2009 Madama Butterfly
2009 Madama Butterfly
2009 Madama Butterfly
2009 Madama Butterfly

2009 Madama Butterfly

PocketOpera – IV edizione

Tragedia giapponese in tre atti. Musica di Giacomo Puccini.
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dal dramma Madame Butterfly di David Belasco.
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904
Riduzione e adattamento musicale Carlo Galante

Cio-Cio-San Grazia Lee
Pinkerton Dario Di Vietri
Suzuki Sonia Lee
Sharpless Sergio Vitale
Goro Lee Yong Hee
Yamadori / Commissario Alessandro Mundula
Zio Bonzo Samuel Tao
Kate Sara Palana

Direttore
Alessandro D’Agostini

Regista
Federica Santambrogio

Scene e progetto luci Francesco Vitali
Costumi Gianluca Capannolo

Orchestra 1813

Produzione AsLiCo
Nuovo allestimento

 

Atto I

Una casa con giardino sulla collina di Nagasaki. Il tenente della marina degli Stati Uniti, B. F. Pinkerton visita la casa appena acquistata: sta per sposare una giovanissima geisha, Cio-Cio-San, procuratagli da Goro, sensale di matrimoni. Giunge intanto Sharpless, console americano, al quale Pinkerton espone la sua cinica filosofia di marinaio vagabondo: si è invaghito di Cio-Cio-San e intende ora sposarla secondo il rito giapponese, per 999 anni, salvo a prosciogliersi ogni mese. Sharpless lo invita a riflettere, ma poi brinda con Pinkerton. Scortata dal suo corteo nuziale, giunge Cio-Cio-San, che racconta di essere nata a Nagasaki da famiglia un tempo assai prospera, poi finita in miseria. Presentati i parenti, Butterfly trae in disparte Pinkerton per mostrargli alcuni oggetti della sua dote e gli confessa di volersi far cristiana. Si celebrano finalmente le nozze, mentre il parentado si trattiene per festeggiare. Il terribile zio Bonzo irrompe furibondo e rimprovera a Cio-Cio-San di aver rinnegato la fede degli avi, ma viene cacciato da Pinkerton. Mentre scende la notte, il pianto di Butterfly viene placato dalle ardenti parole di Pinkerton, che stringendola la conduce in casa.

Atto II

Da tre anni, Butterfly aspetta speranzosa il ritorno di Pinkerton. Sopraggiunge Goro con Sharpless, con una lettera da Pinkerton per Cio-Cio-San, che raggiante dà loro il benvenuto. Pinkerton si è risposato in America e verrà presto a Nagasaki con la sua nuova sposa. Sopraggiunge uno dei pretendenti di Butterfly, il ricco Yamadori, ma Cio-Cio-San non vuole saperne, convinta di essere ancora sposata con Pinkerton. Uscito Yamadori, Sharpless comincia a leggere la lettera di Pinkerton, continuamente interrotto da Butterfly. Alla notizia che il marito possa non tornare più, Cio-Cio-San s’arresta e sommessa vede due alternative: tornare a fare la geisha o morire. Affranta, chiede al console di andar via, ma all’improvviso corre via e ritorna trionfante con un bambino in braccio: se Pinkerton l’ha scordata, potrà scordare anche suo figlio? Il console, turbato, informerà Pinkerton dell’esistenza del bambino. Poco dopo, un colpo di cannone annuncia l’entrata in porto di una nave. Cio-Cio-San si precipita e riconosce la bandiera della nave «Abramo Lincoln!». La sua gioia è immensa ed ordina a Suzuki di cogliere tutti i fiori del giardino per adornare la casa. Indossato l’abito da sposa, Cio-Cio-San veglia in attesa dell’arrivo dello sposo.

Atto IIII

Giunge l’alba, Butterfly si lascia convincere da Suzuki ad andare a riposare un poco. Pinkerton si presenta subito dopo, con Sharpless e Kate, la moglie americana, per convincere Butterfly ad affidargli il piccolo. Quando apprende come Butterfly lo abbia atteso in quei tre anni, si allontana colmo di rimorsi. Quando Butterfly entra sollecita nella stanza, scorge Kate anziché Pinkerton, e finalmente comprende chi è: consegnerà il piccolo soltanto a «lui», se avrà il coraggio di presentarsi in persona. Rimasta sola crolla ed ordina a Suzuki di ritirarsi con il bambino. Risolutamente, estrae il coltello con cui suo padre si è ucciso, ma all’improvviso Suzuki spinge nella stanza il bambino. Butterfly lascia cadere il coltello, si precipita verso il piccolo, lo abbraccia soffocandolo di baci e, dopo avergli rivolto uno straziante addio, lo allontana. Quindi raccoglie il coltello e si uccide. Nello stesso istante, invocandola da lontano, accorre, ormai tardi, Pinkerton.

Butterfly è un’attesa, un’attesa lunga, solitaria, malinconica. E la malinconia si traduce in acqua, in pioggia, in lacrime, in fiumi, in temporali. L’acqua è un elemento che domina tutto il secondo atto, come in un acquario dove Butterfly rimane incastrata tra le pareti trasparenti di una vita non vissuta.

Questa ragazzina rimane prigioniera di un mondo più grande di lei, di disegni che nulla hanno a che fare con la sua speranza di un futuro da fiaba. La realtà è altra cosa, ma lei non si arrende. La sua incrollabile speranza fa degli stati d’animo di Butterfly i veri protagonisti dell’opera. Siamo alla ricerca del sottile filo rosso che segue il destino di Butterfly dalle prime note dell’ouverture fino alla morte, atto estremo ma consapevole. L’opera inizia con una fortissima presenza dell’Occidente, ma termina con un rituale tutto giapponese, l’hara-kiri o seppuku (che per le donne prevedeva il taglio della gola e non del ventre). Butterfly nel primo atto si dona all’americano, la sua profonda delicatezza non viene colta da chi ha drammaturgicamente il compito di rappresentare un Occidente storicamente invasivo e poco attento e del resto lei è così piccola che non può capire a cosa va incontro. Il tempo logorante dell’attesa fa di lei una donna.

Il primo atto avrà colori vivi e solari, perché anche se lo spettatore già conosce o intuisce il destino tragico di Butterfly, lei no, lei è fiduciosa. È un fiore in primavera e i personaggi che popolano questo atto sono pervasi dalla sua luce. La musica ci preannuncia la tragedia, ma Butterfly non la sente, o non la ascolta. Nel secondo atto di questo fiore rimangono solo dei petali stancamente adagiati, appesantiti da gocce di pioggia e lacrime. È il suo costume che diventa casa e prigione, dove lei accetta di rimanere e aspettare.

La scenografia è essenziale. Video proiezioni creano il contatto tra Butterfly e lo spettatore e ai costumi viene affidato il compito di portarci, con la discrezionalità dell’immaginazione, in Giappone.

Federica Santambrogio

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