Opera in tre atti e cinque quadri. Musica di Giacomo Puccini. Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi.
Ed. Casa Ricordi, Milano
Prima rappresentazione: 25 aprile 1926, Teatro alla Scala, Milano
Turandot Lilla Lee, Teresa Romano
Altoum Marco Voleri
Timur Alessandro Spina
Calaf Dario Prola
Liù Maria Teresa Leva
Ping Leo An
Pang Saverio Pugliese
Pong Edoardo Milletti
Un Mandarino Omar Kamata
Direttore
Carlo Goldstein
Regia, scene e luci
Giuseppe Frigeni
Costumi Amélie Haas
Maestro del coro Diego Maccagnola
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro di voci bianche Mousike’ – Smim Vida di Cremona
Maestro del coro voci bianche Hector Raul Dominguez
Banda di palcoscenico ‘Isidoro Capitanio’ di Brescia
Coproduzione Teatri di OperaLombardia
Allestimento Fondazione del Teatro Comunale di Modena
Atto I
A Pechino, in un imprecisato «tempo delle favole». Dall’alto delle mura, il Mandarino si appresta ad annunciare la «legge di Turandot» alla folla: la principessa andrà sposa a chi, di sangue regale, scioglierà i tre enigmi da lei proposti; ma il boia Pu-Tin-Pao è pronto a decapitare quelli che falliscono, come lo sfortunato principe di Persia, che salirà al patibolo al sorgere della luna. La folla eccitata travolge il vecchio Timur, re tartaro spodestato, e la piccola Liù, che invoca per lui soccorso. È qui che il principe Calaf ritrova il padre, ne ascolta la storia e quella di Liù, la fanciulla che ha condiviso le sofferenze di Timur soltanto perché Calaf un giorno le aveva sorriso. Avanzano i servi del boia, quando Turandot appare sul loggiato e ricusa le richieste di grazia della folla. Il principe Calaf, rapito dall’inattesa visione di bellezza, pronto ad affrontare gli enigmi. Timur, Liù e i tre ministri Ping, Pang e Pong tentano di dissuaderlo, ma il principe è risoluto e si affretta a dare i tre colpi di gong per essere ammesso alla prova.
Atto II
Quadro primo
I tre ministri Ping, Pang e Pong ripassano sia il protocollo nuziale sia quello funebre, per esser pronti ad allestire l’uno o l’altro a seconda dell’esito della nuova sfida lanciata a Turandot dal principe ignoto. I tre si abbandonano poi al ricordo dei tempi felici, prima della nascita della principessa.
Quadro secondo
Sul piazzale della reggia tutto è pronto per la prova degli enigmi, a cui assiste anche il vecchio imperatore Altoum. La principessa si avanza e prima di dare inizio al rito spiega le antichissime ragioni che la spingono a tanta ferocia. Vinta dal principe, che risponde a tutti e tre gli enigmi, Turandot implora invano il padre Altoum di salvarla dalle braccia dello straniero. Ma è lo stesso Calaf a rinunciare alla vittoria e a proporre a sua volta una prova a Turandot: qualora sappia svelarne il nome prima dell’alba, egli accetterà di morire.
Atto III
Quadro primo
Nel giardino della reggia, per volontà di Turandot tutti vegliano e cercano di conoscere il nome del principe ignoto. Per carpire il nome del principe ignoto, i tre ministri gli offrono ogni bene, ma il principe rifiuta qualsiasi proposta. Emissari imperiali introducono allora Timur e Liù, sospettati di essere a conoscenza del nome segreto. Liù non è disposta a tradire Calaf, affrontando con determinazione i tormenti, fino al suicidio pur di non svelarne il nome. Il compianto di Timur e di Calaf sul corpo di Liù morta avvia il corteo funebre. All’uscita della folla, Turandot e il principe ignoto rimangono soli, l’uno di fronte all’altra. Calaf con l’impeto della passione riesce a baciare la principessa che, come trasfigurata, perde qualsiasi volontà di reagire.
Quadro secondo
Al cospetto dell’imperatore, circondato da tutta la corte, Turandot si presenta con il principe, annunciando di conoscere finalmente il nome dello straniero: «Amore».
L’ULTIMO VIAGGIO DI GIACOMO PUCCINI
di Carlo Goldstein
Puccini parte per il suo ultimo viaggio verso Bruxelles portando con sé alcuni fogli di appunti su cui spera di riuscire a lavorare. Teme, e forse in parte già sa, che non terminerà quella partitura che nei tre anni precedenti era cresciuta tra le sue mani fino ad assumere proporzioni magniloquenti. Quei pochi fogli, in seguito passati al setaccio da generazioni di studiosi, contengono abbozzi, spunti e soprattutto la speranza che la sua creatura più ambiziosa – Turandot – non debba restare per sempre incompiuta a causa di quelle due orribili parole che i medici hanno tanto esitato a dirgli: carcinoma laringeo. Immagino la paura con cui Puccini intraprese quell’ultimo viaggio della speranza; lo vedo nelle terribili peripezie della malattia che stringe quegli ultimi fogli di carta da musica, ostinatamente attaccato a Turandot come si è attaccati a ciò che si ama nel momento del pericolo estremo. La Principessa è presente fino alla fine nelle sue lettere: «Sono grave! Ti puoi figurare il mio animo. (…) Che Miserie! Turandot? Mah! Non averla finita, quest’opera, mi addolora. Guarirò? Potrò finirla in tempo?». L’inquietudine che domina quest’opera fin dall’inizio diventa tutt’uno con l’inquietudine del suo autore che affronta il suo ultimo viaggio senza ritorno; la preoccupazione di non riuscire a far diventare la Principessa una donna innamorata coincide alla fine con la paura di non sopravvivere e di non poter tornare a casa.
