Opera buffa in due atti. Musica di Gioachino Rossini. Libretto di Felice Romani.
Prima rappresentazione: Teatro alla Scala di Milano, 14 agosto 1814
Selim Fabrizio Beggi
Donna Fiorilla Paola Leoci
Don Geronio Marco Bussi
Don Narciso Ruzil Gatin
Prosdocimo Vittorio Prato
Zaida Cecilia Bernini
Albazar Stefano Marra
Direttore
Christopher Franklin
Regia
Alfonso Antoniozzi
Scene Monica Manganelli
Costumi Mariana Fracasso
Light designer Nando Frigerio
Collaborazione videodesign Daring House (Stefano Casertano, Antonio Luca Padovani, Veronica Carli)
Maestro del coro Giuseppe Califano
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coproduzione Teatri di OperaLombardia
Nuovo allestimento
Atto I
Siamo nei pressi di Napoli, ove il poeta Prosdocimo, in cerca di un buon soggetto, si imbatte in un gruppo di zingari. La zingara Zaida, dopo aver letto la mano a Geronio, che vuole sapere quando la sua capricciosa moglie Fiorilla metterà finalmente giudizio, narra a Prosdocimo come sia stata costretta a fuggire dall’amato principe Selim a causa della gelosia delle sue compagne. Prosdocimo la informa dell’imminente arrivo di un principe turco, che potrebbe forse intercedere per lei. Mentre entra in scena Fiorilla, che passeggia con un gruppo di amiche, giunge Selim; colpito dalla bellezza di Fiorilla, comincia subito a corteggiarla. Prosdocimo incontra Narciso, cavalier servente di Fiorilla, che teme pure lui il carattere incostante della giovane, e quindi un indignato Geronio, che gli comunica che Fiorilla ha invitato il Turco a prendere il caffè in casa sua. Prosdocimo è soddisfatto per i possibili sviluppi del suo dramma. A casa di Geronio, Fiorilla civetta con Selim quando arriva il marito, costretto a baciare la veste del principe in segno di omaggio. Selim, prima di lasciare la casa, dà appuntamento a Fiorilla in riva al mare per quella sera stessa. Geronio, dopo aver narrato gli ultimi avvenimenti ad un sempre più entusiasta Prosdocimo, ha un duro scontro con la moglie, che proclama orgogliosamente la sua libertà di prendersi tutti gli amanti che vuole. La scena si sposta in riva al mare, ove Selim, che attende Fiorilla, incontra Zaida: i due si riconoscono e si abbracciano, quando giunge Fiorilla, seguita di nascosto da Narciso e Geronio; la giovane immediatamente si scontra con Zaida, mentre gli uomini tentano invano di fare da pacieri e Prosdocimo se la ride.
Atto II
All’interno di una locanda, Geronio apprende dal poeta che proprio lì sua moglie deve incontrare Selim. Il principe turco, sopraggiunto, propone a Geronio di comprargli la moglie, secondo le usanze del suo paese; al netto rifiuto seguono minacce reciproche. Partito Geronio, tocca a Fiorilla e Zaida scontrarsi con Selim, l’una offesa e l’altra addolorata per le incertezze sentimentali del principe. Prosdocimo, che è venuto a sapere che Selim intende rapire Fiorilla durante una festa mascherata, avvisa Zaida, suggerendole di presentarsi alla festa travestita da Fiorilla; consiglia poi anche Geronio di partecipare alla festa, in costume da gorilla, per sorvegliare la moglie e impedirne il rapimento. Narciso, che ha udito tutto, decide di travestirsi a sua volta da turco, per portare via con sé Fiorilla. Tutti questi travestimenti creano una serie infinita di equivoci durante la festa: Geronio, che vede due turchi e due Fiorilla, reclama a gran voce la moglie e fa la figura del pazzo; Fiorilla fugge poi con Narciso e Zaida con Selim. Tornato alla locanda, Prosdocimo, che ha appreso dallo stesso Selim della sua definitiva riconciliazione con Zaida, suggerisce allo sconsolato Geronio di dare una lezione alla moglie fingendo un divorzio. Fiorilla riceve quindi una lettera di ripudio dal marito, che le impone di tornare a Sorrento dalla sua famiglia; prepara quindi le sue cose e, addolorata, abbandona la casa. Tutto è pronto per il finale lieto: ed è come sempre Prosdocimo, che ha ormai tutti gli elementi per il suo dramma buffo, a fungere da motore degli avvenimenti. Narra il sincero pentimento di Fiorilla a Geronio, che dal canto suo non vedeva l’ora di riabbracciarla e di accoglierla di nuovo con sé; la coppia riconciliata saluta Selim e Zaida, che si imbarcano per far ritorno alla loro terra.
