PocketOpera – X edizione
Melodramma giocoso in due atti. Musica di Gaetano Donizetti Libretto di Felice Romani,
da Le philtre di Eugène Scribe
Prima rappresentazione: Milano, Teatro della Canobbiana, 12 maggio 1832
Adina Bianca Tognocchi
Nemorino Giovanni Sebastiano Sala
Belcore Paolo Ingrasciotta
Dulcamara Vincenzo Nizzardo
Giannetta Lucrezia Drei
la pudica Tiziana Falco
la civettuola Veronica Ghisoni
la libertina Valeria Letizia
l’amicone Claudio Grasso
il pittore Mattia Muzio
lo scettico Matteo Mollica
lo sbruffone Luca Vianello
Direttore
Valter Borin
Regia, scene, costumi e light designer
Lucas Simon
Consulente per le scenografie Damien Schahmaneche
Coreografie Francesca Romano
Ensemble corale AsLiCo
Orchestra 1813
Nuovo allestimento
Produzione AsLiCo
Atto primo
In un villaggio del paese dei Baschi. Di Adina, giovane e ricca, è innamorato Nemorino, un coltivatore del villaggio, ragazzo timido e semplice, che la circonda inutilmente di attenzioni e di profferte amorose. Adina è incostante, capricciosa e mostra apertamente di preferire la corte sfacciata e presuntuosa che le fa Belcore, tronfio sergente di guarnigione del paese. Giunge un giorno al villaggio il dottor Dulcamara, loquacissimo e pittoresco ciarlatano, che vende un farmaco presunto miracoloso, rimedio di qualsiasi male. Nemorino abbocca subito: acquista per uno zecchino una bottiglietta di comune liquore, lo beve, sicuro che il favoloso elisir farà cadere ai suoi piedi la ritrosissima Adina. Ed è tanta la sicurezza che Dulcamara ha saputo infondergli, che il giovanotto incomincia a cantare ed a ridere, di fronte alla ragazza, come se non si curasse più della sua indifferenza. Adina, sorpresa e piccata da quel cambiamento e, nell’intento di punire Nemorino, accetta la proposta di Belcore di sposarlo quella sera stessa ed invita contadini e amici al banchetto di nozze. Nemorino si dispera e domanda, invano, ad Adina di rimandare, almeno di un giorno, il suo matrimonio.
Atto secondo
Nella fattoria di Adina si svolge il banchetto per le nozze della ragazza con Belcore. Il dottor Dulcamara, invitato di riguardo, canta un’allegra canzonetta. Quando si presenta il notaio per il contratto nuziale, Adina esita: Nemorino è assente, la sua vendetta su di lui non è completa. A Dulcamara si presenta, ora, Nemorino, disperato, che gli chiede aiuto. E, poiché il dottore gli consiglia una seconda bottiglia di elisir e Nemorino non ha più denaro per comperarla, il giovane si fa convincere da Belcore ad arruolarsi, dietro compenso di venti scudi. Nemorino accetta, fiducioso di poter conquistare il cuore di Adina prima di dover partire. Intanto si sparge in paese – ed è la villanella Giannetta a diffonderla – la voce che un ricco zio di Nemorino è morto, lasciando al nipote una cospicua eredità. Subito le ragazze del paese circondano di mille attenzioni l’ignaro giovanotto che, nella sua semplicità, crede tutto ciò effetto del magico elisir. Anche Adina si stupisce di quanto accade; ma, a farla capitolare, non sarà né la notizia del l’eredità, né l’apprendere da Dulcamara la faccenda dell’elisir d’amore: la verità è che anch’essa, ora, ama Nemorino e tanto più da quando ha appreso che per lei il giovane si è privato anche della sua libertà. Ricomprato da Belcore l’atto di arruolamento di Nemorino, Adina lo consegna all’ingenuo innamorato, confessandogli apertamente il suo amore. La gioia di quest’ultimo è completata dalla notizia dell’eredità: il dottor Dulcamara, da parte sua, vede gli affari andare alle stelle, perchè tutti attribuiscono la capitolazione di Adina all’effetto miracoloso dell’elisir e si affrettano ad acquistarne in quantità. Così il ciarlatano si allontana dal paese fra l’entusiasmo generale, accompagnato dalle benedizioni di Adina e Nemorino.
L’ARTE DEL CORTEGGIAMENTO
Un tempo il corteggiamento era un’arte labile e misteriosa, un rito lento e costruito, fatto di sguardi fugaci, di sussurri a fior di labbra rubati alla disattenzione di qualcuno, passava attraverso lettere e biglietti consegnati da amici fedeli e una parola sbagliata bastava a far consumare una tragedia d’amore. Si viveva inseguendo il sogno del sentimento più complesso e indecifrabile, a volte talmente impalpabile da restare immaginario, ma seguendo il disegno della fitta trama tessuta al solo scopo di catturare la preda. Quanti amori in una vita? Uno, comunque pochi anche per i più intraprendenti, perché il tempo dedicato alla conquista ne segnava il valore. La rete che ci insidia oggi è più sottile, spietata, crudele, segue la velocità di un tweet, non ci dà spazio per sognare un amore che già ne vogliamo un altro. Non abbiamo bisogno di fantasticare, non dobbiamo immaginare, non fatichiamo a scoprirti perché sappiamo già chi sei. Tutto è così a portata di mano che non ti cerchiamo, perché sappiamo già dove trovarti. E se restiamo così indietro rispetto all’amore, a che serve un elisir? Di quello che era una pozione magica rimane solo il ricordo; il Dulcamara contemporaneo ci vende il miraggio della possibilità infinita di riuscire in una conquista di cui già conosciamo l’epilogo, ignari come siamo del senso dell’amore fedele. E se il nostro elisir cambia colore, non c’è da stupirsi! Se bianco o nero poco importa, non rimaniamo intrappolati nella rete tessuta abilmente dal nostro predatore, non sempre siamo vittime di un carnefice, a volte è solo questione di scelta. Con la consapevolezza che se è vero che non possiamo comprare la vita possiamo illuderci di poter comprare almeno l’amore.
Lucas Simon