2017 Carmen
2017 Carmen
2017 Carmen
2017 Carmen

2017 Carmen

Opéra-comique in quattro quadri. Musica di Georges Bizet. Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, dalla novella omonima di Prosper Mérimée.
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra-Comique, 3 marzo 1875

Carmen Na’ama Goldman
Micaëla Maria Teresa Leva
Frasquita Claudia Sasso
Mercédès Arina Alexeeva
Don José Luciano Ganci
Escamillo Zoltán Nagy
Le Dancaïre Davide Fersini
Le Remendado Roberto Covatta
Moralès Gabriele Nani
Zuniga Federico Benetti
Lillas Pastia/Un guide Alberto Branca

Direttore
Carlo Goldstein

Regia
Frédéric Roels

Scene Bruno de Lavenère
Costumi Lionel Lesire
Light designer Laurent Castaingt
Coreografie Sergio Simón
Assistente alla regia Nathalie Gendrot

Maestro del coro Diego Maccagnola

Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro di voci bianche Mousiké Smim Vida di Cremona

Maestro del coro voci bianche Hector Raul Dominguez

Allestimento Opéra de Rouen Haute-Normandie

Coproduzione Teatri di OperaLombardia

 

Atto I
A Siviglia verso il 1820. Presso la manifattura di tabacchi, Moralès, capo dei dragoni, osserva l’andirivieni dei passanti. Giunge, dal suo paese di campagna, Micaëla, alla ricerca del brigadiere Don José, che non è ancora arrivato. Una grande animazione accompagna la comparsa sulla piazza delle ragazze, che escono dalla manifattura per la pausa. Solo José si mostra disinteressato alle giovani: ama Micaëla e ha promesso alla madre di sposarla. Tutti gli uomini si stringono attorno alla bella sigaraia, Carmen. Solo José le è indifferente e, per provocarlo, senza proferir parola, Carmen gli lancia un fiore. José ne è turbato. Micaëla gli consegna una lettera della madre. Grida improvvise s’odono provenire dalla manifattura. Carmen si è azzuffata con una compagna. Zuniga, tenente delle guardie, l’arresta e ordina a José di condurla in prigione. Rimasta sola con il brigadiere, la donna dà inizio alla sua opera di seduzione: gli promette amore in cambio della libertà. José, definitivamente irretito, l’aiuta a fuggire.

Atto II
Un mese è passato. Nella taverna di Lillas Pastia, Carmen attende il ritorno di Don José, che è stato imprigionato per averla lasciata fuggire. Entra il torero Escamillo, che vuole brindare con gli amici. Egli rivolge qualche frase galante a Carmen, ma il pensiero della donna è rivolto solo a José. Giunge finalmente José, uscito di prigione, ma s’ode una tromba suonare la ritirata e il brigadiere si accinge a far ritorno in caserma. Grande è allora il dispetto di Carmen, che copre di scherno l’uomo. A nulla valgono le profferte d’amore di José e solo l’improvviso sopraggiungere di Zuniga interrompe il loro litigio. Scoppia una rissa, sedata dall’intervento dei contrabbandieri, cui José si unisce, disertando l’esercito.

Atto III
La vita fra le montagne non si confà a Don José, torturato dai rimorsi. Anche il suo rapporto con Carmen non è più quello di un tempo. La zingara interroga le carte; il responso è terribile: la morte. Micaëla, nel disperato tentativo di redimere l’uomo che ama, giunge nel rifugio dei contrabbandieri incitando Don José a raggiungere la madre morente. L’uomo la segue, non senza aver prima minacciato Carmen della quale è follemente geloso.

Atto IV

Di fronte all’arena di Siviglia, il popolo acclama festante il corteo dei toreri. Anche Carmen, ora innamorata di Escamillo, è tra la folla. Celato nella confusione generale vi è anche Don José, pazzo di gelosia. La zingara affronta José, che la implora e minaccia. Ma la donna gli si nega, la sua mancanza di carattere l’ha annoiata, e in segno di disprezzo gli getta in faccia l’anello che le ha donato. A quel punto, furente e accecato dalla disperazione, José l’uccide.