FIASCHI E FORTUNA
di Christopher Franklin
Come tanti titoli che fanno parte del repertorio lirico conosciuto oggi, la nascita de Il Turco in Italia nel 1814 non è stato un parto del tutto felice. Seguendo la grande attrazione degli Europei nei primi anni dell’800 per le vicende esotiche, Gioachino Rossini aveva ottenuto un grande successo un anno prima, nel 1813, con la sua opera L’Italiana in Algeri. Purtroppo la prima di questo Turco, proprio alla Scala, fu accolta freddamente soffrendo sicuramente in parte il paragone con L’Italiana in Algeri, l’opera definita da Stendhal come «la perfezione del genere buffo».
Il fatto è che Il Turco in Italia è ricco di melodie freschissime e originalissime: infatti, il bravo Rossini, avendo capito il valore di questa partitura, ha ripescato parecchio materiale musicale per riutilizzarlo in opere successive, prassi in ogni caso molto comune in quei anni. Risentiamo la prima parte della Sinfonia di Turco in Otello un paio di anni dopo, nel 1816. Nello stesso anno (1816), una gran parte del secondo atto di Turco viene riutilizzata ne La gazzetta.
In ogni caso, la fortuna moderna de Il Turco in Italia nasce sicuramente negli anni ’50 del ‘900, con una nuova produzione diretta da Gianandrea Gavazzeni, interpreti Maria Callas e Sesto Bruscantini; pochi anni dopo, nel 1955, va in scena una ‘prima’ alla Scala per la regia di Franco Zeffirelli, sempre con la Callas nel ruolo di Fiorilla. Trattandosi di un’opera quasi del tutto dimenticata, è un piacere vedere per quest’anno ben tre produzioni in Italia.
SCATOLE CINESI
di Alfonso Antoniozzi
A voler ridurre all’osso la trama de Il Turco in Italia, si potrebbe dire che non è nulla più dell’ennesima rielaborazione di un vecchio tema sviscerato sui palcoscenici dai tempi di Plauto: un vecchio sposato a una giovane di allegri costumi, l’amante fisso di questa, l’arrivo di un secondo amante, una bella agnizione (il secondo amante ritrova un’amante creduta morta), doppio lieto fine col ricongiungimento delle due coppie. Grazie, arrivederci.
Ma Felice Romani, che potremmo tranquillamente chiamare ‘il Mogol dei suoi tempi’, visto che scrisse libretti praticamente per ogni compositore della sua epoca, introduce in questo cliché abbastanza trito una variabile modernissima: la figura del ‘Poeta’. Ai tempi d’oggi leggiamo ‘poeta’ e pensiamo a Ungaretti, Foscolo, Leopardi, Neruda, ma nel gergo teatrale d’allora il poeta altri non era che il librettista: Romani mette dunque in scena se stesso e i travagli di un librettista cui è stata commissionata la scrittura di un dramma, buffo di cui «non trova l’argomento». A questo punto tutta la struttura drammaturgica prende un guizzo di vitalità a parere mio mai incontrata prima in un libretto d’opera: lo spettatore è invitato ad assistere alla genesi di un libretto. Certo, qualcosa di simile era già successo in componimenti come Le convenienze e inconvenienze teatrali di Donizetti o ne L’impresario in angustie di Cimarosa, ma in queste opere ci si focalizza sulle beghe di primedonne e castrati e sui vari impedimenti di un allestimento, insomma sui pettegolezzi da camerino che tanto intrigano anche i melomani odierni, mai sulle difficoltà della scrittura e dell’immaginazione di un libretto, della costruzione di una trama.
