2017 Die zauberflöte
2017 Die zauberflöte
2017 Die zauberflöte
2017 Die zauberflöte
2017 Die zauberflöte

2017 Die zauberflöte

Singspiel in due atti KV 620. Libretto di Emanuel Schikaneder.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart.
Prima rappresentazione: Vienna, Theater auf der Wieden, 30 settembre 1791

Sarastro Abramo Rosalen
Tamino Klodjan Kaçani

Königin der Nacht Maria Sardaryan
Pamina Enkeleda Kamani
Erste Dame Mariasole Mainini
Zweite Dame Francesca Pierpaoli
Dritte Dame Alessandra Andreetti
Erster Knabe Emma Gori, Francesca Calori
Zweiter Knabe Chiara Pasquale, Ginevra Costantini Negri
Dritter Knabe Lavinia Svae, Veronica Maio
Papageno Daniele Terenzi
Papagena Raffaella Palumbo
Monostatos Marcello Nardis
Sprecher/Zweiter Geharnischter /Erster Priester Eugenio Di Lieto
Erster Geharnischter/Zweiter Priester Marco Miglietta

Direttore
Federico Maria Sardelli

Regia
Cécile Roussat e Julien Lubek ripresa da Giorgia Guerra

Scene Elodie Monet con Cécile Roussat e Julien Lubek
Costumi Sylvie Skinazi
Lighting design Clément Bonnin ripensato da Julien Lubek

Maestro del coro Diego Maccagnola

Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Solisti del Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala

Maestro del coro di voci bianche Marco De Gaspari

Coproduzione Teatri di OperaLombardia

Allestimento Opéra Royale de Wallonie-Liège

 

 

Atto I
In un antico Egitto immaginario, il principe Tamino, disarmato, è inseguito da un serpente; sfinito e quasi sopraffatto, cade svenuto. Dal tempio escono tre dame velate che uccidono il serpente e, dopo aver ammirato la bellezza del giovane principe, si allontanano per informare della sua presenza Astrifiammante, Regina della notte. Tamino, ripresi i sensi, crede di dovere la propria salvezza a Papageno, un uccellatore vagabondo vestito di piume, che canta accompagnandosi con un piccolo flauto di Pan. Papageno conferma le supposizioni di Tamino, ma è subito smascherato e punito per la sua menzogna dalle tre dame, che gli chiudono la bocca con un lucchetto d’oro; poi le fanciulle mostrano al principe il ritratto di Pamina, figlia della Regina della notte: il giovane se ne innamora all’istante. Appare nel cielo Astrifiammante, spiegando a Tamino che la figlia le è stata rapita dal malvagio Sarastro e gli chiede di liberarla, promettendogliela in sposa. Le dame donano al giovane un flauto d’oro dai poteri magici; liberato Papageno dal lucchetto, consegnano anche a lui in dono un carillon fatato e gli ingiungono di accompagnare Pamino nell’impresa. In una sala nel palazzo di Sarastro, Pamina ha tentato di fuggire per sottrarsi alle insidie del moro Monostatos. Sopraggiunge Papageno, e Monostatos, spaventato dal suo strano aspetto, fugge. Papageno rivela alla fanciulla di essere stato inviato dalla Regina della notte, insieme con un giovane principe che l’ama, per liberarla. In un boschetto, guidato da tre fanciulli, Tamino giunge dinanzi a tre templi: mentre l’accesso a quelli della Ragione e della Natura gli viene impedito, la porta del tempio della Sapienza arcanamente si apre. Sarastro non è un essere malvagio: Pamina è stata sottratta all’influenza materna per superiori, giusti motivi. Rivolgendo il suo pensiero a Pamina, Tamino suona il suo flauto e suona: sbucano fuori animali selvaggi d’ogni specie per ascoltarlo con gioia. Il carillon magico di Papageno costringe Monostatos e alcuni servi a danzare e marciare come automi. Compare Sarastro con il suo seguito: la giovane gli chiede perdono per la fuga, spiegandone i motivi; Sarastro glielo concede di buon grado, ma rifiuta di lasciarla tornare presso la madre. Tamino viene trascinato da Monostatos davanti a Sarastro: il principe e Pamina si riconoscono al primo sguardo e si gettano l’uno nelle braccia dell’altra. Sarastro inopinatamente ordina che Monostatos venga punito per avere insidiato la fanciulla e fa condurre Tamino e Papageno al tempio dell’iniziazione. Il coro inneggia alla divina saggezza di Sarastro.

Atto II
Bosco di palme. Sarastro chiede ai sacerdoti degli iniziati di accogliere Tamino nel tempio, dove verrà sottoposto alle prove che gli consentiranno di appartenere alla schiera degli eletti e di sposare Pamina. Tamino viene sottoposto alla prima prova: mantenere il silenzio qualunque cosa accada. Con lui è anche Papageno, convinto solo dalla velata promessa di ottenere una compagna. I tentativi delle tre dame, inviate dalla Regina della notte per costringerli a parlare, sono tuttavia respinti e alla prima prova superata Monostatos si avvicina furtivamente a Pamina addormentata: vorrebbe baciarla, ma è cacciato da Astrifiammante che, porgendo un pugnale alla figlia, le ordina di vendicarla uccidendo Sarastro. Monostatos, non visto, ha ascoltato tutto e minaccia di rivelare l’intrigo se Pamina non l’amerà. Sopraggiunge Sarastro: dopo aver scacciato Monostatos, si rivolge paternamente a Pamina e le spiega che solo l’amore, non la vendetta, conduce alla felicità. Sala nel tempio. Tamino e Papageno vengono invitati dai sacerdoti a rimanere ancora in silenzio. Papageno però inizia a conversare con una vecchia che scompare, non appena egli le domanda quale sia il suo nome. Ricompaiono i tre fanciulli, che recano una tavola imbandita alla quale i due giovani potranno rifocillarsi prima di continuare la prova. Mentre Papageno è felice di mangiare e bere, Tamino, triste, suona il suo flauto. Sopraggiunge Pamina: alla sua gioia di rivedere l’amato, Tamino non può rispondere, e tace. Disperata, Pamina crede di non essere più amata e desidera la morte. Antro delle piramidi. Sarastro esorta i due innamorati a pazientare, giacché altre prove li attendono. Al suono del suo carillon, Papageno medita sulla sua solitudine. Riappare la vecchia, che si rivela essere una bella e giovane Papagena, scomparendo però non appena egli cerca di abbracciarla. Un giardino. Pamina, credendosi abbandonata da Tamino, tenta di uccidersi, ma è salvata dai tre fanciulli, che la rassicurano sui sentimenti dell’amato. Paesaggio montuoso. Accompagnato da Pamina, Tamino supera le prove dell’acqua e del fuoco, al suono del flauto magico. Nel giardino, Papageno si dispera perché Papagena è scomparsa. Ma al suono del carillon magico, la fanciulla riappare e lo abbraccia, già progettando insieme una stirpe di Papageni. Monostatos, la Regina della notte e le tre dame tentano minacciosamente di avvicinarsi al tempio per uccidere Sarastro e i suoi accoliti, ma vengono inghiottiti da un terremoto. Subito tutta la scena viene avvolta dalla luce del sole. Sarastro e i sacerdoti celebrano la vittoria della luce sulle tenebre, mentre Tamino e Pamina vengono accolti nel regno della bellezza e della saggezza.