Fino a quel punto del terzo atto Puccini era riuscito a superarsi e ne era consapevole: l’ampliamento dell’organico orchestrale aveva arricchito la sua tavolozza espressiva riuscendo a rendere l’elemento orientale e fiabesco senza cedere al folklore; per il popolo, onnipresente e plurale personaggio che amplifica l’aura dei protagonisti, aveva trovato una scrittura corale di inedita varietà che univa l’apoteosi al sussurro fino al parlato; la commistione tra l’elemento tragico e la commedia delle Maschere era venuta naturale e dettava ritmi teatrali perfetti all’intera vicenda: ogni cosa insomma aveva trovato il proprio posto con la spontaneità che solo il talento concede. Puccini era riuscito nel secondo atto a rendere in modo stupendo la cattiveria della protagonista; con efficace realismo era riuscito a dar voce alla crudeltà senza cadere nel pittoresco. Egli era riuscito laddove molti non lo credevano capace: rappresentare il male! Il poeta del sentimento – e per i suoi detrattori del sentimento facile – aveva creato un sublime mostro in cui la complessità psicologica, il conflitto erotico, l’esasperazione del carattere si mescolavano scolpendo a tutto tondo una figura teatrale autenticamente contemporanea.
Era arrivato ora però al punto temuto fin dal principio: la catarsi risolutiva dell’ultimo duetto. Puccini aveva vessato i suoi librettisti facendolo rifare almeno quattro volte: per la decisiva scena del bacio non sappiamo se egli avrebbe alla fine puntato, come poi fece Alfano, sull’orgoglio ferito della Principessa o invece su una trasformazione interiore, come farà Berio sviluppando qui un episodio sinfonico. Sappiamo che egli voleva, secondo un appunto in quei fogli portati con sé nell’ultimo viaggio, «trovare qui melodia tipica, vaga, insolita». E ancora, scriveva in una lettera ai librettisti: «Urge commuovere alla fine!… Perciò niente retorica! Il travaso d’amore deve giungere come un bolide luminoso in mezzo al clangore del popolo che estatico lo assorbe attraverso i nervi tesi come corde di violoncelli frementi». Dicendo ‘travaso d’amore’ aveva senz’altro in mente il secondo atto del Tristano di Wagner e nell’affrontare la scena del bacio immaginiamo avrebbe tenuto presente la complessità emotiva – in cui ribrezzo e attrazione erotica si intrecciano – del mostruoso bacio di Salomè alla testa di Jochanaan, del molto ammirato Strauss.
Egli si ritrovava adesso al momento finale e doveva sbrogliare la matassa con lo strumento che meno aveva amato in passato: un duetto. Il teatro di Puccini infatti è un teatro di sentimenti individuali e il suo strumento principe è l’aria; al contrario di Verdi, che concepisce il teatro in termini sociali e dunque fa crescere i suoi personaggi nel continuo confronto con altri personaggi, il duetto per Puccini è al massimo un momento distensivo – «Non la sospiri la nostra casetta…» in Tosca – o una sublimazione di arie precedenti – «O soave fanciulla…» in Bohème. Turandot offriva finalmente a Puccini la sfida di concludere un’opera con un vasto duetto amoroso – come in Aida – in cui trasfigurazione simbolica e realtà dei sentimenti dovevano tenersi per mano creando un’empatia irresistibile. Una sfida che non sapremo mai come avrebbe vinto.
Puccini puntava ad avere un finale emotivamente complesso, antiretorico; un finale che rendesse credibile la metamorfosi della protagonista mostrandone le contraddizioni e le tortuosità. Un finale sì risolutivo ma che non fosse una vittoria. La morte prematura di Puccini ha fatto in modo che il finale di questo capolavoro sia forse per noi oggi ancora più sofferto di quanto il compositore potesse immaginare. Ogni volta che arrivo alle battute finali di Alfano di questa grande partitura – mentre il coro in tripudio parla di «infinita felicità» – sento la somma di sconfitte che si danno appuntamento tra quelle righe che non riescono a essere entusiasmanti come vorrebbero. Penso a Puccini che muore a Bruxelles e che non torna dal suo ultimo viaggio, penso alla frustrazione di Toscanini che non sa cosa fare con questa incompiuta di un amico morto prematuramente, penso ad Alfano che rimane schiacciato in un paragone impossibile e sento un retrogusto tanto amaro a quell’apoteosi conclusiva da esserne sopraffatto.
TRA TRADIZIONE E RIVISITAZIONE
di Giuseppe Frigeni
Nelle opere di Puccini, la bellezza accattivante della musica induce troppo spesso a privilegiarne esclusivamente l’aspetto melodico a scapito dell’armonia, così ricca di scale esatonali, modalismi, politonalità, influenze orientali e certamente non ignara delle avventure avanguardiste dell’inizio del secolo (Debussy, Ravel, Stravinskij, Strauss, Prokof’ev, …). Ne deriva spesso una lettura scenica discorsiva edulcorata e sentimentale, piuttosto che allusiva ed evocativa. Turandot è una delle opere di repertorio pucciniano più famose e come tale iscritta definitivamente nel patrimonio lirico. In quanto opera di tradizione è esposta a diverse proposte registiche e interpretative che non possono comunque esaurirne le potenzialità. Con Turandot il mio intento è stato quello di dar forma a queste allusioni, a queste pieghe del tessuto armonico.