Il nostro Poeta (si chiama Prosdocimo, ma non viene mai chiamato per nome) decide quindi di prendere spunto dalla realtà che lo circonda e raccontarla, a volte intervenendo direttamente nelle vicende di cui è testimone e tentando di alterarne teatralmente gli esiti. Chi osserva è dunque invitato ad entrare direttamente ‘nella testa’ del librettista, e viene rimbalzato da Rossini e Romani in un gioco di specchi dove la realtà si mescola alla fantasia, l’invenzione si stempera nel vero, fino a disorientare lo spettatore e trasformarlo in una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie Teatrali.
Leggendo il libretto viene in mente a chiunque mastichi di teatro e di letteratura la celebre frase con cui Eduardo descrisse il suo teatro: «ho assorbito avidamente, e con pietà, la vita di tanta gente», e viene in mente anche quel senso di disorientamento che fu proprio di tutta la produzione teatrale pirandelliana: solo questo basterebbe per fare del Il Turco in Italia l’opera più ‘moderna’ della produzione rossiniana, e forse a comprendere perché quest’opera non ebbe, all’epoca in cui fu presentata, il medesimo strabiliante successo di Barbiere, Cenerentola o Italiana in Algeri (di cui fu a torto considerata una brutta copia).
Nello spettacolo che abbiamo inventato per OperaLombardia, abbiamo tentato di raccontare esattamente questo, e di creare il medesimo disorientamento. Le scenografie di Monica Manganelli sono completamente virtuali, reali e irreali al medesimo tempo: statiche eppure animate, quando credi di averle afferrate sono già scomparse, sono già diventate qualcosa d’altro. Rincorrendo i pensieri, i ripensamenti, le cancellazioni, gli stati d’animo del librettista ci consentono di affrontare serenamente e con coerenza teatrale i repentini cambi di ambientazione voluti dalla trama. I costumi di Mariana Fracasso, in omaggio ad Eduardo e al mondo che seppe portare sulla scena, ci riportano alla Napoli dell’immediato dopoguerra, quella della ricostruzione, della vita che faticosamente ricomincia e che è pronta per essere raccontata e teatralizzata, un periodo in cui l’esotico (l’arrivo del Turco, appunto, e la presenza degli zingari) era ancora percepito come tale, perché non ancora filtrato dalla lente distorta del pregiudizio e nemmeno anticipato, come ai giorni nostri, da una visita su Trip Advisor e Google Maps. Per la mia parte, ho cercato di costruire un meccanismo teatrale di scatole cinesi costantemente alternato tra realtà e fantasia, tra opera e prosa, tra avanspettacolo e musical, tra cinema e varietà, un percorso in cui mi auguro lo spettatore sia disposto a perdersi, rinunciando a capire se quello che gli raccontiamo stia succedendo davvero o sia solo l’immaginazione del poeta, se quello che gli appare davanti agli occhi sia la vita di Fiorilla e Geronio o solo una commedia ben congegnata, se stia vedendo la realtà o le prove di uno spettacolo, abbandonandosi a questo caos organizzato e lasciandosi coinvolgere da quell’ottovolante teatrale che è Il Turco in Italia di Felice Romani e Gioachino Rossini.