GUIDA ALL’ASCOLTO

di Cecilia Malatesta

Nel 1975 Ingmar Bergman gira la sua Zauberflöte, un film-opera che sarebbe divenuto il caposaldo di un genere da sempre problematico per i suoi corto-circuiti di finzione, veridicità e intermedialità, trasportando il teatro d’opera sullo schermo. Risolvendo il problema alla base e optando per un’aperta dichiarazione dei giochi, Bergman apre il film muovendo la macchina da presa sui volti del pubblico in sala, mentre risuonano le note dell’Ouverture: il montaggio serrato tra i primi e primissimi piani innesca un inevitabile processo di straniamento nei confronti della finzione, rendendoci coscienti della presenza del nostro sguardo esterno.

Non c’è forse rappresentazione più riuscita di quella bergmaniana, della disposizione di chi si accosta per la prima volta all’ascolto del capolavoro mozartiano, in un continuo dentro e fuori dal processo di immedesimazione e di sospensione dell’incredulità. 

Die Zauberflöte arriva dopo la trilogia dapontiana come un fulmine a ciel sereno; abbandona il grande affresco umano del mondo borghese per tuffarsi in un mondo distante, fantastico e favolistico: il drago sconfitto, la Regina Astrifiammante, gli uccelli e gli animali addomesticati, le prove di Tamino sono parte di un mondo di fiaba, non esente da aspetti farseschi, che incanta e seduce; ma a questo solo può ricondursi Die Zauberflöte? A una bella favola? Vi è poi un ingombrante sistema di simboli e una spiazzante ambientazione egizia, come da didascalia: la ben nota chiave di lettura massonica che fa suoi i riferimenti simbolici, il processo di iniziazione, il cammino verso la bontà e il regno illuminato, può bastare, d’altro canto, a colmare la distanza che l’opera, con i suoi molteplici livelli, impone all’ascoltatore? O forse il cammino di Tamino con la realizzazione della vicenda d’amore, la consapevolezza della natura umana e l’acquisizione di un ruolo nella società sono da collocare in una più ampia prospettiva illuminista che con la massoneria ha a che fare solo tangenzialmente? I piani si sovrappongono in modo inestricabile e nessuno di questi sembra bastare alla piena comprensione di un capolavoro che vorremmo poter padroneggiare poiché sentiamo emotivamente vicino.

Inutile cercare soluzioni univoche; la forza stessa dell’opera risiede proprio nella pluralità delle sue letture, nell’ambiguità di uno libretto sgangherato che la musica non tenta di risolvere ma carica di ulteriori e alternativi piani di lettura. Sgangherato, in verità, se lo rapportiamo alle finezze dei lavori di Da Ponte e cerchiamo di farlo rientrare nei canoni della letteratura per melodramma, inseguendo un’unità drammatica che al libretto di Schikaneder è del tutto estranea e che sarebbe fuorviante pretendere. La Zauberflöte non è infatti un’opera italiana, ma fa riferimento al teatro popolare della Zauberoper, teatro fantastico di origine barocca i cui ingredienti sono una mistura di tragico e di comico, di bonaria trivialità, di elementi fiabeschi e allegorici, di grandi scenografie, macchine e travestimenti, di colpi di scena, di musica non raffinata, ma d’intrattenimento. 

L’opera va in scena il 30 settembre 1791 a Vienna presso il Theater auf der Wieden, un teatro di periferia gestito da Emanuel Schikaneder, attore e impresario di teatro popolare, nonché primo interprete del personaggio di Papageno, oltre che librettista dell’opera. Schikaneder aveva una solida carriera alle spalle maturata sulle maggiori piazze teatrali con la sua compagnia itinerante; Mozart ne conosceva le potenzialità e padroneggiava come nessuno la scrittura musicale per il teatro: Die Zauberflöte nacque non per risollevare due situazioni economiche disastrose, come si è detto in passato, ma come un grandioso e visionario progetto condiviso in cui sperimentare nuovi orizzonti che certo diedero i propri frutti. L’intreccio di reale e fantastico, oscuro simbolismo e prove da superare, sorpresa e stravolgimento, altro non saranno che gli ingredienti della nascente opera romantica tedesca che affonderà le sue radici nella fiaba popolare e a cui Mozart e Schikaneder avevano sovrascritto la tematica morale come espediente di elevazione.

Dal punto di vista musicale Mozart opta per un trattamento del tutto diverso rispetto a quello utilizzato nelle opere dapontiane; in parte, questo lo impone la stessa struttura del Singspiel fatto di una netta ma ben calibrata alternanza tra sezioni recitate e brani chiusi. Nel Singspiel non c’è posto per quei brevi motivi orchestrali, cangianti e pervasivi che si adattavano, trasformandosi, alle peripezie, ai travestimenti, e agli espedienti del mondo borghese, plasmando finemente la psicologia dei personaggi.

