2010 Don Giovanni

2010 Don Giovanni

PocketOpera – V edizione

Dramma giocoso in due atti KV 527. Musica di Wolfgang Amadeus Mozart. Libretto di Lorenzo Da Ponte.
Prima rappresentazione: Praga, Nationaltheater, 29 ottobre 1787

Adattamento musicale Alberto Cara
Don Giovanni Alessio Arduini
Don Ottavio Leonardo Cortellazzi
Commendatore Carlo Malinverno
Donna Elvira Ekaterina Gaidanskaya
Donna Anna Alice Sunseri
Leporello Mirko Quarello
Masetto Stefano Cianci
Zerlina Francesca Bruni

Direttore
Oliver Gooch

Regia
Stefano De Luca

Scene e costumi Leila Fteita
Light designer Claudio De Pace

Orchestra 1813

Produzione AsLiCo
Nuovo allestimento

 

 

Atto I

È notte, nel giardino antistante la casa di Donna Anna, Leporello passeggia in attesa del padrone, che si è introdotto mascherato in casa di Donna Anna per farla sua. La tentata violenza però non riesce: Anna insegue il cavaliere cercando di scoprirne l’identità e viene poi soccorsa dal padre, il Commendatore, che sfida Don Giovanni a duello rimanendone mortalmente ferito. Don Giovanni e Leporello fuggono, mentre Don Ottavio giura alla fidanzata di non lasciare il delitto impunito. Frattanto Don Giovanni, in cerca di nuove conquiste, scorge da lontano Donna Elvira, una nobile dama da lui sedotta e abbandonata. Elvira disperata, affronta il libertino, che lascia a Leporello il compito di giustificarlo, e fugge via. Il servo spiega a Donna Elvira la natura del suo padrone, enumerando tutte le sue conquiste.

Poco oltre, si festeggiano le nozze di Zerlina e Masetto. Don Giovanni allontana Masetto e corteggia la sposina, promettendole di sposarla. Ma Donna Elvira la mette in guardia dal malefico Don Giovanni e la porta via con sé. Donna Anna e Don Ottavio chiedono a Don Giovanni di assisterli nella ricerca dell’empio uccisore del Commendatore. Ma Donna Elvira esorta la nobile coppia a diffidare del cavaliere, che accusa la donna di pazzia. Ma Anna ha riconosciuto in Don Giovanni l’assassino di suo padre, e spinge Ottavio a far giustizia. Intanto Leporello ha organizzato una festa a palazzo, dove Don Giovanni si prepara ad altre conquiste. Leporello scorge tre persone in maschera e li invita alla festa: si tratta in realtà di Donna Elvira, Donna Anna e Don Ottavio, accorsi per sorprendere il reprobo. Il cavaliere balla con Zerlina e cerca di trarla in disparte per approfittarne. Zerlina però urla e tutti si precipitano in suo soccorso. Don Giovanni cerca allora di scaricare la colpa su Leporello, ma le tre maschere lo accusano di tutti i suoi delitti; il dissoluto riesce tuttavia a fuggire.

Atto II

È sera, in una strada vicino a casa di Donna Elvira, Leporello cerca di prendere le distanze dal padrone accusandolo d’empietà; Don Giovanni si scambia con lui gli abiti, per far la corte alla cameriera di Donna Elvira. Ma Elvira s’affaccia al balcone e cade nel tranello, pensando che Don Giovanni si sia ravveduto. S’allontana allora con Leporello travestito, mentre Don Giovanni sotto la finestra fa la serenata al suo nuovo oggetto di desiderio. Sopraggiunge però Masetto che gli dà la caccia per trucidarlo. Non riconosce Don Giovanni travestito, che lo inganna, lo picchia e fugge.

Frattanto, Donna Anna, Don Ottavio, Zerlina e Masetto vorrebbero giustiziare Leporello, credendolo Don Giovanni. Allora Leporello svela la propria identità e riesce a dileguarsi. Don Ottavio vuole consegnare Don Giovanni alla giustizia, e prega gli amici di prendersi cura della sua fidanzata. Elvira rimane sola ed esprime l’amarezza e la confusione del suo animo, fra amore e desiderio di vendetta.

È ormai notte fonda, e Don Giovanni s’è rifugiato nel cimitero, dove si trova la statua del Commendatore. Irridendolo, lo invita a cena e con suo stupore, la statua accetta. Più tardi, a palazzo, Don Giovanni sta cenando, intrattenuto da un’orchestrina. Irrompe Donna Elvira, e tenta d’ottenere il pentimento di Don Giovanni, ma viene solo derisa. Inaspettatamente, alla porta del palazzo, il Commendatore invita Don Giovanni a cena, e chiede la sua mano in pegno; senza lasciarsi intimorire, il cavaliere gliela porge impavido. La stretta è fatale: pur prigioniero di quella mano gelida, Don Giovanni rifiuta di pentirsi e sprofonda quindi in un abisso di fiamme infernali. Agli altri personaggi non resta che cantare la morale del dramma.

Immagino il nostro Don Giovanni come una fosca fiaba notturna.

Con la paurosa leggerezza di una storia di ammazzamenti e fantasmi, raccontata in una cupa notte di luna. Fiaba ambientata in un fragile teatrino. Ma non completo, piuttosto ciò che ne resta, le rovine di un teatrino settecento o forse barocco. Lo scheletro di un boccascena, con ancora attaccati  i lembi di un sipario stracciato e svolazzante. Come grandi tende di una finestra spalancata di colpo dal vento, perché inizia un temporale estivo.

Ecco, immagino un Don Giovanni proprio come un temporale estivo. Improvviso, inatteso, eccessivo. Che arriva rapido, sconvolge e scompare in fretta, lasciando addosso un brivido.  Come una passione, un innamoramento che sconvolge e lascia poi svuotati.

E immagino un mare, la presenza del mare, in qualche modo.

Forse un fondale che ondeggia dietro al teatrino e che vive di una sua cupa, profonda luminosità bluastra. Un mare sipario e un sudario, testimone della eterna vicenda tra il cielo e la terra.

Immagino ombre, che si inseguono, si ingrandiscono e si deformano sul sipario, al lume di candelabri tenuti da servitori smarriti. Un carosello di ombre di corpi, uomini e donne, che si abbracciano in amplessi o si contorcono come fossero divorati dalle fiamme.

E così immagino il nostro Don Giovanni come il protagonista di un gioco spiccatamente, dichiaratamente, ostentatamente teatrale. Giovane affascinante antieroe, tutto preso da questo gioco scenico fatto di nulla, in cui il travestimento, la rappresentazione di se stessi come vittime o come persecutori, come seduttori o sedotti, sia impudicamente ostentata. Persino infantile, a volte, nella sua semplicità. E in cui la relazione con il compagno di giochi Leporello riprenda ritmi, dinamiche e schemi corporei che affondano le loro radici nella vivace tradizione dei comici dell’Arte.

Stefano de Luca

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