CHRISTOPHER FRANKLIN Direttore
Ha iniziato lo studio del violino all’età di 6 anni. Dopo essersi diplomato in violino e letteratura tedesca, ha conseguito il Master of Music in direzione d’orchestra presso l’Università dell’Illinois e il dottorato con Frederik Prausnitz al Peabody Conservatory of Music di Baltimora. Si è poi perfezionato con Seiji Ozawa e Gustav Meier presso il Tanglewood Music Festival e con Charles Bruck presso la Pierre Monteux School for Conductors. È stato assistente di Gianluigi Gelmetti e Peter Maag. Ha diretto nei principali teatri lirici e festival italiani, fra cui il Regio di Torino, Maggio Musicale Fiorentino, Comunale di Bologna, San Carlo di Napoli, Verdi di Trieste, Carlo Felice di Genova, Opera di Roma, Massimo di Palermo, Piccolo Teatro di Milano, Municipale di Piacenza, Comunale di Modena, Valli di Reggio Emilia, Comunale di Treviso, Pergolesi di Jesi, Rossini Opera Festival, Spontini Festival. All’estero si è esibito presso la Alte Oper di Frankfurt, il Festspielhaus di Baden Baden, il Théâtre des Champs Elysées a Parigi, il Palau de les Arts di Valencia, la Minnesota Opera, il Bellas Artes di Città del Messico, il Wexford Festival, il Festival Rossini di Wildbad, il Konzerthaus di Vienna, l’Herculessaal di Monaco di Baviera, la Philharmonie di Köln, la Musikhalle di Amburgo, il Konzerthaus di Dortmund, la Cadogan Hall di Londra, il Carnival Centre di Miami, l’International House of Music di Mosca, la Dvořák Hall di Praga. Ugualmente attivo anche in ambito sinfonico, ha diretto la London Philharmonic Orchestra, la Royal Philharmonic di Londra, la Sydney Symphony, la West Australian Symphony, la National Philharmonic of Russia, i Münchner Symphoniker, l’SWR Orchester, la RAI di Torino, la Prague Radio Symphony, l’Orchestre de Chambre de Paris, il Maggio Musicale Fiorentino, l’Orchestre de La Monnaie a Bruxelles, l’Orquesta de la Comunitat Valenciana, l’Orquesta di Navarra, il Sinfonieorchester di San Gallo, la Verdi di Milano, la Philarmonique di Monte Carlo, l’Orchestra della Toscana, la Filarmonica dell’Arena di Verona, l’Orchestra ’900 del Teatro Regio di Torino, la Radio Svizzera Italiana di Lugano, la Filarmonica Toscanini di Parma, l’Orchestra da Camera di Padova, la Sinfonica Siciliana di Palermo, I Pomeriggi Musicali di Milano. Ha collaborato con solisti di fama internazionale quali, tra gli altri, Salvatore Accardo, Boris Belkin, Mischa Maisky, Natalia Gutman, Bruno Giuranna, Marco Rizzi, Pietro De Maria, Enrico Pace, Ruggero Raimondi, Francisco Araiza, Ildar Abdrazakov, Dimitra Theodossiou, Ildebrando D’Arcangelo.
ALFONSO ANTONIOZZI Regista
Nato a Viterbo, dopo il conseguimento degli studi classici ha studiato canto con Sesto Bruscantini. Nel corso della sua carriera ha calcato i palcoscenici dei maggiori teatri al mondo, fra i quali, Teatro alla Scala, Covent Garden, Metropolitan, Wiener Staatsoper, Berliner Staatsoper, Opéra di Parigi, Lyric Opera di Chicago, Concertgebouw di Amsterdam, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, San Francisco Opera. Il suo vasto repertorio comprende tutti i grandi titoli d’opera buffa rossiniana e donizettiana, insieme a capisaldi del genere come Falstaff e Gianni Schicchi ed alla trilogia Mozart/Da Ponte. In tempi recenti ha affiancato al suo repertorio alcune felici incursioni nell’opera moderna, come Candide a Santa Cecilia, Death in Venice a Genova ed a Firenze, Il cappello di paglia di Firenze alla Scala e a Torino. Tra le sue molteplici interpretazioni ricordiamo Il turco in Italia (Don Geronio), Il barbiere di Siviglia (Don Bartolo) al Teatro alla Scala con Riccardo Chailly, La forza del destino (Fra Melitone) all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con Valerij Gergiev ed alla Scala con Riccardo Muti, Il barbiere di Siviglia al Metropolitan di New York con Bruno Campanella ed all’Arena di Verona con Claudio Scimone, Il viaggio a Reims (Don Profondo) a Genova con la regia di Dario Fo. Nel 2008 ha debuttato, come regista, al Tuscia Opera Festival in una nuova produzione de Il barbiere di Siviglia. A maggio 2009 ha curato la regia