Die Zauberflöte mantiene per tutto il suo svolgimento lunghi momenti ieratici e contemplativi che scandiscono una successione degli eventi a tratti confusionaria e non sempre lineare. I suoi personaggi, che sono personaggi di sogno, non evolvono psicologicamente, ma sono chiaramente caratterizzati. Con il suo ultimo capolavoro operistico, Mozart sembra allora, a un primo sguardo, fare un passo indietro, tornando a ingabbiarsi in quelle forme chiuse che erano state così efficacemente superate nelle opere precedenti e cui obbliga il genere popolare del Singspiel; ma è proprio all’interno di queste convenzioni che affiorano tutta la finezza e il vero senso di unità dell’opera, grazie alla straordinaria sintassi musicale capace di costruire una drammaturgia parallela.   

Il rovesciamento di prospettive che avviene alla fine dell’Atto I – quando si scopre che Sarastro non è il perfido tiranno ma illuminato Sacerdote dell’ordine superiore, e la Regina Astrifiammante non madre addolorata, ma subdola ricattatrice – è un coup de théâtre che la musica ci aveva già in qualche modo predetto. Nulla, infatti, nella prima comparsa della Regina della Notte (l’aria O zittre nicht) ci aveva convinto dell’onestà del suo personaggio: nello stile dell’opera seria settecentesca, i gorgheggi che si spiegano in vocalizzi acuti, taglienti e gelidi non tradiscono alcun reale affetto materno, costruendo una perfetta simmetria con Der Hölle Rache, la seconda celeberrima aria che rivela il malvagio piano. Alla freddezza timbrica della Regina si contrappone il mondo del Sole di Sarastro e la dimensione di una sacralità salvifica che si affaccia nel Finale primo, per divenire poi un aspetto pervasivo dell’atto successivo. La voce di basso del Sacerdote, che va a sfiorare note tra le regioni più gravi del registro, rivela tutta la propria luminosità d’animo nell’inno O Isis und Osiris, invocando la benedizione per la nuova coppia, con un andamento musicale che non ha nulla di sinistro e severo ma è puro affetto e calma interiore. 

Agli antipodi della saggezza e della misura di Sarastro è Papageno, l’uccellatore al servizio della Regina della Notte che sarebbe ben felice di rimanere estraneo a tutta la vicenda, occupandosi non d’altro che non di soddisfare i propri bisogni materiali. Ci pensano le tre strofette con cui entra in scena a chiarirne le intenzioni: in stile da commedia popolare, la melodia ciclica che lo caratterizza fa perno sull’intervento del flauto di Pan ribadendo la condizione di un ingenuo quanto autentico stato umano ‘pre-coscienza morale’ che è tutto fuorché sterile macchietta.

I due innamorati, invece, coloro che debbono compiere il cammino verso sapienza, ragione e virtù, sono, inevitabilmente, gli unici personaggi ad evolvere nel corso dell’opera, nutrendosi di paure, sconforto, ardore, gioia e vivendo di contraddizioni, per quanto lontani dalla veridicità umana. Se l’aria di Pamina Ach, ich fühl’s nell’Atto II, disperata di fronte a un Tamino che non le può rispondere perché così imposto dalla prova del Silenzio, è uno dei momenti più struggenti di amore non corrisposto, l’Aria del Ritratto che presenta Tamino rivela subito la sua condizione quasi sovrumana di prescelto. Il canto che vede crescere uno sconosciuto sentimento d’amore, vero innesco dell’azione, potrebbe apparire come l’aria tripartita tipica dell’opera italiana, ma rivela la sua natura quasi di recitativo arioso che tradisce la dimensione fiabesca del personaggio. Tamino, che si configurerebbe di primo acchito come il tenore eroe innamorato, rimane un personaggio di sogno, un eroe ‘etico’ che non potrebbe mai abitare il mondo borghese dell’opera italiana di Mozart e Da Ponte.

Si può intuire come l’orchestrazione rivesta un ruolo importante nel delineare le diverse polarità della Zauberflöte: al mondo del magico e del popolare afferiscono il flauto di Pan o il suono irreale del glockenspiel; trombe con sordina, corni, violoncelli e i massonici corni di bassetto dipingono le atmosfere mistiche e salvifiche degli interventi sacri, come nella Marcia dei Sacerdoti in apertura all’Atto II. L’orchestra classica al completo di cui Mozart dispone è articolata in sezioni organizzate con estrema delicatezza e misura, evitando sempre il suono pieno e guadagnando dall’impasto di archi, legni e ottoni una materia fluida e trasparente, ‘aerea’ e luminosa.

Altrettanto leggero e luminoso è il contrappunto che anima l’Ouverture dell’opera; non è fuori luogo accennarne alla fine, del resto non è un caso che Mozart l’abbia scritta due giorni prima del debutto, a opera terminata, come sguardo finale e allo stesso tempo come introduzione al suo lavoro. In essa tornano tutti i piani di lettura dell’opera e, a questo punto, non c’è da meravigliarsi che al brano interamente strumentale Mozart affidi il compito di spiegarli; ai tre accordi che aprono l’instabile e tonalmente indefinito Adagio – gli stessi che, con carattere massonico, nel corso dell’opera annunceranno il regno di Sarastro – segue un vorticoso quanto leggero Allegro che scaturisce da una cellula bizzarra e capricciosa esposta in un cerebrale stile di fugato.

Magia incantatoria della fiaba, potenza dell’intelletto umano e aspirazione a una dimensione di giustizia, felicità e amore che, allora come oggi, si rivela il vero fine di ogni uomo.

IL FLAUTO DA FAVOLA

di Julien Lubek e Cécile Roussat

La corrispondenza di Mozart, inviata alla moglie durante la genesi e le prime rappresentazioni dell’opera, illumina e ci conduce per mano dentro quel grande capolavoro che è Die Zauberflöte (Il flauto magico). Tenerezza, dolore, paura, solitudine, gioia, bellezza, nostalgia, luce, conforto, tutto questo e molto altro emerge dalle lettere, scritte durante quel periodo, e riferite al Flauto.

