino, la dea madre accogliente e materna, e la seconda rappresentazione dell’amore carnale, ma comunque viva e generatrice di vita. La Madonna sarà infatti interpretata da un mimo, quindi da un persona in carne ed ossa, ma che in questo contesto viene ricoperta da un telo di plastica, come accade per le statue che devono essere restaurate, a mostrare che l’unico afflato vitale rischia di morire soffocato. La Maddalena verrà rappresentata partoriente per enfatizzare la presenza così forte dell’elemento carnale. E da questo immaginario che spiccano le personalità dei protagonisti e le loro non semplici relazioni. Ed è con questo torbido e cupo immaginario che si può affrontare il secondo atto. Visivamente freddo, luogo di tortura fisica, ma soprattutto psicologica. Il luogo del potere castrante della Chiesa è ancora una volta luogo di morte e terrore.

E nel terzo atto si respira. E questo respiro è fondamentale, è il canto del pastorello, è l’alba di Roma, è il momento del dolce ricordo malinconico e poi della speranza. Ed è solo attraverso questo momento di abbandono che la tragedia di Tosca diventa implacabile e il suo suicidio ci appare tragico e liberatorio insieme.

Federica Santambrogio

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