di una nuova produzione di Don Pasquale al Comunale di Bologna. Ha interpretato Don Pasquale (Don Pasquale) all’Opernhaus di Zurigo, Il barbiere di Siviglia alla Staatsoper di Amburgo, L’elisir d’amore alla Staatsoper di Berlino ed a Pechino, Tosca (Scarpia) a Trento e Rovigo, Napoli millionaria al Festival della Valle d’Itria, Matilde di Shabran al Covent Garden di Londra, Les contes d’Hoffmann e Adriana Lecouvreur al Regio di Torino, Il barbiere di Siviglia al Teatro Lirico di Cagliari, Così fan tutte e Don Giovanni al Filarmonico di Verona ed al Teatro Valli di Reggio Emilia, La Cenerentola al Carlo Felice di Genova e La fille du régiment a Savonlinna (in tournée con il Comunale di Bologna), Così fan tutte al Teatro Municipale di Piacenza ed all’Opera di Oviedo, Don Pasquale al Carlo Felice di Genova, Così fan tutte al Festival di Glyndebourne, Falstaff al Regio di Torino, La Cenerentola all’Opéra de Montpellier ed al Liceu di Barcelona, L’Italiana in Algeri all’Opernhaus di Zurigo, Il barbiere di Siviglia ad Amburgo. Nel corso della stagione 2010/11 ha ottenuto uno straordinario successo in campo registico con una nuova produzione de La traviata al Comunale di Bologna. In seguito è tornato ad interpretare L’elisir d’amore all’Opernhaus di Zurigo ed alla Staatsoper di Berlino, Il barbiere di Siviglia a Tel Aviv e Lima, Amelia al ballo (Il marito) al Festival di Spoleto, La notte di un nevrastenico (Il nevrastenico) al Teatro Verdi di Sassari. In campo registico ha ripreso la regia de La traviata al Teatro Lirico di Cagliari ed ha curato due nuove produzioni: Il tribuno e Der Diktator al Festival della Valle d’Itria. Ha inaugurato la stagione 2011/12 interpretando Il marito disperato (Il marchese) al San Carlo di Napoli, ed in seguito L’elisir d’amore (Dulcamara) alla Staatsoper di Berlino. Fra i suoi prossimi impegni, le interpretazioni di Gianni Schicchi (Gianni Schicchi) al Verdi di Sassari, Il campanello dello speziale al San Carlo di Napoli e Il marito disperato (Il marchese) in tournée ad Hong Kong sempre con il San Carlo di Napoli.
MONICA MANGANELLI Scenografa
Nata a Parma nel 1977, si diploma in Architettura presso l’Istituto d’arte ‘P. Toschi’ nel 1996 e nel 2002 si laurea in Beni Culturali all’Università di Parma, specializzandosi in Architettura e Arti Sceniche. Al Teatro Regio di Parma inizia a collaborare a numerose produzioni liriche e di prosa, prima come assistente poi come scenografa collaboratrice, e dal 2002 al 2011 lavora per importanti teatri, tra cui il Regio di Torino, La Fenice di Venezia, Comunale di Bologna, Piccolo Teatro di Milano, Stabile di Torino. Dopo quasi dieci anni nell’ambito del teatro, sposta il suo campo d’azione dalla scenografia reale a quella virtuale e collabora con produzioni di film e Visual Effects Studios soprattutto stranieri, occupandosi della creazione visiva di scenari per film e spot. Una delle sue ultime importanti collaborazioni riguarda il film Cloud Atlas dei fratelli Wachowski. Nel 2013 firma le scenografie virtuali al Beijing Music Festival per le celebrazioni verdiane (La traviata, Rigoletto, Il trovatore). Nel 2015 firma la regia de La ballata dei senzatetto, il suo primo corto di animazione, con cui partecipa a ben cinquanta festival internazionali, da Cannes fino al LA Shorts Fest, vincendo fra l’altro la qualificazione agli Oscar 2016, un Nastro d’argento per l’animazione e la candidatura ai David di Donatello. Nel 2016/17 firma le scenografie di Roberto Devereux, Anna Bolena, Maria Stuarda, in coproduzione fra Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Regio di Parma, Teatro La Fenice di Venezia.
MARIANA FRACASSO Costumista
Torinese, nasce nel 1962. Ha curato i costumi di diversi allestimenti di Davide Livermore: Die Zauberflöte, Otello, Le nozze di Figaro, La forza del destino, Narciso di Scarlatti, Norma, Idomeneo. Ha lavorato in teatri come il Palau Reina Sofia di Valencia, il Sinfonico di Stavanger, il Colon di Buenos Aires, il Landestheater di Innsbruck. Ha collaborato come stilista per varie brand prestigiose, come Max Mara, Casadei, Coin, La Rinascente, Prénatal.