Vienna, 7 luglio 1791

[…] Adesso non vorrei altro che i miei affari fossero già a posto, solo per essere di nuovo con te; non puoi immaginare quanto tutto questo tempo mi sia sembrato lungo lontano da te. Non sono in grado di spiegarti la mia sensazione, è un certo vuoto – che mi fa davvero male – una certa nostalgia, che non viene mai soddisfatta e che perciò non cessa mai, che continua sempre, anzi cresce di giorno in giorno. Quando penso quanto eravamo allegri e puerili insieme a Baden, e che ore tristi e noiose trascorro qui, neppure il mio lavoro mi dà gioia, poiché ero abituato a interrompermi di tanto in tanto e scambiare un paio di parole con te, e purtroppo questo piacere è ora impossibile. Se mi metto al pianoforte e canto qualcosa dell’opera, devo interrompermi subito. Mi emoziono troppo. Basta! […]

Vienna, 14 ottobre 1791

[…] Hanno detto che è un’opera degna di essere rappresentata nelle più grandi festività davanti ai più grandi monarchi, e che l’avrebbero certamente rivista spesso, perché non hanno ancora mai visto uno spettacolo più bello e piacevole. [Salieri] ha ascoltato e guardato con molta attenzione, e dalla sinfonia fino all’ultimo coro non c’è stato un brano che non gli abbia strappato un bravo o un bello e non riusciva più a smettere di ringraziarmi per questa cortesia […]

Die Zauberflöte è un messaggio universale dalla doppia lettura: la favola di un principe che salva l’amata e, allo stesso tempo, un percorso verso la saggezza. L’opera di Mozart è firmata dei registi Julien Lubek e Cécile Roussat, che proprio con questo titolo, nel 2010, a Liegi, hanno avviato il loro percorso nella musica operistica.

«L’idea di partenza» – ha spiegato Lubek – «è che Tamino viva l’avventura del Flauto magico come un sogno, in cui realizza quale dovrà essere il suo percorso di crescita. Le vicende, i personaggi, gli amici e i nemici del giovane principe nascono nel suo mondo, dalla camera da letto alla libreria, dai quadri alla sveglia sul suo comodino.»

Il risultato è un racconto fiabesco, ricco di colori, di poesia, a tratti divertente ma anche sacrale, come d’altronde il percorso musicale dell’opera creata da Mozart. Sul palco si alternano ai cantanti mimi e acrobati, che non danno semplice sfoggio delle loro abilità, ma sottolineano con le loro evoluzioni la difficoltà del percorso del giovane protagonista. Una messa in scena che punta maggiormente sull’aspetto favolistico della storia, senza tralasciare le implicazioni e i molti richiami alla massoneria che il Genio di Salisburgo inserì nella partitura.

«Più che un’opera massonica, Die Zauberflöte è per noi» – dicono Julien Lubek e Cécile Roussat – «una parabola del cammino che porta dall’infanzia all’età adulta. È questa, a nostro avviso, la spiegazione del successo immediato, universale e duraturo di questo capolavoro. Certo, Mozart e Schikaneder hanno costruito musica e libretto attorno a simboli massoni: la trinità, la contrapposizione dell’ombra e della luce, le prove iniziatiche, o, ancora, l’onnipresenza dei quattro elementi. Ma, sullo sfondo, c’è di più: emerge indiscutibilmente la filosofia degli illuministi adottata dagli affiliati alla massoneria verso la fine del XVIII secolo, periodo così profondo e rivoluzionario. Sarastro e i suoi sacerdoti, modelli e tutori del futuro sovrano Tamino, hanno molti tratti in comune con i despoti illuminati e le loro corti nell’Europa del Settecento. Il ruolo affidato alle donne, oltretutto, nella società ideale tratteggiata nell’opera attraverso il libretto, è del pari innovativo: nonostante qualche battuta di Sarastro possa apparire misogina al giorno d’oggi, il percorso iniziatico di Pamina, al fianco di Tamino, testimonia una certa audacia politica e filosofica da parte dei suoi autori. Dunque è attraverso il mondo della fiaba che ci avviciniamo alla Zauberflöte – di fatto fu proprio un racconto fantastico di Wieland ad ispirare Schikaneder – ed è questo approccio, secondo noi, che aiuta a comprendere il messaggio universale dell’opera. Così come i racconti popolari si rivolgono ai fanciulli con una falsa ingenuità, così quest’opera ricorre a immagini incantate, effetti magici e personaggi fatati per parlare della conoscenza e della scoperta di se stessi. Per Tamino, il passaggio dal mondo dell’apparenza a quello della Ragione e della Saggezza corrisponde all’abbandono delle illusioni dell’infanzia; stesso percorso per Papageno che apprende (più o meno!) a controllare il suo bisogno di saziarsi sempre e ovunque; per quanto riguarda Pamina, infine, il suo percorso la porterà ad affrancarsi dal suo legame con l’onnipotente figura materna. Questi percorsi iniziatici porteranno ciascuno a sviluppare e trovare, senza allontanarsi dalla loro natura, quella libertà ‘naturale’, propria di ogni uomo e donna, rispettando vincoli e responsabilità. Più di un secolo prima della scoperta della psicoanalisi, l’iniziazione dei tre giovani è caricata di simboli che evocano fortemente una serie di conflitti inconsci. Il genio di Mozart, e quello del suo librettista, trasfigurano questa ricerca dell’età adulta distillandola attraverso l’immaginario soprannaturale e meraviglioso delle vicende, dei personaggi e delle loro melodie. In conclusione, non dimentichiamo l’essenziale: Mozart e Schikaneder non hanno scritto né un trattato di filosofia politica, né un manuale di psicologia spiccia. Die Zauberflöte è un’opera teatrale, sensibile e toccante, che ci porta dal riso alle lacrime, da un lato glorifica ed eleva l’anima nel suo aspetto mistico e divino, e dall’altro rivela, senza addolcirli, i più tremendi difetti del carattere umano. È una partitura che intesse in maniera esemplare musica ‘popolare’, semplice e orecchiabile, con i più folli vocalizzi, una linea che definisce il cammino di Tamino e Papageno nella ricerca di un equilibrio tra bellezza e umorismo, saggezza e sincerità, sotto il segno di un incantesimo.

Bon spectacle!