In questo allestimento di Turandot, ho lavorato in una prima fase esclusivamente sul materiale musicale, per accoglierne delle impressioni visive, spaziali e dinamiche. Impressioni che ho concretizzato poi in spazi austeri, colori scuri, misteriosi, e in dinamiche coreografiche contrastate. Ho cercato di riunire degli elementi scenici e visivi non invadenti, che potessero far risuonare le evocazioni musicali piuttosto che illustrarle: trasparenze ed effetti di controluce, scorrimenti e slittamenti di piani e dimensioni, contrasti dinamici o ritualistiche, atmosfere sospese. Pur tenendo presente la dimensione orientale del contesto ho privilegiato l’astrazione, evitando la ridondanza ‘esotica’ e le ‘cineserie salottiere’.
Luci, movimenti scenici o coreografici, costumi e posizioni sono elementi essenziali del lavoro scenico che considero interdipendenti delle scelte registiche e drammaturgiche e partecipano in sinergia alla percezione della musica piuttosto che alla sua cosmesi.
Sul piano strettamente drammaturgico il personaggio di Turandot si è rivelato come una figura più complessa e fragile che algida e crudele: è una donna che rivela una personalità umiliata e disperata, dalla frigidità psicotica, traversata da un orgoglio ferito e un bisogno di affetto disinteressato e sincero. Non ho voluto rappresentare Turandot come un mostro di freddezza, una macchina di morte: la crudeltà è contestuale al potere ed è instaurata da un sistema profondamente arcaico e maschilista, sostenuto dal compiacimento quasi erotico dalle masse, pronte a amplificare con esiti paradossalmente contradditori le emozioni più istintive e le reazioni più primarie, tra odio e amore, accuse e perdoni. Ho cercato di sottolineare con Timur la figura di una saggezza arcaica, di grande nobiltà umana, testimone impotente dell’evoluzione ambiziosa e cinica del figlio. L’altro padre, Altoum, rappresenta invece la saggezza istituzionale, impolverata dal peso di una tradizione maschile millenaria e museale, come lo sono i ministri quasi statuari che lo accompagnano. Liù rappresenta in un certo senso l’alter ego di Turandot, l’altra possibilità di accedere all’amore, sacrificale e nevrotico. Le due donne sono molto più complementari che nemiche. Entrambe vivono in conflitto con Calaf, con soluzioni diverse e disperate, di estremo sacrificio per Liù o distanza difensiva per Turandot. Calaf è un uomo divorato dall’ambizione e dal potere, fiero di una virilità conquistatrice e competitiva. La dimensione sentimentale è solo a tratti sfiorata, la fascinazione dell’interdizione e la seduzione ne sono piuttosto il motore, non l’amore. Il desiderio profondo è quello di accedere al potere, di riconquistare un’autorità umiliata. Non è l’eroe che sfida per amore. Le sue parole nell’aria Non piangere Liù esprimono in filigrana un paternalismo e un’arroganza che mal si adegua alla dichiarazione sincera e umile di Liù. Il bacio finale (mancato) sarà il segno di un tradimento, che distruggerà con cinico sdegno quel barlume d’illusione risvegliato in Turandot, conducendola ad un altro tipo di morte. Infine le tre maschere sono figure della derisione tragico-comica, gli intrattenitori divertenti del potere, i giullari servili, sensibili ma fondamentalmente impotenti.
CARLO GOLDSTEIN Direttore
È tra i direttori d’orchestra emergenti del panorama internazionale. Dopo la vittoria del primo premio all’International Conducting Competition di Graz nel 2009, ha iniziato un’intensa attività in Italia e all’estero. Nella stagione 2015/16 ha diretto La bohème per OperaLombardia e Reggio Emilia e Un ballo in maschera all’Art Center di Seoul. Ha diretto in Israele la Raanana Symphonette Orchestra e ha debuttato con la Israel Camerata al Jerusalem Theater. Parteciperà al Festival Schostakowitsch Tage di Gohrisch. Nelle passate stagioni ha diretto, tra le altre cose, Così fan tutte all’Opera di Tenerife, Carmen nei teatri di Livorno, Lucca e Pisa, Carmen all’Art Center di Seoul, Adriana Lecouvreur per OperaLombardia. Ha diretto Carmen alla Fenice di Venezia e nel 2015 ha diretto per il Festival Como città della musica Pagliacci. Altri progetti sono stati L’elisir d’amore, Il matrimonio segreto e L’Orfeo per il Festival della Valle d’Itria. In ambito sinfonico ha diretto nelle ultime stagioni l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano (musiche di Britten, Honegger e Poulenc), Ein Sommernachtstraum di Mendelssohn con l’Orchestra del Maggio Musicale di Firenze e innumerevoli concerti sinfonici con orchestre italiane quali l’Orchestra dell’Arena di Verona, l’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo e l’Orchestra del Teatro Verdi di Trieste. Ha diretto anche l’Orchestra Regionale Toscana, la Sinfonica Abruzzese e gli Archi del Cherubino. È stato molto attivo in Russia, dove ha diretto negli anni passati la Tomsk Philharmonic Orchestra, la Omsk Philharmonic Orchestra, la Arkhangelsk Chamber Orchestra, la St. Petersburg State Symphony Orchestra, la Hermitage Symphony Orchestra, la Murmansk Philharmonic Orchestra, la Bryansk Symphony Orchestra e la Samara Philharmonic. Oltre agli studi musicali – Conservatorio di Trieste, Accademia Internazionale della Musica di Milano, Mozarteum di Salisburgo e Royal College di Londra – è laureato in Filosofia presso l’Università Statale di Milano.