NANDO FRIGERIO Light designer
Specializzato nel campo dell’illuminotecnica teatrale, ha lavorato per più di cento spettacoli al Teatro dell’Elfo dal 1980 ad oggi. Ha iniziato firmando le luci de Il gioco degli dei, e da allora ha illuminato tutti gli spettacoli di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani e ha collaborato con Marco Baliani, Claudio Collovà, Francesco Frongia, Renato Sarti, Andrea Taddei, Roberto Valerio. La sua passione permette di realizzare impianti scenografici complessi ed ha incantato migliaia di spettatori.
GIUSEPPE CALIFANO Maestro del coro
Si diploma in pianoforte nel 2004, perfezionandosi a Bologna e Torino sotto la guida di Giuseppe Modugno e Francesco Cipolletta. Si diploma in composizione con il massimo dei voti presso il Conservatorio dell’Aquila con Claudio Perugini e ha seguito il corso di analisi e composizione dell’Accademia di Imola con Marco Di Bari. Nel 2010 il suo brano Delle anime fatte d’inverno viene segnalato al Concorso ‘Valentino Bucchi’. Del 2011 è D’ambra per violino e orchestra, eseguito nel dicembre dello stesso anno presso l’Auditorium di Milano. Nello stesso anno viene eseguito il suo E un vecchio dice parole di un mondo fa al Festival di Huddersfield. Nel maggio 2013 avviene la prima esecuzione assoluta della sua favola Peter Pan. Nel 2015/16 la Don Bosco Youth Orchestra di El Salvador gli commissiona ed esegue in tournée Vanitas Vanitatum per coro e orchestra. Dal 2010 collabora nell’ambito della didattica e della promozione musicale con festival come Milano Musica e MiTo. Fa parte del comitato didattico ed è formatore per il progetto AsLiCo Opera domani. Ha seguito seminari e masterclass dedicati alla direzione d’orchestra e ne ha approfondito la tecnica con Pietro Mianiti. Attualmente è maestro del coro per il progetto 200.com e per OperaLombardia.
FABRIZIO BEGGI Basso
Si diploma in fagotto con il massimo dei voti presso l’Istituto Musicale ‘P. Mascagni’ di Livorno, specializzandosi poi presso l’Accademia Musicale di Basilea. In qualità di fagottista, ha collaborato con diverse orchestre, tra le quali: Orchestra della Toscana, Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Orchestra Sinfonica di Savona. Contestualmente alla sua attività concertistica, inizia nel 2009 lo studio del canto con Giovanni Mazzei; prosegue poi presso l’Accademia di Santa Cecilia di Portogruaro sotto la guida di Claudio Desderi, con il quale debutta nel ruolo di Leporello (Don Giovanni). Inizia nel 2011 a far parte dell’Ensemble Opera Studio del Carlo Felice di Genova, interpretando Il campanello (Don Annibale Pistacchio), Gianni Schicchi (Marco/Maestro Spinelloccio), Roméo et Juliette (Le duc), Turandot. Vince nel 2012 il Concorso ‘Toti Dal Monte’, debuttando in Geronimo (Il matrimonio segreto) a Treviso, Rovigo e Ferrara. Tra gli impegni delle passate stagioni ricordiamo: Andrea Chénier e Don Carlo al Regio di Torino, dove poi è tornato per Rigoletto (Monterone), Simon Boccanegra (Pietro), Le nozze di Figaro (Bartolo), I puritani (Lord Gualtiero Valton), Un ballo in maschera, Gianni Schicchi (Betto di Signa), Guillaume Tell (Melchtal); La Cenerentola (Alidoro) a Ferrara, Rovigo e Treviso; Rigoletto (Monterone) a Savona; I Capuleti e i Montecchi (Lorenzo) al Reate Festival di Rieti; Tosca (Angelotti) a Jesi e Fermo; Divorzio all’italiana di Battistelli e Un ballo in maschera al Comunale di Bologna; Madama Butterfly a Roma; Don Giovanni a Trieste; Madama Butterfly alle Terme di Caracalla. È tornato al Regio di Torino come Bartolo (Le nozze di Figaro), I puritani e La donna serpente di Casella e ha preso parte alla tournée di Simon Boccanegra ad Hong Kong. Ha cantato Le nozze di Figaro (Bartolo) a Napoli. Tra gli impegni futuri, Manon Lescaut a Torino.