Libre elle est née et libre elle mourra!

di Carlo Goldstein

La piazza prende vita: ci sono militari, donne e bambini; una ragazza viene a cercare un soldato e le sigaraie a fine turno escono a far bella mostra di sé. C’è miseria ma in fondo c’è armonia e ognuno ha un ruolo definito; ogni cosa procede come deve procedere e tutti sanno chi sono.
A un tratto però arriva LEI: arriva Carmen!
È l’arrivo di un cataclisma, di un’energia incontrollabile che destabilizza tutto e tutti. In uno degli ingressi più perfetti della storia del teatro svanisce d’improvviso l’eleganza francese delle prime scene e si materializza di fronte ai nostri occhi qualcosa di inedito. Incorniciata dalle due maggiori dissonanze del nostro sistema musicale – una nona prima delle parole del coro «Mais nous ne voyons pas la Carmencita!» e una quarta eccedente (che gli antichi chiamavano diabolus in musica) sulle parole di Carmen «c’est certain!» – si fa strada la protagonista. Prima tutti cantavano in battere, ora lei canta in levare: il ritmo, prima un cullante 6/8, adesso si frange in sincopi continue e anche l’ostinato ritmo di habanera appare sospeso tra seduzione e minaccia.
Carmen non è come gli altri vorrebbero che fosse; Carmen non fa e non farà quello che gli altri si aspettano che faccia; Carmen anzi è un prisma drammatico passando attraverso il quale tutti gli altri vedranno stravolto il proprio destino.
La parola più pronunciata in assoluto nel corso dell’opera è proprio «Carmen»: il nome della protagonista è sulla bocca di tutti e tutti ricevono un po’ alla volta una nuova identità in virtù del rapporto che instaureranno con lei.
Carmen non è né buona né cattiva; al contrario di Don José non ha una famiglia, non ha passato e nessuno la attende lontano da qualche parte. Non sappiamo niente di lei se non quello che ci dice ella stessa: Carmen ama la libertà più di ogni cosa.
Carmen è la Libertà e Bizet la celebra in tutti i suoi aspetti, anche i più ambigui e problematici: l’uccello inafferrabile dell’Amore è la metafora d’apertura, la seduzione della seguidilla, che costringe l’ingenuo a delinquere, è la libertà di sé che prevarica l’altro; il Finale secondo è l’apoteosi collettiva di un ideale e, dalla drammatica Aria della carte nel terzo atto fino alla scena finale, Carmen si mostra libera anche di fronte alla morte: libera di guardarla negli occhi, libera nell’affrontarla senza esitazioni.
Bizet porta l’opéra-comique nel teatro universale: il teatro di genere si trasfigura, la commedia e la tragedia si fondono con avvincente antiretorica e delineano un nuovo tipo di donna. Una donna contemporanea: indomita nel suo anelito alla vita, complessa nei sentimenti, insofferente a pressioni e pregiudizi. Una donna libera oltre ogni limite possibile.

Fragilità e violenza
di Frédéric Roels

Eroi vulnerabili
Si sono viste di frequente (quasi sempre) Carmencite forti, arroganti, seduttrici, manipolatrici, incarnazioni affascinanti dell’animale femminile. Ci si dimentica tuttavia una cosa: che la violenza, reale, estrema, del personaggio non può essere altro se non il riflesso di una fragilità altrettanto estrema. È proprio durante una situazione di pericolo che l’animale diventa più aggressivo. Carmen non è una giocatrice; ella è sinceramente, fortemente innamorata di José, ma sa, senza ombra di dubbio ed in ragione di un passato affettivo tormentato, che per lei l’amore costituisce un pericolo. Se la passione di José nei suoi confronti non è totale ed infallibile, Carmen rischia di rimanere ferita. Così lo mette alla prova: «José, mi seguirai fino alla fine?»; la risposta è deludente: lui la seguirà, certo, fino ad un certo punto, ma non fino alla fine. La vigliaccheria di José provoca una risposta immediata e terribile da parte di Carmen: «Se tu non mi ami fino alla fine, io non prometto di aiutarti e, anzi, mi lascerò sedurre da un altro uomo, da un torero». Carmen non ama Escamillo, ma lui le offre la sua protezione, il suo personaggio (quasi esagerato) di maschio che uccide la bestia, è rassicurante. L’amore dunque non viene davvero annientato, ma solo accantonato.