GIUSEPPE FRIGENI Regia
Ha studiato all’Università di Bergamo e al DAMS di Bologna e in seguito ha intrapreso studi di danza contemporanea a Parigi con Françoise e Dominique Dupuy, José Montalvo, Catherine Diverrès e altri coreografi e professori di fama internazionale. Dopo alcune esperienze come danzatore/performer in diverse compagnie (Fabrice Dugied Danse, Andy Degroat Red Notes, Thèâtre Impopulaire), inizia una carriera come assistente alla regia e coreografo frequentando i maggiori teatri d’opera e festival: Festival di Salisburgo, Opera Nazionale di Parigi, Teatro alla Scala di Milano, Thèâtre du Châtelet, Metropolitan di New York, Houston Grand Opera, Schaubühne Berlin, La Monnaie di Bruxelles, Casa da Mùsica di Porto, DNO di Amsterdam. Ha collaborato in qualità di coreografo con Patrice Chéreau, Peter Stein, Luca Ronconi e Klaus-Michael Grüber. Per molti anni ha lavorato in collaborazione con Robert Wilson, prima come assistente e in seguito come co-regista, per molte produzioni ed eventi artistici tra i quali: Die Zauberflöte, Madama Butterfly, Pelléas et Mélisande, Alceste, Orphée et Eurydice, Die Frau ohne Schatten e più recentemente la trilogia di Monteverdi co-prodotta dall’Opera di Parigi e il Teatro alla Scala. Dal 1998 crea le proprie regie, scene e luci per produzioni d’opera: Macbeth, Lohengrin, Fidelio, Le Fou, DerJasager, Wet Snow, I’m her Mouth, Turandot, Partenope, La traviata, Saint François d’Assise, Passion, An enlightened Disciple of Darkness. Nel 2015 ha diretto Tristan und Isolde per l’Opéra di Bordeaux.
DIEGO MACCAGNOLA Maestro del coro
Ha compiuto gli studi musicali presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Donizetti’ di Bergamo, dove ha conseguito il diploma di pianoforte con il massimo dei voti e il diploma accademico di secondo livello con lode. Si è esibito come solista e in formazioni da camera in importanti rassegne e festival italiani e stranieri e in sale da concerto quali il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Comunale di Ferrara, l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il Théâtre entre des Bords de Marne di Parigi, il Théâtre du Merlan di Marsiglia, il Théâtre de la Balsamine di Bruxelles, il Théâtre Pole Sud di Strasburgo e la Maple Hall di Osaka. Dedica particolare attenzione alla musica del Novecento, partecipando tra l’altro all’esecuzione dell’integrale dell’opera pianistica di György Ligeti nel 2003, 2006 e 2007 e di Luciano Berio nel 2013 presso il Museo del Novecento di Milano. Nel 2012, insieme a Lena Yokoyama (violino) e Alessandro Copia (violoncello), fonda il Trio Kanon, ensemble che sta riscuotendo lusinghieri successi in Italia e all’estero. Affianca ad un’intensa attività didattica e concertistica come pianista, quella di maestro di coro. Dal 1998 è cantore e assistente alla direzione nelle produzioni del Coro Costanzo Porta di Cremona, gruppo fondato da Antonio Greco e vincitore di numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali. Dal 2007 collabora con OperaLombardia come maestro del coro per diverse produzioni operistiche. È pianista accompagnatore presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Como e docente di pianoforte presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Donizetti’ di Bergamo.
HECTOR RAUL DOMINGUEZ Maestro del coro di voci bianche
Compositore e direttore d’orchestra di origine argentina, per anni protagonista della scena musicale dell’America Latina (Opera di Colombia, Teatro Carreño di Caracas in Venezuela, Teatro Nacional della Costa Rica, cattedra di Direzione Corale alle università di Buenos Aires, Bogotà in Colombia e San José nella Costa Rica), dal 1988 si trasferisce in Italia per seguire i corsi di perfezionamento in composizione con Franco Donatoni a Milano. Tiene la cattedra di Storia e Tecnica della Musica Contemporanea presso la facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia, dove, inoltre, crea e dirige il Coro e l’Orchestra da Camera. È chiamato a dirigere il Coro Polifonico Cremonese e l’Orchestra da Camera ‘Marc’Antonio Ingegneri’ (1993-2003) e crea la Schola Cantorum Cremonensis, in cui dà vita a progetti musicali e tiene numerose conferenze e seminari, particolarmente sulla musica del Novecento. Dal 1997 insegna alla Scuola Civica ‘C. Monteverdi’ di Cremona e poi all’Istituto Superiore di Studi Musicali della stessa città, dove crea e dirige dal 2004 il Coro di voci bianche. Insegna inoltre pratica strumentale e composizione per la didattica all’Università di Pavia. Dal 2014 si trasferisce al Conservatorio ‘G. Nicolini’ di Piacenza.