PAOLA LEOCI Soprano
Nata nel 1990 a Monopoli (BA), nel 2015 si diploma con il massimo dei voti e la lode in canto lirico al Conservatorio di Monopoli con Rita Paglionico. Nel 2012 debutta nel ruolo di Bastiana (Bastiano e Bastiana) presso il chiostro del Conservatorio di Bari e nel luglio dello stesso anno debutta in Adele (Il pipistrello). Nel maggio 2014 canta come solista nell’Exultate, jubilate di Mozart al Pantheon di Roma e sempre nello stesso anno canta Pepi (Sangue viennese) e debutta in Norina (Don Pasquale) al Teatro Rendano di Cosenza. Nel 2015 canta come solista nello Stabat Mater di Haydn nella Basilica di San Nicola a Bari. Sempre nel 2015 canta Le convenienze ed inconvenienze teatrali presso il Conservatorio di Monopoli, L’impresario in angustie a Basilea, il Requiem di Mozart a Bari e la Messa in re maggiore di Piccinni, in prima esecuzione mondiale, ancora a Bari. Nel 2016/17 debutta ne La serva padrona al Teatro Comunale di Ferrara e canta nel ruolo di Oscar (Un ballo in maschera) al Municipale di Piacenza e all’Alighieri di Ravenna.
MARCO BUSSI Baritono
Ha già avuto modo di esibirsi in alcune fra le più prestigiose istituzioni operistiche in Italia, fra le quali Maggio Musicale Fiorentino, Comunale di Bologna, Carlo Felice di Genova, Olimpico di Vicenza, Donizetti di Bergamo, Comunale di Ferrara, Comunale di Bolzano, Festival MiTo di Torino, nonché all’estero presso il Festival Rossini in Wildbad, al Concertgebouw di Amsterdam, alla Cité de la musique de Paris e al Theaterhaus di Stoccarda. Brillante interprete delle opere di Rossini, Donizetti e Mozart, spazia anche nel repertorio barocco. Ha tenuto concerti di musica barocca con il Ghislieri Consort in Europa (La Chaise-Dieu, Royaumont, Utrecht, Bucarest, MiTo Festival a Torino) con musiche di Mozart, Perez e Colonna. Ha collaborato con direttori d’orchestra del calibro di Antonino Fogliani, Zubin Mehta, Daniel Kawka e Giovanni Battista Rigon, fra gli altri. Fra le sue ultime interpretazioni si segnalano La pietra di paragone (Macrobio) a Cagliari, L’elisir d’amore (Belcore) a Genova e Busseto, Così fan tutte (Guglielmo) a Vicenza, Madama Butterfly (Yamadori) a Bari, Gianni Schicchi a Sarzana, L’Orfeo a Boston.
RUZIL GATIN Tenore
Nato nel 1987 nell’ex Unione Sovietica, si laurea all’Università russa di arti teatrali di Mosca e al Conservatorio di Kazan’, dove partecipa ad alcune produzioni come L’amore delle tre melarance (Truffaldino), Evgenij Onegin (Lensky), Le nozze di Figaro (Basilio) e Roméo et Juliette (Roméo/Tybalt). È vincitore di numerosi concorsi nazionali e internazionali, come Youth of 21st Century (Albena, Bulgaria, 2002), The Way to the Stars (San Pietroburgo, 2004) e il Concorso ‘B. Brunov’ di Mosca. Ha vinto il secondo premio al Concorso ‘Vissi d’arte’ di Praga (2015). Nel 2016 risulta idoneo al 67° Concorso per giovani cantanti lirici d’Europa e partecipa al progetto AsLiCo Opera domani Turandot (Pong).