FEDERICO MARIA SARDELLI Direttore
Fonda nel 1984 l’orchestra barocca Modo Antiquo con cui svolge, sia in veste di solista che di direttore, attività concertistica in tutta Europa, ospite delle maggiori sale e festival, come il Concertgebouw di Amsterdam o il Théâtre des Champs-Elysées di Parigi. Direttore principale ospite dell’Orchestra Filarmonica di Torino, è regolarmente invitato da altre orchestre, come  quella del Gewandhaus di Lipsia, la Staatskapelle Halle, la Kammerakademie Potsdam, la Real Filharmonía de Galicia, il Maggio Musicale Fiorentino, l’Orchestra dell’Arena di Verona, l’Orchestra da Camera di Mantova, Pomeriggi Musicali. Incide regolarmente per le etichette Naïve e Deutsche Grammophon e vanta più di quaranta incisioni discografiche. La sua ricostruzione e prima incisione dei Concerti grossi op. VI di Corelli con strumenti a fiato è stata un evento nel panorama della musica antica. Nel febbraio del 1997 ha ricevuto a New York, per il suo disco vivaldiano Concerti per molti stromenti, la nomination ai Grammy Awards; nel 2000 ha ottenuto una seconda nomination per la sua ricostruzione dei Concerti grossi di Corelli. Le sue incisioni discografiche sono sostenute dalla Westdeutscher Rundfunk Köln (WDR). Protagonista della più recente rinascita del teatro musicale vivaldiano, a lui si devono le prime rappresentazioni, incisioni ed edizioni mondiali di numerosi titoli. È membro del comitato scientifico dell’Istituto Italiano ‘Antonio Vivaldi’ presso la Fondazione Cini di Venezia, per il quale ha pubblicato numerosi volumi. Nel luglio 2007 Peter Ryom lo ha incaricato di continuare la sua monumentale opera di catalogazione della musica di Antonio Vivaldi e da quel momento Federico Maria Sardelli è il responsabile del Vivaldi Werkverzeichnis (RV).

CÉCILE ROUSSAT e JULIEN LUBEK Registi e Scenografi
Si sono incontrati presso la scuola di mimo di Marcel Marceau per poi perfezionarsi al Centre national des arts du cirque. Hanno iniziato collaborando con importanti registi come Jérôme Deschamps e Macha Makeïeff, Michel Fau, Benjamin Lazar, definendo a partire dal 2004 una loro identità teatrale tramite spettacoli visivi, poetici e multidisciplinari. Nel 2008 hanno fondato Le Shlemil Théâtre, salutato da con successi internazionali come Les âmes nocturnes. Si dedicano anche all’insegnamento. Nell’ultimo decennio molti direttori d’orchestra hanno cercato la loro collaborazione (fra i tanti John Eliot Gardiner, Jean-Claude Malgoire, Vincent Dumestre, Ophélie Gaillard), per spettacoli come Carnaval baroqueMüsennâ, Les miroirs du levant, Le ballet des féesPierrot fâché avec la lune, andati in scena in prestigiose sale teatrali come l’Opéra-Comique, les Bouffes du Nord, la Cité de la musique, l’Opéra royal de Versailles, la Royal Albert Hall, il Teatro San Carlo di Napoli, il Festival Cervantino in Messico. Nel 2010 l’Opéra royal de Wallonie ha ospitato la loro prima produzione lirica, Die Zauberflöte, replicata subito a Liegi e a Sassari oltre che vincitrice del premio Gouden per la migliore produzione della stagione 2015/16. Nel 2014 hanno firmato scene e costumi di Dido and Æneas, diretto da Vincent Dumestre, all’Opéra di Rouen e poi all’Opéra de Versailles, al Teatro Regio di Torino e in altre sedi. Sempre nel 2014 hanno firmato La Cenerentola a Wallonie e poi alla Israeli Opera di Tel Aviv.

GIORGIA GUERRA Regista

Impresaria lirica iscritta al Ministero per i beni e le attività culturali. Nasce a Roma, si laurea in Lettere e Filosofia ampliando posteriormente i suoi studi in gestione culturale/artistica e regia lirica presso la Verona Opera Academy. Ha seguito anche corsi di canto e pianoforte. Ha partecipato in qualità di assistente alla regia in titoli come: Rigoletto, La traviata, Un ballo in maschera, Il trovatore, Il barbiere di Siviglia, La gazza ladra, Madama Butterfly, Tosca, Don Pasquale, Don Giovanni, Cavalleria rusticana, Lucia di Lammermoor, Nabucco, Otello, I puritani, Faust, La bohème; in teatri come: Flavio Vespasiano di Rieti, Persio Flacco di Volterra, Animosi di Carrara, La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Opera di Roma, Terme di Caracalla di Roma, Malibran di Venezia, Auditorio Adán Martín di Tenerife, Palacio de la Ópera di La Coruña, Pérez Galdós di Las Palmas de Gran Canaria, Palacio Euskalduna di Bilbao, Grande di Brescia. Come regista ha firmato le regie liriche di: Don Pasquale e Tosca nel Teatro Persio Flacco di Volterra, Scanderbeg di Vivaldi al Teatro dell’Opera di Tirana e The Fairy Queen e Don Quichotte presso l’Auditorio Adán Martín di Tenerife, il Trittico nel 60° Festival Pucciniano di Torre del Lago, Werther ancora a Tenerife e presso il Teatro Massimo di Palermo. Ha lavorato nel campo dell’organizzazione, della produzione e del coordinamento del Concorso lirico ‘Mattia Battistini’, nel progetto ‘Ballando per l’Europa’ e gestendo la stagione del teatro ragazzi dal 2008 al 2011 al Teatro Tullio Serafin di Roma. Nel settembre 2013 ha coordinato la produzione di Lucia di Lammermoor e nel 2014 La traviata. Attualmente è impegnata nell’ideazione di progetti quali L’Italiana in Algeri ed Ernani previsti nella stagione 2018/19.