LILLA LEE Soprano
È nata a Yeongcheon (Corea del Sud). Nel 2003 si diploma in canto presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano dove ottiene due borse di studio, avendo l’occasione di esibirsi come solista. Nello stesso anno frequenta il corso di formazione e perfezionamento dell’Accademia di canto ‘A. Toscanini’ di Parma dove vince due borse di studio. Dal 2004, lavorando sotto la guida di Bonaldo Giaiotti, passa dalla tonalità di mezzosoprano a quella di soprano e affina il suo vasto repertorio operistico. Nel 2000 vince il premio speciale al Concorso lirico ‘Giulietta Simionato’. Nel 2004 vince il premio speciale al Concorso lirico ‘Capriolo’ a Franciacorta e si classifica prima al concorso lirico ‘Principessa Cristina Trivulzio’. Nel 2007 si esibisce nel ruolo di Santuzza (Cavalleria rusticana) al Teatro Rosetum. Debutta nel 2008 nel ruolo di Turandot (Turandot) per OperaLombardia. Nel 2009 interpreta ancora Turandot presso il Teatro Filarmonico di Verona sotto la direzione di Antonio Pirolli e la regia di Gianfranco De Bosio, nel 2010 interpreta Manon Lescaut (Manon Lescaut) al Teatro La Fenice di Venezia sotto la direzione di Renato Palumbo e la regia di Graham Vick. Nel 2011 interpreta il ruolo di Mimì (La bohème) al Teatro La Fenice di Venezia, diretta da Juraj Valčuha e con la regia di Francesco Micheli. Nel 2013 interpreta il ruolo di Turandot al Teatr Wielki Narodowa di Varsavia diretta Carlo Montanaro con la regia di Mariusz Treliński, nel 2014 è Aida (Aida) presso il teatro Cankarjev Dom di Liubiana, sotto la regia di Pier Francesco Maestrini e diretta da Francesco Rosa e nel 2015 è Santuzza (Cavalleria rusticana) per il Festival Como città della musica, sotto la direzione di José Luis Gomez-Rios e con la regia di Serena Sinigaglia; è poi Abigaille (Nabucco) a Varsavia, regia di Marek Weiss, direttore Andriy Yurkevych. Nel 2016 canta Nabucco a Varsavia e Turandot al Festival di Plovdiv in Bulgaria. Tra i prossimi impegni: Tosca presso l’Opera di Iaşi diretta da Marcello Mottadelli e Turandot a Varsavia e Łódź.
TERESA ROMANO Soprano
Di origine campana, inizia lo studio del canto sotto la guida di Giuliana Valente e a soli vent’anni si diploma con il massimo dei voti presso il Conservatorio ‘G. Martucci’ di Salerno. Nel luglio 2005 vince la borsa di studio dell’Accademia per cantanti lirici del Teatro alla Scala e qui si esibisce successivamente in numerosi concerti. In pochi anni di carriera, ha debuttato nei principali ruoli del suo repertorio presso i più importanti teatri italiani e stranieri, al fianco di artisti quali Claudio Abbado, Riccardo Muti, Plácido Domingo. Presso il Teatro alla Scala, nell’ottobre 2006, ha debuttato nel ruolo di Venere (Ascanio in Alba) e, nel novembre 2007, nel ruolo di Fiordiligi (Così fan tutte), sotto la bacchetta di Ottavio Dantone. Si è esibita in concerto con la Filarmonica della Scala diretta da Daniele Gatti, ha eseguito i Quattro pezzi sacri, interpretato Alice (Falstaff) per OperaLombardia e Il viaggio a Reims al Teatro alla Scala. Ha debuttato al Teatro di San Carlo di Napoli ne La clemenza di Tito diretta da Jeffrey Tate con la regia di Luca Ronconi, al Teatro dell’Opera di Roma come Margherita (Mefistofele), a Bologna e Jesi in un concerto dedicato a Pergolesi diretto da Claudio Abbado, all’Arena di Verona come Desdemona (Otello) a fianco di Plácido Domingo, ha cantato a L’Aquila in un concerto lirico diretta da Riccardo Muti e ha debuttato nel ruolo di Leonora (La forza del destino) allo Sferisterio di Macerata con la regia di Pierluigi Pizzi e al Teatro Regio di Parma, cantando il ruolo di Leonora (Il Trovatore). Ha debuttato nel ruolo di Amelia (Un ballo in maschera) allo Sferisterio di Macerata con la regia di Pierluigi Pizzi e al Filarmonico di Verona come Marchesa Del Poggio (Un giorno di regno) e in Francia presso l’Opéra Municipale de Marseille nel ruolo di Vitellia (La clemenza di Tito). Per il XXXIX Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, ha cantato il Requiem di Verdi diretta da Omer Meir Wellber. Ha debuttato al Teatro Comunale di Modena nel ruolo di Vitelliane (La clemenza di Tito). Tra i prossimi impegni, Turandot (ruolo eponimo) al Filarmonico di Verona.
