2006 Falstaff
2006 Falstaff
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2006 Falstaff

2006 Falstaff

PocketOpera – I edizione

Commedia lirica in tre atti. Musica di Giuseppe Verdi.
Libretto di Arrigo Boito The merry Wives of Windsor e dal dramma The History of Henry the Fourth di Shakespeare
Elaborazione musicale di Carlo Ballarini
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 9 febbraio 1893

Falstaff Paolo Drigo
Ford Mauro Bonfanti
Fenton Cristiano Cremonini
Alice Beatrice Greggio
Nannetta Eleonora Cilli
Quickly Simona Forni
Meg Giorgia Bertagni
Bardolfo Fabio Buonocore
Pistola Andrea Mastroni
Caius Fernando Opa

Direttore
Alfonso Caiani

Regia
Serena Sinigaglia

Scene Maria Spazzi
Costumi Carla Galleri
Light designer Andrea Giretti

Orchestra Gruppo strumentale de I Pomeriggi Musicali di Milano

Produzione AsLiCo
Nuovo allestimento

ATTO PRIMO

Parte prima

All’interno dell’osteria della Giarrettiera il dottor Cajus si scaglia contro Falstaff e i suoi servitori, Bardolfo e Pistola: con trucchi di bassa lega lo hanno fatto bere e lo hanno derubato. Ma le sue lamentele non servono a nulla, poiché Falstaff è troppo intento a contribuire al benessere del propria borsa e del proprio pancione. Per questo motivo egli finge amore nei confronti di due ricche signore di Windsor, Alice Ford e Meg Page. Ha già preparato due lettere d’amore, in tutto e per tutto uguali salvo che nel nome della destinataria, ma quando ordina ai due servi di recapitarle essi rifiutano, in nome dell’onore. Falstaff spiega a loro in un monologo la sua concezione dell’onore, al termine del quale li licenzia in tronco. A recapitare le missive basterà un paggio.

Parte seconda

Nel giardino davanti alla casa di Ford s’incontrano Alice, padrona di casa, e la figlia Nannetta con Meg, moglie di Page, in compagnia di Quickly, una signora più attempata delle altre ma altrettanto allegra e spiritosa. Dalle chiacchiere si passa alla lettura di due lettere amorose, che Falstaff ha inviato ad Alice e Meg, constatando che differiscono solo nei nomi delle destinatarie. Mentre le donne s’allontanano indignate, meditando vendetta per l’offesa ricevuta, fanno il loro ingresso il dottor Cajus e Fenton (il primo pretendente ufficiale alla mano di Nannetta, il secondo amante corrisposto della ragazza). Entrano inoltre Bardolfo e Pistola che intendono vendicarsi del licenziamento svelando a Ford le intenzioni di Falstaff: sedurgli la moglie e spillargli quattrini. Le donne tornano sullo sfondo, ma i due gruppi si evitano deliberatamente; da essi si staccano Fenton e Nannetta per scambiarsi trepide effusioni. I due rimangono soli per pochi istanti, ma la breve parentesi lirica viene interrotta dal rientro di Alice che espone alle altre il suo piano: Quickly, in veste di ruffiana, inviterà Falstaff a un incontro galante con lei per attirarlo in una trappola. A sua volta Ford si presenterà sotto mentite spoglie a Falstaff per poterlo gabbare.

Atto secondo

Parte prima

All’interno dell’osteria della Giarrettiera Bardolfo e Pistola tornano a rendere omaggio a Falstaff, ostentando un sincero pentimento. Il loro scopo è quello di fare incontrare Ford a Falstaff senza destare sospetti. In quel momento entra Mrs. Quickly con un messaggio per Falstaff di Alice, che si dichiara disposta a incontrarlo nel pomeriggio stesso «dalle due alle tre» quando il marito sarà fuori casa. Avverte però di fare molta attenzione, perché il geloso consorte ha disposto una stretta sorveglianza intorno a lei. Rimasto solo Falstaff inneggia alle sue doti di seduttore, ma presto gli viene annunciata la visita di un certo signor Fontana, un gentiluomo ricco e generoso. Si tratta in realtà di Ford, che espone il suo caso al grasso interlocutore: desidera possedere Alice che, fedelissima, si rifiuta. Ma se, da vero «uomo di mondo», Falstaff riuscisse a conquistare i favori della bella signora, allora la strada sarebbe spalancata anche per lui. Perciò gli offre un sacco pieno di monete, di cui potrà disporre a suo piacimento. Dapprima perplesso, Falstaff abbocca, confida a Ford di aver già ottenuto un appuntamento, poi s’allontana per farsi bello. Allora Ford cade in preda a una furiosa crisi di gelosia, interrotta dal rientro di Falstaff, imbellettato. Entrambi escono verso la stessa meta.