DIEGO MACCAGNOLA Maestro del coro
Ha compiuto gli studi musicali presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Donizetti’ di Bergamo, dove ha conseguito il diploma di pianoforte con il massimo dei voti e il diploma accademico di secondo livello con lode. Si è esibito come solista e in formazioni da camera in importanti rassegne e festival italiani e stranieri e in sale da concerto quali il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Comunale di Ferrara, l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il Théâtre entre des Bords de Marne di Parigi, il Théâtre du Merlan di Marsiglia, il Théâtre de la Balsamine di Bruxelles, il Théâtre Pole Sud di Strasburgo e la Maple Hall di Osaka. Dedica particolare attenzione alla musica del Novecento, partecipando tra l’altro all’esecuzione dell’integrale dell’opera pianistica di György Ligeti nel 2003, 2006 e 2007 e di Luciano Berio nel 2013 presso il Museo del Novecento di Milano. Nel 2012, insieme a Lena Yokoyama (violino) e Alessandro Copia (violoncello), fonda il Trio Kanon, ensemble che sta riscuotendo lusinghieri successi in Italia e all’estero. Affianca ad un’intensa attività didattica e concertistica come pianista, quella di maestro di coro. Dal 1998 è cantore e assistente alla direzione nelle produzioni del Coro Costanzo Porta di Cremona, fondato da Antonio Greco e vincitore di numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali. Dal 2007 collabora con OperaLombardia come maestro del coro per diverse produzioni operistiche. È pianista accompagnatore presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Como e docente di pianoforte presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Donizetti’ di Bergamo.

MARCO DE GASPARI Maestro del coro di voci bianche
Dal 1998 è maestro collaboratore del coro del Teatro alla Scala di Milano e maestro del coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala. Nel 2015 è stato maestro del coro ne Il barbiere di Siviglia con la direzione di Massimo Zanetti presso il Teatro alla Scala. In questa sede ha collaborato con direttori quali Lorin Maazel, Valery Gergiev, Riccardo Chailly, Marriss Jansons, Riccardo Muti, Zubin Mehta, Marc Albrecht e molti altri.

ABRAMO ROSALEN Basso
Estremamente versatile sia nel repertorio operistico che in quello concertistico, collabora con diversi gruppi ed orchestre italiane e straniere. Ha recentemente interpretato Colline (La bohème) al Teatro Sociale di Rovigo, Timur (Turandot) alla ROH di Muscat e Zaccaria (Nabucco) al Teatro Petruzzelli di Bari. Riscuote un lusinghiero successo debuttando in Mustafà (L’Italiana in Algeri) al Teatro Comunale di Bologna, al Filarmonico di Verona e per OperaLombardia. È Masetto e Commendatore (Don Giovanni) all’Olimpico di Vicenza, Don Basilio (Il barbiere di Siviglia) e Don Bartolo (Le nozze di Figaro) al Regio di Torino, Lindorf/Coppélius/Miracle/Dapertutto (Les contes d’Hoffmann) per OperaLombardia e a Jesi, Oroveso (Norma) in tournée in Francia e al Teatro Massimo Bellini di Catania, Marchese (La traviata) al Teatro alla Scala di Milano, Calatrava (La forza del destino) al Liceu di Barcellona. È Monterone (Rigoletto) all’Arena di Verona e al Verdi di Padova e Rendano di Cosenza, Sparafucile (Rigoletto) al Comunale di Ferrara e al Teatro Mario Del Monaco di Treviso. È il Commendatore (Don Giovanni) al Teatro La Fenice di Venezia, Olimpico di Vicenza, Verdi di Pisa, Comunale di Sassari; Don Magnifico (La Cenerentola) al Teatro Rendano di Cosenza; Frère Laurent (Roméo et Juliette) al Teatro La Fenice di Venezia e per OperaLombardia; Zio Bonzo (Madama Butterfly) al Teatro alla Scala, Maggio Musicale Fiorentino, Palau de les Arts di Valencia, San Carlo di Napoli; Sarastro (Die Zauberflöte) al Sociale di Rovigo e a Bassano del Grappa. Il suo repertorio comprende anche musica da concerto sia sacra, sia profana. Tra i recenti impegni, Don Alfonso (Così fan tutte) all’Opera di Dubai e Il Commendatore (Don Giovanni) alla Fenice di Venezia, ruolo che canterà anche prossimamente al Teatro Coccia di Novara.

KLODJAN KAÇANI Tenore
Nato a Vlora (Albania) nel 1988, nel 2010 si laurea in canto presso l’Università di Tirana. Due anni più tardi inizia a lavorare al Teatro Nazionale dell’Albania, interpretando diversi ruoli, tra i quali: der dritte Jude (Salome), Gherardo (Gianni Schicchi), Goro (Madama Butterfly), Robert (Ali Pascha von Janina di Lortzing), Beppe/Arlecchino (Pagliacci), Don Ottavio (Don Giovanni), Tebaldo (I Capuleti e i Montecchi) e Tamino (Die Zauberflöte). Nel 2016 è tra i vincitori del Concorso internazionale ‘Maria Kraja’ che ha luogo in Albania, mentre nel 2017 ha vinto il ruolo di Tamino al 68° Concorso per giovani cantanti lirici.

MARIA SARDARYAN Soprano

Nata in Armenia nel 1989, consegue il diploma nel 2012 presso il Conservatorio di Yerevan, dove completa gli studi specialistici nel 2014. Attualmente frequenta l’Accademia d’arte lirica di Osimo. È vincitrice di concorsi e borse di studio, quali il Concorso internazionale di canto lirico ‘G. Perotti’ a Ueckermünde (2012), il primo Concorso internazionale di musica ‘Nodar Gabunia’ a Tbilisi (2013). Nel 2015 è Gretel (Hänsel und Gretel) al Trentino Music Festival. Partecipa inoltre, insieme all’Hover Chamber Choir of Armenia, a due recital tenutisi presso la Carnegie Hall di New York e presso la Washington National Cathedral. Nel 2016 interpreta Suor Genovieffa (Suor Angelica) alla Nuova Fenice di Osimo e canta nello Stabat Mater di Pergolesi a Pesaro. Interpreta inoltre l’oratorio di Stradella Ester liberatrice del popolo hebreo (Speranza Celeste). Sempre nel 2016 vince il primo premio all’Oper im Berg Competition e debutta come Die Königin der Nacht (Die Zauberflöte) al Festival Oper im Berg di Salisburgo, ruolo che ha vinto anche al 68° Concorso per giovani cantanti lirici nel 2017.