DARIO PROLA Tenore
Nato nel 1980 ad Aosta, si avvicina alla musica e al canto sin da giovane. All’età di quindici anni entra a far parte dello storico Coro Verrès e inoltre intraprende lo studio del flicorno baritono con la Società Filarmonica Verrezziese dal 1995. Inizia lo studio del canto sotto la guida di Vittorio Marciano presso l’Accademia della Voce di Torino. Ha seguito corsi di perfezionamento con Claudio Desderi, Sherman Lowe e Katia Ricciarelli. Attualmente è seguito da Vito Martino nello studio e approfondimento della vocalità. Nel novembre 2014 è stato finalista premiato al Concorso internazionale ‘Salvatore Licitra’ e vincitore del Concorso internazionale ‘Magda Olivero’. Dal 2004 alle già numerose attività affianca anche una collaborazione con il Teatro Regio di Torino, dove è stato assistente alla regia per la messa in scena nell’aprile 2005 de L’amore dei tre re, e, da ottobre, in qualità di aiuto direttore di scena per la messa in scena di Aida, Manon Lescaut e La bohème. Tra i ruoli eseguiti, Bardolfo (Falstaff), Lord Arturo (Lucia di Lammermoor), Canio (Pagliacci), Calaf (Turandot), Cavaradossi (Tosca), Des Grieux (Manon Lescaut), Don Alvaro (La forza del destino), Radamès (Aida), Manrico (Il trovatore) e ha cantato anche la Messa da requiem di Verdi. Si è esibito in vari teatri, tra i quali il Regio di Torino, La Fenice di Venezia, il Manoel di Malta, il Magnani di Fidenza, l’Alfieri di Asti. Nel 2015 ha debuttato in Calaf (Turandot) al Luglio Musicale Trapanese. Nel 2016 ha debuttato Radamès (Aida) a Cluj-Napoca e Pinkerton (Madama Butterfly) a Trapani. Nello stesso anno, partecipa ad alcune recite del progetto AsLiCo Opera domani Turandot (Calaf).
MARIA TERESA LEVA Soprano
Nata a Reggio Calabria, si diploma a pieni voti al Conservatorio ‘F. Cilea’ della sua città natale. Nel 2012 vince il Concorso ‘Ottavio Ziino’ di Roma e nel 2013 riceve il premio speciale della giuria del Concorso lirico di Bologna. Sempre nel 2013 debutta ne Il flauto magico (Pamina) all’interno del progetto AsLiCo Opera domani. Nella primavera 2014 è al Teatro Carlo Felice di Genova come Mimì (La bohème; direttore Giampaolo Bisanti) e Micaela (Carmen; direttore Andrea Battistoni, regia di Davide Livermore). Nell’autunno 2014 canta Donna Elvira (Don Giovanni; regia Graham Vick) nei teatri di OperaLombardia, Reggio Emilia e Bolzano, mentre nell’estate 2015 è al Teatro Regio di Torino come Musetta (La bohème; direttore Andrea Battistoni). Nel 2016 è Violetta (La traviata) all’Opéra Royale de Wallonie di Liegi e al Teatro Lirico di Cagliari. Tra i prossimi impegni di questa stagione 2016/17: Nedda (Pagliacci) a Jesi, Liù (Turandot) al Carlo Felice di Genova, Aida (Aida) al Petruzzelli di Bari e Mimì (La bohème) all’Opera di Firenze.
ALESSANDRO SPINA Basso
Ha studiato canto presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano con Giovanna Canetti. Ha collaborato con importanti registi quali Cristina Pezzoli, Ivan Stefanutti, Stefano Vizioli, Robert Carsen, Gino Zampieri, Roberto De Simone, Stéphane Braunschweig, Micha Van Hoecke, Joseph Franconi Lee, Hugo De Ana, Daniele Abbado, Damiano Michieletto, Massimo Gasparon, Luca De Fusco, Giorgio Ferrara, Ruggero Cappuccio, Peter Stein, Sam Brown, Leo Muscato, Francesco Micheli. Fra i direttori d’orchestra con cui ha lavorato si ricordano Bruno Casoni, Filippo Maria Bressan, Maurizio Benini, Aldo Sisillo, Giacomo Sagripanti, Carlo Montanaro, Stefano Ranzani, Daniele Callegari, Francesco Maria Colombo, Daniele Gatti, Juraj Valčuha, Wolfgang Sawallisch, Massimo Zanetti, Pier Giorgio Morandi, Michele Mariotti, Roberto Abbado, Pinchas Steinberg, Asher Fisch, Riccardo Muti, Andrea Battistoni, Corrado Rovaris, Christian Capocaccia, Gaetano Espinosa, Francesco Lanzillotta, Zubin Metha. Si è esibito in importanti teatri fra i quali Scala di Milano, Opera di Roma, La Fenice e Malibran di Venezia, Arena di Verona, San Carlo di Napoli, Regio di Parma, Comunale di Bologna, Verdi di Trieste, Nuovo di Spoleto, Verdi di Pisa, Goldoni di Livorno, Giglio di Lucca, Alighieri di Ravenna; e, ancora, nei teatri di OperaLombardia, Bolzano, Treviso, Jesi, Fermo, Piacenza, Ferrara, Modena, Pordenone, Udine, Ascoli Piceno, Filarmonico di Verona, Wexford, Maggio Musicale Fiorentino, Pompei. Ha interpretato i ruoli di Don Alfonso (Così fan tutte; tournée del Teatro San Carlo in Cile), Frère Laurent (Roméo et Juliette; Filarmonico di Verona), Lunardo (I quattro rusteghi; Pisa, Livorno, Lucca), Angelotti (Tosca; Arena di Verona, Regio di Parma, Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli, Opera di Roma), Colline (La bohème; Malibran di Venezia, Fermo, Treviso, Jesi, Ascoli Piceno, San Carlo di Napoli), Don Pasquale (Don Pasquale; OperaLombardia), Simone (Gianni Schicchi; Piacenza, Livorno, Maggio Musicale Fiorentino, Modena, Ferrara, Ravenna, Lucca, Pisa), Zuniga (Carmen; Modena, Piacenza, Ferrara, Ravenna). Ha partecipato all’inaugurazione della stagione 2009 del Teatro alla Scala nel Don Carlo (Deputato fiammingo) diretto da Daniele Gatti. Nel repertorio sacro ha cantato: Te Deum di Britten, Requiem di Fauré, Requiem di Mozart, Oratorio de Noël di Saint-Saëns, Messa di Mercadante, Messa K. 317 di Mozart. Recentemente ha interpretato Colline (La bohème) per OperaLombardia, Archangel Michael in CO2 di Battistelli, Don Basilio (Il barbiere di Siviglia), Billy Jackrabbit (La fanciulla del West) e Angelotti (Tosca) al Teatro alla Scala, principe di Bouillon (Adriana Lecouvreur) presso l’Opéra de Monte Carlo, Don Basilio (Il barbiere di Siviglia) al Teatro San Carlo di Napoli, Ferrando (Il trovatore) e Talbot (Maria Stuarda) all’Opera di Tenerife, Colline (La bohème) a Liegi.