Di Don José, di cui si è spesso rappresentata la stupidità, di questo giovane soldato che si innamora della straniera, frequentemente si dimentica la violenza e di conseguenza la sua fragilità. Egli è entrato nell’esercito perché ha dovuto abbandonare il suo paese dopo una lite. È stato condannato dalla propria madre, che è ora pronta a perdonarlo; non si tratta propriamente di un figlio modello, ma di un cattivo ragazzo in fase di riscatto. Il desiderio verso Carmen per lui non costituisce soltanto la tentazione verso qualcosa di estraneo, di sconosciuto, quanto piuttosto la ricaduta in un mondo di marginalità, in un’esistenza da fuorilegge. In questo senso si legge l’esitazione di José nell’accompagnare Carmen dai contrabbandieri.

Micaëla è tutta amore nei confronti di Don José, che sogna addirittura di sposare. Si tratta di un amore comprensibile, fraterno, quasi gemellare, un amore inseparabile; si tratta di un sentimento diverso da quello di Carmen. Micaëla è giovane, ma non è una bambina; è una giovane donna di diciassette anni, che ha il coraggio di percorrere la distanza che separa il suo villaggio dalla città (dieci miglia) per andare a cercare José. Ella ha anche il coraggio di superare le proprie enormi paure, nella notte piena di pericoli, per raggiungere il campo dei contrabbandieri e, di nuovo, cercare di recuperare José. «Dico che nulla mi spaventa»… ma Micaëla è in realtà spaventata da tutto. Cosa importa? Il suo amore è molto più forte della paura. Ma non esiste soltanto la paura, c’è anche l’odio – selvaggio – che prova nei confronti di Carmen, con la quale attende un confronto violento (che non teme affatto). Micaëla è giovane, ma non è certo sprovveduta.

Quanto ad Escamillo, che fa acrobazie e sfila accompagnato da un scorta, potrebbe essere una caricatura, un archetipo d’uomo forte e poco interessante. Se non fosse impegnato nella corrida, anche lui (come Micaëla) supererebbe la sua paura (probabilmente simile) e attraverserebbe la notte pericolosa per recuperare colei di cui è veramente innamorato. L’uomo rivela a sua volta una parte di femminilità, di fragilità, e il suo percorso si unisce, in uno strano parallelismo, a quello di Micaëla.

Un mondo di terrore, un mondo di caos

Tutta questa paura individuale che abita in ciascun personaggio può esistere soltanto all’interno di un mondo che coltiva la paura collettiva: un mondo di terrore, un mondo di dittatura. Le prime due scene dell’opera ci descrivono il potere del terrore mantenuto da una guarnigione militare che si annoia e che non si fa scrupoli; la povera Micaëla sfugge infatti allo stupro di gruppo per miracolo. Inoltre la scena dei ragazzini, così musicalmente affine a quella appena citata, ci offre lo spettacolo dei bambini-soldati, i quali organizzano il loro personale mondo di violenza copiando quello degli adulti. Questo è anche un mondo industriale: l’unico edificio menzionato è una fabbrica di tabacco, luogo in cui le condizioni lavorative sono probabilmente molto dure (fa così caldo che le ragazze si spogliano) e che si presta a diventare, anch’esso, campo di battaglia: è questo il luogo di una seria lite tra Carmen e una sua collega, che sfocia nel conflitto armato.

Di fronte al mondo del terrore, della legge intollerabile in quanto arbitraria, troviamo sicuramente un altro mondo, quello del contrabbando, dei fuorilegge, di coloro che non possono sopravvivere se non come emarginati. L’opposizione tra i due mondi è forte: l’ordine e l’anarchia, il giorno e la notte. C’è il buco nel muro attraverso il quale si giunge in città, c’è la struttura che costituisce la taverna di Lillas Pastia, dalla quale i soldati devono essere cacciati per permettere l’ingresso del contrabbandiere. E come sempre ci sono i traditori: soldati che sono pronti a compromettersi per accaparrarsi qualche merce di contrabbando, guardie che si lascerebbero corrompere per aprire un passaggio, guide che si fingerebbero contrabbandieri per portare Micaëla dai banditi.