ENKELEDA KAMANI Soprano
Nata a Krujë (Albania) nel 1991, nel 2015 si laurea in canto con il massimo dei voti presso l’Università di Tirana. Nel 2010 vince il primo premio al Concorso nazionale ‘Jorgjia Truja’. Nel 2013 e nel 2015 è tra i vincitori del Concorso internazionale ‘Maria Kraja’ (Albania), dove vince dapprima il terzo e successivamente il primo premio. Nel 2014 inizia a lavorare presso il Teatro Nazionale dell’Albania, dove debutta nello stesso anno come Euridice (Orfeo ed Euridice), nel 2015 come Susanna (Le nozze di Figaro) e nel 2016 come Giulietta (I Capuleti e i Montecchi). Sempre nel 2016 si esibisce come solista nei Carmina Burana, nonché nei ruoli di Pamina (Die Zauberflöte) e Musetta (La bohème). Nel 2017 ha vinto il ruolo di Pamina al 68° Concorso per giovani cantanti lirici.

MARIASOLE MAININI Soprano
Nata a Como, dopo aver conseguito il diploma tradizionale di clarinetto, a diciannove anni intraprende lo studio del canto lirico. Consegue presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Torino il diploma accademico di primo e secondo livello con il massimo dei voti e lode. Grazie alla borsa di studio elargita dall’ambasciata italiana a Mosca, si perfeziona presso il Conservatorio della città con Galina Pisarenko e Marina Alekseeva. Nel 2016 debutta al Piccolo Teatro Regio di Torino nell’opera La favola d’Orfeo di Casella (Driade/Baccante), sotto la direzione di Silvio Gasparella. Nel 2017 presso il Teatro Regio di Torino partecipa allo spettacolo Il flauto magico dedicato a ragazzi, sotto la guida di Giulio Laguzzi e con la regia di Riccardo Fracchia. Si perfeziona nel corso degli anni con diversi artisti, quali Margherita Guglielmi, Silvana Moyso, Eva Mei, Anna Maria Chiuri, Giovanni Botta, Carlo Caputo.

FRANCESCA PIERPAOLI Soprano
Nasce a Cagliari. Presso il Conservatorio della città, dove studia dal 2002, ha modo di cantare da solista nel Requiem di Mozart, Gloria di Vivaldi, Stabat Mater di Pergolesi e Oratorio de Noël di Saint-Saëns. Nel 2007 vince il suo primo concorso e debutta con Les mamelles de Tirésias di Poulenc. Successivamente collabora per il progetto AsLiCo Opera domani Hansel e Gretel (Hansel), canta La traviata (Flora), La Cecchina di Piccinni, a Genova Le nozze di Figaro e Die Zauberflöte, Carmen. Si perfeziona nell’Accademia Rossiniana di Pesaro, debuttando ne La Cenerentola (Tisbe e, poi, Angelina), Il viaggio a Reims, La pietra del paragone, Adelaide di Borgogna, Il barbiere di Siviglia, Il signor Bruschino, La scala di seta. Ha lavorato con direttori come Alberto Zedda, Dmitri Jurowsky, Yves Abel, Andrea Battistoni, Giacomo Sagripanti, Johannes Wildner, Gianluca Marcianò e registi come Luca Ronconi, Pierluigi Pieralli, Emilio Sagi, Davide Livermore, Andrea Cigni. Nel 2015 viene premiata al Teatro Regio di Parma al ‘Grand Prix dell’opera’ come miglior giovane mezzosoprano esordiente italiano.

ALESSANDRA ANDREETTI Soprano
Si diploma al Conservatorio ‘G. Frescobaldi’ di Ferrara sotto la guida di Gigliola Bonora nel 1996. Nel 1993 debutta ne Il signor Bruschino nell’ambito del Festival Euroclassic di Pirmasens in Germania. Nel 1994 è Cardella (Lo frate ’nnamorato di Pergolesi) al Teatro Comunale di Ferrara. Nel 1999 vince il Concorso per giovani cantanti lirici di Asti, nel 2001 il Concorso internazionale ‘P. Belli’ del Teatro Sperimentale di Spoleto e nel 2004 quello dell’Accademia di alto perfezionamento dell’Arena di Verona, per la quale ha eseguito numerosi concerti quali il Requiem di Mozart, la Petite messe solennelle di Rossini, la Messa in do maggiore op. 86 di Beethoven, il Gloria di Vivaldi, l’Oster-Oratorium di Bach. Intensa la sua attività concertistica, in ambito cameristico, sinfonico e operistico.

DANIELE TERENZI Basso
Nato a Roma nel 1989, inizia i suoi studi nella sua città presso l’Accademia Interamnense e presso il Conservatorio di Santa Cecilia, per specializzarsi poi presso il Centre de Perfeccionament Plácido Domingo al Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia. Attualmente studia all’Opera Studio del Maggio Musicale Fiorentino. Tra gli impegni degli esordi ricordiamo: la sua partecipazione alla 23a edizione de ‘La grande lirica sotto le stelle’ (2013) nella città di Nettuno, dove riceve il premio internazionale ‘E. Caruso’, e Figaro (Il barbiere di Siviglia) con l’Associazione Europa InCanto al Teatro Comunale di Treviso e al Teatro Valle Occupato di Roma. È stato quindi Germont (La traviata) al Teatro Argentina di Roma, Figaro (Il barbiere di Siviglia) e Papageno (Die Zauberflöte) al Teatro Duse di Bologna e al Teatro Comunale di Modena. A Tirana debutta con i ruoli di Figaro (Le nozze di Figaro) e Leporello (Don Giovanni). Recentemente è stato Fiorello (Il barbiere di Siviglia) nel circuito marchigiano e alle Terme di Caracalla. Tra i recenti impegni, Malatesta (Don Pasquale) all’Auditorium di Tenerife. Nel 2017 ha vinto il ruolo di Papageno al 68° Concorso per giovani cantanti lirici. Tra i prossimi impegni, Germont (La traviata) a Tenerife.