MARCO VOLERI Tenore
Diplomato in canto al Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano, frequenta l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, l’Accademia Lirica del Rotary International, l’Accademia del Belcanto di Modena. Nel 2011 consegue la laurea specialistica in canto lirico presso il Conservatorio ‘G. Puccini’ di La Spezia. Si contraddistingue nei ruoli di carattere delle rappresentazioni de Il trovatore, La traviata, Nabucco, Rigoletto, Pagliacci, Carmen, Manon Lescaut, Tosca e Lucia di Lammermoor. Tra i recenti impegni, Bardolfo (Falstaff) alla ROHM di Muscat (Oman), coprodotto dall’Accademia del Teatro alla Scala e il Teatro Regio di Parma, Gobin (La rondine) nei Teatri del Giglio di Lucca, Verdi di Pisa, Goldoni di Livorno, Comunale di Modena e Alighieri di Ravenna. È Altoum (Turandot) al Festival Pucciniano di Torre del Lago, il Duca di Mantova (Rigoletto) allo Xinghai Concert Hall di Canton (Cina), Malcolm (Macbeth) allo Sferisterio di Macerata. Canta ne La traviata al Seoul Arts Centre e ne La bohème al Teatro alla Scala di Milano per la regia di Franco Zeffirelli. Debutta al Teatro La Fenice di Venezia con Death in Venice di Britten e al Teatro alla Scala di Milano con Don Curzio (Le nozze di Figaro). Intensa anche la sua attività concertistica: esegue Dichterliebe di Schumann, tiene concerti di gala in Lussemburgo e in Germania. Nel 2013 esordisce come scrittore con l’autobiografia Sintomi di felicità. Tra gli impegni futuri, Spoletta (Tosca) al Teatro delle Muse di Ancona, Gherardo (Gianni Schicchi) e Sancta Susanna al Teatro Verdi di Pisa.
LEO AN Baritono
Nato a Seoul, si diploma in canto all’Università Nazionale Coreana di Arte e, trasferitosi in Italia, studia canto con Pier Miranda Ferraro. È vincitore di prestigiosi concorsi lirici, tra cui il ‘Francisco Viñas’ di Barcellona, il ‘Belvedere’ di Vienna e il ‘Voci Verdiane’ di Busseto. Si distingue nel repertorio verdiano interpretando Nabucco all’Opera di Washington, al Petruzzelli di Bari e al Lirico di Cagliari, dove è stato anche Gérard (Andrea Chenier), Tonio (Pagliacci), Lescaut (Manon Lescaut). È Rigoletto (Rigoletto) al Filarmonico di Verona, Comunale di Firenze, Bellini di Catania, São Carlos di Lisbona, Landestheater di Bregenz, Slowakian National Opera di Bratislava, State Opera di Praga. Debutta nel Simon Boccanegra (ruolo eponimo) al Seoul Arts Center diretto da Myung-whun Chung. Tra gli altri ruoli al suo attivo, Scarpia (Tosca) nei Teatri Lirico di Cagliari, Comunale di Sassari e al Seoul Arts Center, Ping (Turandot) alla Royal Opera House di Muscat e al Festival Pucciniano di Torre del Lago, Marcello (La bohème) al Seoul Arts Center, Torquato Tasso (Torquato Tasso) al Teatro Donizetti di Bergamo, Conte di Luna (Il trovatore), Ezio (Attila) al Filarmonico di Verona e a Sankt Gallen, dove interpreta inoltre Francesco Foscari (I due Foscari) e Alfonso XI (La Favorita), Renato (Un ballo in maschera) al Comunale di Firenze, Amonasro (Aida) al Luglio Musicale Trapanese, Marchese de Bois Doré (Lauriane) al São Carlos di Lisbona, Valentine (Faust), Guglielmo (Guglielmo Tell) al Comunale di Bologna, Escamillo (Carmen), Tonio (Pagliacci) e Alfio (Cavalleria rusticana) nei Teatri Verdi di Pisa, del Giglio di Lucca e Goldoni di Livorno. Tra gli impegni futuri, Lescaut (Manon Lescaut)al Teatro Petruzzelli di Bari e Rigoletto (Rigoletto) alla Lyric Opera di Kansas City.