VITTORIO PRATO Baritono
È salito sul palcoscenico di prestigiosi teatri, fra i quali Staatsoper di Berlino, Liceu di Barcellona, Opéra de Lyon, Opera di Roma, Théâtre du Capitole di Toulouse, Théâtre des Champs-Elysées e Opéra Comique di Parigi, Theater an der Wien, Grand Théâtre di Bordeaux, Maggio Musicale Fiorentino, Barbican di Londra, Filarmonico di Verona, Petruzzelli di Bari, Verdi di Trieste. Tra i festival vanno ricordati quelli di Pesaro, Wexford, Montpellier, Wildbad e Bad Kissingen. Ha cantato con direttori d’orchestra quali Riccardo Muti, Gianluigi Gelmetti, Vladimir Jurowski, Donato Renzetti e ha lavorato con registi come Pier Luigi Pizzi, Adrian Noble, Daniele Michieletto, Antonio Latella. Nell’ambito della musica antica ha collaborato con importanti direttori tra i quali Ottavio Dantone, William Christie, Christophe Rousset, Christopher Hogwood, Alain Curtis, Diego Fasolis. Fra gli impegni più recenti si segnalano le produzioni de La vedova allegra (Danilo) a Bari, L’Orfeo a Kamakura e Tokyo, L’elisir d’amore (Belcore) e Il barbiere di Siviglia (Figaro) a Bologna, La bohème (Marcello) a Santiago del Cile, Bianca e Fernando a Bad Wildbad, La Cenerentola (Dandini) a Monaco, Il segreto di Susanna (Conte Gil) a Liège. Fra i suoi prossimi impegni annovera Le nozze di Figaro a Cartagena, La bohème a Losanna, Così fan tutte a Ginevra, La Cenerentola a Basilea, Il segreto di Susanna a Torino.
CECILIA BERNINI Mezzosoprano
Laureata con lode in biotecnologie, si è diplomata all’Istituto musicale ‘F. Vittadini’ di Pavia con Fernando Cordeiro Opa, con il quale tuttora si perfeziona. Ha approfondito il repertorio barocco con Lavinia Bertotti e ha frequentato il laboratorio lirico sul Novecento a Forlì, il corso di alto perfezionamento ‘Operando’ all’Accademia di alta formazione musicale di Verona e l’Internationale Sommerakademie der Universität Mozarteum sotto la guida di Marijan Lipovšek. Ha ricoperto il ruolo di Arsace/Demetrio (Demetrio di Mysliveček). Ha partecipato al Festival ‘Musica antica’ di Urbino e alla ‘Festa dell’opera’ organizzata dal Teatro Grande di Brescia. Collabora con l’ensemble di musica antica ‘Il Demetrio’, con il quale ha cantato alcuni mottetti sacri di Hasse. Ha debuttato come Dritte Dame (Die Zauberflöte) al Teatro Marrucino di Chieti. È stata selezionata per il ruolo di Clarice (Il mondo della luna di Galuppi) e come mezzosoprano solista in Ein Sommernachtstraum di Mendelssohn per il Piccolo Festival FVG nell’estate 2014. È stata finalista al V Internationaler Gesangswettbewerb für Barockoper ‘P. A. Cesti’ di Innsbruck. È stata protagonista nell’Orfeo ed Euridice per il progetto ‘Micron Junior’ a Torino. In ambito sacro, si è esibita come solista nella Krönungsmesse di Mozart al Teatro Fraschini di Pavia e ha eseguito in tournée con il Teatro Lirico di Cagliari la Petite messe solennelle di Rossini. Attiva anche nel repertorio contemporaneo, ha fatto parte dell’Orchestra ‘Luciano Berio’ diretta da Carlo Matti. Nel 2015 prende parte al progetto AsLiCo Milo, Maya e il giro del mondo (Sharma; musica di Matteo Franceschini, regia di Caroline Leboutte) e canta ne Le nozze di Figaro (Cherubino) per OperaLombardia, sotto la direzione di Stefano Montanari e per la regia di Mario Martone. Nel 2016 è Hermia (A Midsummer Night’s Dream) ancora per OperaLombardia.
STEFANO MARRA Tenore
Nato a Cisterna di Latina (LT), si diploma in canto lirico al Conservatorio ‘S. Cecilia’ di Roma. Dal 2009 a oggi partecipa in qualità di solista in numerose occasioni, cantando fra l’altro la Messa n. 2 in sol maggiore D. 167 di Schubert a Deutsch-Wagram (Austria). Collabora con il Teatro dell’Opera di Roma al festival ‘Carnevale Romano’. È anche solista in una serie di concerti presso il National Centre for the Performing Arts di Pechino. Nel 2016 risulta idoneo al 67° Concorso per giovani cantanti lirici d’Europa e partecipa al progetto AsLiCo Opera domani Turandot (Pong).