RAFFAELLA PALUMBO Soprano
Nata a Manfredonia nel 1984, si è laureata con lode e menzione di merito presso il Conservatorio ‘Umberto Giordano’ di Foggia. Tra i vari premi risulta vincitrice del Concorso lirico internazionale ‘Andrea Chénier’ nel 2017, aggiudicandosi inoltre il premio speciale ‘Umberto Giordano’ per la migliore esecuzione di un’aria giordaniana e il premio speciale ‘Olivia Argilla’ al Concorso lirico internazionale ‘Spiros Argiris’. Si è recentemente esibita ne La serva padrona di Paisiello nella stagione del Teatro Politeama di Palermo. Ha debuttato ne Il Flaminio di Pergolesi, Il mantello di Luciano Chailly, Amici di Bellisario e Pinocchio di Vally presso il Teatro Verdi di Pisa. Fra le opere in repertorio: Don Giovanni, Il barbiere di Siviglia, Carmen e Giove a Pompei di Giordano. Si è esibita in concerto presso la Casa di cultura italiana Zerilli-Marimò di New York in occasione del Premio internazionale di cultura ‘Re Manfredi’ e recentemente a Stoccarda.

MARCELLO NARDIS Tenore

Si è laureato con lode in Greco antico, Archeologia cristiana e Pedagogia musicale, conseguendo parallelamente i diplomi di pianoforte, canto e musica vocale da camera. È stato ospite di istituzioni come: Teatro alla Scala, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, La Fenice di Venezia, Filarmonico di Verona, San Carlo di Napoli, Maggio Musicale Fiorentino, Carlo Felice di Genova, Massimo Bellini di Catania, Massimo di Palermo, Sferisterio di Macerata, Liceu di Barcellona, New National Theatre di Tokyo, Carnegie Hall di New York, Smetana Hall di Praga, Academy of Saint Martin in the Fields di Londra, Mozarteum e Festival di Salisburgo, Holywell Hall di Oxford, Stadthalle di Bayreuth. Apprezzato interprete anche in campo liederistico, ha cantato (e suonato al pianoforte) svariate volte il ciclo schubertiano della Winterreise.

EUGENIO DI LIETO Basso

Nato a Terracina nel 1987, consegue il diploma di II livello in canto lirico presso il Conservatorio ‘F. Morlacchi’ di Perugia con il massimo dei voti e la lode. Partecipa alle produzioni di Don Giovanni (Leporello) al Teatro Quirino, La bohème al Teatro Argentina di Roma e Rigoletto (Marullo) a Perugia nell’ambito del festival internazionale Music Fest. Interpreta quindi Don Basilio (Il barbiere di Siviglia) per il circuito toscano (Pisa, Livorno, Lucca), al Teatro Coccia di Novara e all’Argentina di Roma; il Requiem di Mozart a Torino ed Ivrea; La Cenerentola (Don Magnifico) al Cortona Mix Festival e al Teatro Verdi di Firenze; La bohème (Colline) al Teatro Vittorio Emanuele di Messina. Nel corso delle passate stagioni presso il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto partecipa alle produzioni di: Alcina (Melisso), La serva padrona (Uberto), Jephte, La finta tedesca, La bohème (Colline), produzione, quest’ultima, andata poi in tournée in Giappone. Nell’ottobre 2016 debutta con il ruolo di Don Pasquale (Don Pasquale) all’Auditorium di Tenerife e da novembre a gennaio è Sprecher/Zweiter Priester (Die Zauberflöte) nei teatri di Livorno, Pisa e Lucca. Nel 2017 è risultato idoneo al 68° Concorso per giovani cantanti lirici.

MARCO MIGLIETTA Tenore
Nato a Lecce, dopo il diploma presso l’Istituto ‘Rinaldo Franci’ di Siena, debutta nell’opera Un giorno di regno, con registrazione e distribuzione Tactus. Intensa l’attività concertistica che lo ha visto impegnato per importanti istituzioni come Accademia di Santa Cecilia, Accademia Musicale Chigiana, Fondazione Luciano Pavarotti, Teatro Petruzzelli di Bari, Sociale di Como, Ponchielli di Cremona, Alighieri di Ravenna. Tra i prossimi impegni: il debutto al Teatro di San Carlo di Napoli in Nabucco (Ismaele) e Il cappello di paglia di Firenze, La traviata al Petruzzelli di Bari.

CORO DI VOCI BIANCHE DELL’ACCADEMIA DEL TEATRO ALLA SCALA
Ha raccolto nel 2010 l’eredità dello storico Coro voci bianche del Teatro alla Scala, fondato nel 1984 e affidato nel corso degli anni alla direzione di Gerhard Schmidt-Gaden, Nicola Conci e, dal 1993 a tutt’oggi, a Bruno Casoni. Sin dalla sua fondazione, partecipa regolarmente alle produzioni d’opera e ai concerti del Teatro alla Scala ed è ospite delle stagioni d’importanti istituzioni musicali quali Orchestra Filarmonica della Scala, Sinfonica Nazionale della RAI, LaVerdi e Pomeriggi Musicali di Milano, Teatro Comunale di Firenze e Comunale di Bologna. Nel 1998 ha collaborato all’incisione de La bohème con i complessi scaligeri, diretti da Riccardo Chailly. Numerose le composizioni scritte appositamente per il coro, da autorevoli compositori quali Azio Corghi (La morte di Lazzaro), Sonia Bo (Isole di luce), Bruno Zanolini (Beati parvuli), Alessandro Solbiati (Surgentes) e Carlo Pedini (Magnificat). Fra le partecipazioni più recenti a produzioni d’opera e balletto del Teatro alla Scala si annoverano Carmen, Tosca, Cavalleria rusticana, Death in Venice, Die Zauberflöte, Attila, Die Frau ohne Schatten, Turandot, CO2, Der Rosenkavalier, L’enfant et les sortilèges, The Turn of the Screw, Porgy and Bess, La bohème, Hänsel und Gretel. Nell’ambito dell’attività concertistica più recente, si ricordano nel 2013 il concerto di Natale diretto da Daniel Harding, nel 2014 l’omaggio a Fausto Romitelli diretto da Fabián Panisello nell’ambito del 23° Festival di Milano Musica e nel 2015 il concerto con i Wiener Philarmoniker diretti da Mariss Jansons. Fra il 2016 e il 2017 si segnalano ancora alla Scala Il piccolo spazzacamino di Britten, i concerti inseriti nel progetto ‘Grandi Spettacoli per piccoli’ sotto la direzione di Bruno Casoni, la Terza Sinfonia di Mahler diretta da Iván Fischer con la Budapest Festival Orchestra e, nell’ambito del Ravenna Festival, il concerto Le vie dell’amicizia: Ravenna-Tokyo, diretto da Riccardo Muti.

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