Parte seconda

Nella casa di Ford le comari organizzano la burla ai danni di Falstaff; tutte si danno da fare, a eccezione di Nannetta che, innamorata di Fenton, ha appreso che il padre intende concederla in sposa al dottor Cajus. La madre promette il suo appoggio, ma sta per giungere la vittima della beffa ed è tempo di prepararsi. Presentandosi galantemente, Falstaff narra all’amata di un tempo in cui era stato magro, ma viene subito interrotto dall’arrivo di Ford alla testa di un nutrito gruppo di uomini, che intende vendicare il suo onore ferito. Falstaff fa appena in tempo a celarsi dietro un paravento che il marito, adirato, irrompe in casa bloccando ogni uscita e dando inizio a una capillare perquisizione. Nessun nascondiglio viene tralasciato, neppure le ceste del bucato. Visti vani i loro sforzi, gli uomini passano ad altre stanze: le donne allora riescono a far entrare a fatica Falstaff nella cesta che è già stata esaminata. Il grassone mal si adatta all’angusto rifugio e all’odore dei panni sporchi, ma fa di necessità virtù. Intanto dietro al paravento ci vanno Nannetta e Fenton, pronti a cogliere anche quei pochi attimi di felicità. Ford rientra e il paravento, da cui provengono sospiri, attira la sua attenzione. Mentre tutti ribaltano il nascondiglio e scoprono la tresca dei ragazzi, Alice e le altre donne fanno rovesciare la cesta, carica del cavaliere e dei panni, nel fossato dietro la finestra. A questo punto per le comari è facile spiegare la burla agli uomini, e a tutti non resta che godere il risultato della loro arguzia.

Atto terzo

Parte prima

Fuori della taverna il povero Falstaff si sta rimettendo dal salto nel fossato e dall’acqua del Tamigi. L’umore è pessimo, ma quando l’oste gli porta un bicchiere di vino il cavaliere si riprende a poco a poco. Lo riscuote Quickly che riesce a convincerlo a raggiungere Alice sotto la quercia di Herne, travestito da cacciatore nero. La tradizione vuole che in quel luogo si diano appuntamento le fate e gli spiriti della foresta. Ancora una volta Falstaff cade nella trappola e si ritira nella taverna per prepararsi. Stavolta la burla, ordita da donne e uomini insieme, prevede che tutti gli abitanti di Windsor si travestano da spiriti, mentre Nannetta impersonerà la regina delle fate. Approfittando della situazione Ford rammenta al dottor Cajus il travestimento della figlia, onde questi possa riconoscerla alla fine della mascherata e offrirle il suo braccio. Ford stesso benedirà le nozze. Ma Quickly informa le altre della losca trama, affinché prendano le adeguate contromisure.

Parte seconda

Nel parco di Windsor. Fenton giunge per primo: intona un sonetto, e gli fa eco Nannetta che lo raggiunge. Ma irrompe Alice, che modifica i travestimenti per sventare i piani del marito. Allo scoccare della mezzanotte compare Falstaff, travestito da cacciatore nero e con due corna enormi sulla testa. Tenta più volte di abbracciare Alice, ma alcuni rumori lo mettono in guardia, subito dopo Meg, trafelata, annuncia l’inizio della tregenda. Le fate si muovono al suono della canzone di Nannetta, e al cavaliere non rimane che sdraiarsi per terra per non incrociare il loro sguardo, pena la morte. I paesani fanno scempio del suo corpaccione: punture, bastonate, frustate, insulti, coronati da un’ingiunzione a pentirsi. Ma Bardolfo, nella foga, perde il cappuccio: Falstaff lo riconosce, comprende l’inganno e riprende un po’ di coraggio, dopo aver ammesso le sue colpe. Nel frattempo le donne mettono il velo da sposa a Bardolfo, che viene raggiunto da Cajus e preso per mano, poi congiungono anche Fenton a Nannetta. Due coppie vengono presentate innanzi a Ford, che benedice entrambe. Ma quando cadono i veli il padre scopre con amarezza di aver unito la figlia al corteggiatore da egli osteggiato. L’apoteosi finale è amara per lui, come per Falstaff e per Cajus, mentre trionfano le donne e l’amore. Un coro, in guisa di licenza, suggella la scena.