SAVERIO PUGLIESE Tenore
È nato a Cosenza, dove ha intrapreso lo studio del canto presso il Conservatorio ‘San Giacomantonio’; attualmente si sta perfezionando con Fernando Cordeiro Opa. Ha frequentato masterclass con: Luciana Serra, Gloria Banditelli, Tiziana Fabbricini, Alfonso Antoniozzi. Ha interpretato i ruoli di Tony (West Side Story) al Teatro Odeon di Paola (CS), Bastien (Bastien und Bastienne) in occasione del Festival mozartiano della Locride 2006, Silvio (Pagliacci) al Teatro Rendano di Cosenza. Nel 2010 ha cominciato un’intensa collaborazione con il Teatro Sociale di Como, partecipando nei progetti AsLiCo Opera domani Lupus in fabula di Raffaele Sargenti (Lupo/Ausilia), Nabucco (Ismaele) e Il flauto magico (Monostatos e Primo armigero, nelle recite al Teatro degli Arcimboldi di Milano) e Pocket opera Tosca (Spoletta) e Il trovatore (Ruiz); per OperaLombardia è stato Gastone (La traviata), Matteo Borsa (Rigoletto), Don Riccardo (Ernani), Roderigo (Otello). È ancora Don Riccardo nella stagione lirica 2011/12 del Teatro Rendano di Cosenza. È stato impegnato in Napoli milionaria di Nino Rota (Amedeo) per i teatri di Lucca, Livorno e Pisa. Nel 2014 è stato Gheraldo (Gianni Schicchi) per il Festival ‘Orizzonti d’Arte’ di Chiusi (SI). Svolge da anni un’intensa attività concertistica nell’ambito cameristico. È laureato in lettere moderne ad indirizzo critico-letterario. Tra le sue ultime produzioni: la Nona sinfonia di Beethoven al Teatro Politeama di Palermo (giugno 2016), The Magic Flute Opera domani al Royal Opera House di Muscat (marzo 2016); partecipa inoltre al Luglio Musicale Trapanese (2015) in Turandot (Pang) e Cendrillon di Viardot (Comte Barigoule). Ad ottobre 2014 ha debuttato nel ruolo di Goro (Madama Butterfly) per OperaLombardia. Tra gli impegni di questa stagione 2016/17: Turandot (Pang) al Teatro Massimo Bellini di Catania, Manon Lescaut al Teatro Regio di Torino e al Grand Théâtre de Genève.
EDOARDO MILLETTI Tenore
Nato ad Assisi nel 1987, inizia giovanissimo i suoi studi lirici con Carmen Gonzales. Nell’estate 2008 debutta nel teatro, cantando da solista nello spettacolo Carnet de Notes 2008 con la regia di Giuseppe Marini al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Nell’ottobre 2009 entra nella Scuola dell’Opera Italiana del Teatro Comunale di Bologna, inaugurando la stagione 2010 del teatro stesso come ein Sklave/ein Nazarener (Salome), mentre in estate interpreta Gustave (Pomme d’Api di Offenbach) e Balandard/Babylas (Monsieur Choufleuri di Offenbach). A gennaio 2011 è Nick (La fanciulla del West) al Teatro Politeama Greco di Lecce. Nel 2011 prende parte al concerto dei vincitori del circuito lirico dei concorsi italiani a Pienza, in veste di premiato al Concorso ‘Benvenuto Franci’ di Pienza, ed è Ernesto (Don Pasquale) al Teatro Araldo di Torino. A novembre 2012 è vincitore del 3° premio al Concorso ‘Ottavio Ziino’ di Roma e nel marzo 2013 è vincitore del Concorso lirico O.M.E.G.A. di Firenze. È vincitore del 66° Concorso internazionale per cantanti lirici 2012 del Teatro Lirico Sperimentale ‘A. Belli’ di Spoleto, per il quale interpreta Macacco (Favola dei tre gobbi) e Alfredo (La traviata) durante la stagione lirica 2012 del Teatro Lirico Sperimentale e Ferrando (La traviata) nella stagione 2013.
OMAR KAMATA Baritono
Nato a Treviso, si diploma in canto al Conservatorio di Vicenza; attualmente si perfeziona con il mezzosoprano Bruna Baglioni. Finalista e vincitore di vari concorsi internazionali, tra i quali il ‘Toti Dal Monte’ (2004) e il Concorso lirico ‘F. Alfano’ (2005). Nel 2004 debutta come Figaro (Il barbiere di Siviglia). Da allora partecipa a vari allestimenti, interpretando i ruoli principali di Così fan tutte, Don Giovanni, Il barbiere di Siviglia, L’Italiana in Algeri, La Cenerentola, Don Pasquale, L’elisir d’amore, Turandot, La bohème, Carmen, La traviata, Il trovatore, Rigoletto, Gianni Schicchi, Il tabarro e Cavalleria rusticana. Nel mondo dell’operetta è più volte Danilo (La vedova allegra). È protagonista in opere di Galuppi come L’inimico delle donne e La calamita de’ cuori. Nel 2011 debutta nel ruolo di Falstaff (Falstaff). Nello stesso anno interpreta Sharpless (Madama Butterfly) al Großes Festspielhaus di Salisburgo. Nel 2014 debutta nel ruolo di Jago (Otello), mentre in Turchia canta Scarpia (Tosca). Chiude l’anno prendendo parte alla produzione di Carmen al Teatro Verdi di Salerno diretto da Daniel Oren. Di particolare importanza, nel 2015, la partecipazione alla rappresentazione in prima assoluta dell’opera El Greco di Hatzinasios (Tiziano) presso il Teatro Piraeus di Atene. A marzo 2016 è di nuovo ad Atene: è alla Greek National Opera per Rigoletto (ruolo eponimo) ed è Escamillo (Carmen) nel luglio 2016 presso la prestigiosa location di Herodion. Nel maggio 2016 è nuovamente Rigoletto (Rigoletto) al Seoul Arts Center e Scarpia (Tosca) al Teatro Petruzzelli di Bari.