Azione, Emozione e Pensiero

Falstaff è la tragicommedia della vita. Perché la vita nei suoi momenti più tragici sa essere comica e viceversa. Perché la vita è un paradosso. Perché a 80 anni, quanti ne aveva Verdi quando scrisse quest’opera, dei meccanismi assurdi della vita te ne intendi di certo.

Falstaff è Shakespeare, ed è di Shakespeare quel sublime modo di intendere il teatro, fatto di azione, emozione e pensiero, insieme, nel qui e ora della rappresentazione. Ed è un libretto perfetto, un libretto del quale il nostro bardo avrebbe di certo gioito, regalando un plauso più che meritato a Boito.

Falstaff basta ascoltarlo e lasciarlo fare: è tutto già scritto, ha tutto lì, che freme dentro la musica.

Falstaff è meravigliosamente e incredibilmente un’opera corale dove il protagonista è il perno di una vera e propria kermesse di personaggi, tutti importanti, tutti dettagliati, tutti necessari alla storia e alla personalità stessa del protagonista. Come nella vita di ognuno di noi: noi siamo i protagonisti, ma quanto di noi si definisce sulla base dello sguardo degli altri? Quanto di noi è tale per via degli altri?

E allora eccoli i nove protagonisti, in rapida sequenza, cominciando dalle allegre comari di Windsor: Alice, la regista, Quickly, l’attrice, Meg, l’amica complice, Nannetta, la ragazzina ribelle che vuole l’amore non la ‘posizione’.

E poi gli uomini, i compagni di bevuta di Falstaff e i signori che ruotano attorno alle comari: Pistola, il ladro galantuomo, Bardolfo, il beone, il Dott. Cajus, il vecchio ricco e bavoso, Ford, il marito geloso, Fenton, il ragazzo che vuole l’amore non la ‘posizione’.

E ultimo ma non ultimo: Falstaff.

Di lui si può parlare per ore. Falstaff è un mascalzone, Falstaff forse è un immorale, Falstaff è un vecchio grassone che mangia e beve a sbafo, è un fannullone. Eppure è umano. E quando gli altri si accaniscono su di lui, quando tutti gli danno addosso, ti pare di provare un po’ di pietà e perfino di riconoscerti nella sua sconfitta, perchè ha il sapore di quando provi a vivere la vita intensamente, costi quel che costi.

Falstaff è Verdi che decide di chiudere la sua carriera con un’opera ‘breve’, senza recitativi e praticamente senza arie (ce ne sono due in tutta l’opera: quella di Ford, sulla gelosia, e quella di Fenton, sull’amore). È dunque un’opera essenziale, senza alcun fronzolo. È una sintesi perfetta che non ha un orpello, non ha un dettaglio fuori posto. È semplice e necessaria, è davvero l’ultima pennellata di un grande genio. Ogni nota racconta un’azione, ogni nota ha un suo senso chiaro, leggibile e profondo, ogni nota serve, non descrive, non mostra, semplicemente è. Per me, che amo raccontare storie senza commentarle, che amo l’arte che vive e non quella che descrive, che amo l’azione e la relazione tra i personaggi e non le grandi scenografie e i grandi effetti, per me Falstaff è il massimo. Sarà per questo che mi trovo ora a riallestirla per la quarta volta, felice di scoprirne ancora la bellezza, felice di constatare che riesce a non annoiarmi mai come solo un’opera viva può fare.

Ai cantanti ho chiesto molto. Ho chiesto di recitare con passione e partecipazione.

A scenografa e costumista ho chiesto di aiutarmi a giocare al gioco del teatro come si fa nei teatri shakespeariani, teatri che evocano, teatri dove alle grandi scenografie si sostituiscono le azioni e i corpi dei personaggi. Con Giovanna Avanzi, la costumista, abbiamo deciso di fare riferimento alla moda di fine 800 e primo ‘900, ovvero agli anni in cui Verdi scrisse l’opera. Questo perché‚ ci sembrava un periodo più adatto di quello elisabettiano per ambientare l’opera. Con Maria Spazzi, la scenografa, abbiamo lavorato sulla moltiplicazione di un segno: la botte dove si conserva il vino. Così, liberate dalla possibile gabbia naturalista che non è di nostro gusto e non appartiene alla nostra poetica, abbiamo giocato a descrivere l’osteria come se fosse tutta fatta di botti: la botte porta, la botte armadio, la botte trono e così via. L’atto del ‘paravento’ l’abbiamo immaginato ambientato nella lavanderia di casa Ford e abbiamo riempito la scena di lenzuola stese ad asciugare.

E con questi semplici elementi abbiamo giocato a raccontare il resto della storia.

Serena Sinigaglia

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