Sotto una prospettiva spaziale la dicotomia è netta: lo spazio della città è chiuso e protetto ‘sulla piazza’, mentre quello del contrabbando è aperto e i suoi confini non sono definiti. Il primo spazio è diurno, il secondo notturno. Tra i due si staglia una solida fortificazione con poche aperture sorvegliate. Soltanto la taverna di Lillas Pastia gode di uno statuto a parte: quello di una zona franca tra i due mondi, di una linea sfocata tra la zona della legalità e quella dell’illegalità; si tratta anche di uno spazio crepuscolare, al confine tra il giorno e la notte.

Un tempo scomodo

Le indicazioni temporali sono rare e vaghe all’interno dell’opera; sembra che né la cronologia precisa, né la situazione storica abbiano molta importanza. I personaggi, con le loro contraddizioni e i loro dilemmi, fuggono alla pressione aggiuntiva che può esercitare il tempo che passa. Carmen esige dai suoi innamorati una passione totale, che si rifiuta di misurare in termini di durata: se qualche giorno o qualche settimana dopo la relazione amorosa dovesse trovare un altro amante, avrà già dimenticato completamente l’intensità del precedente amore e non saprà più nemmeno quanto tempo sia durato. Don José rimane in esilio per un po’ di tempo. Quanto tempo? Poco importa. Il ricordo di sua madre sembra lontano, ma non è quantificato.

Metà del primo atto è pesante per la non-azione: si tratta di un tempo inaccessibile. È per ‘ammazzare il tempo’ che i soldati osservano le passanti e si permettono comportamenti deplorevoli. Gli unici ritmi imposti alle giornate sono quello del cambio della guardia e quello dell’uscita dalla fabbrica. La storia comincerà davvero quando Carmen lancerà il fiore a Don José: fiore che esiste soprattutto in virtù del suo profumo e che resterà presente per tutta la vicenda, anche quando sarà ormai secco, segno che i personaggi sfidano il potere che il tempo ha sull’esistenza.

Il tempo che Don José trascorre in prigione è a malapena evocato (un mese, secondo una risposta di Zuniga). L’incontro che Carmen ha fissato a Don José presso Lillas Pastia si è svolto un giorno o due dopo la fuga di Carmen, probabilmente un mese prima che essi si ritrovino realmente; eppure essi si ritrovano, come se l’incontro avesse avuto luogo. Il momento dell’uscita di prigione di Don José è oggetto di fraintendimento (ieri secondo Zuniga, due ore prima secondo José) e fa nascere già un dubbio in Carmen circa la fiducia che può o meno avere nei confronti del proprio innamorato; ogni indicazione temporale imprecisa fa nascere un dubbio. All’ascolto dell’opera questa mancanza di punti di riferimento genera nel migliore dei casi un sentimento di mistero, nel peggiore un vero e proprio disagio.

Un mondo di frivolezza

L’assenza di indicazioni temporali è collegata all’idea della festa, elemento onnipresente (si palesa con forza nella scena seconda del terzo atto). La corrida è una festa popolare che riconcilia e invita a dimenticare ogni cosa. Eppure essa è anche e innanzitutto una consacrazione della violenza, della morte organizzata, ma che tuttavia viene vissuta con gioia, con una leggerezza che contamina l’intera opera.

La dichiarazione d’amore pubblica di Carmen a Don José è una danza, una havanaise. Ed è ancora grazie alla danza che ella riesce ad incantarlo fino al punto di farsi liberare; è infine grazie alla danza che riesce a farlo uscire di prigione. Si tratta di una sorta di ebrezza del corpo, che si libera delle sue costrizioni sociali per rivendicare la propria libertà.

La leggerezza musicale si coglie in vari momenti che in linea di massima sarebbero molto seri, come l’episodio della frode della merce nell’atto II: «quanto al doganiere, è affar nostro»; o ancora l’aria delle carte, che predice addirittura l’epilogo tragico della vicenda di Carmen. La leggerezza e la frivolezza sono ovunque: è probabile che se si affrontasse il mondo in modo serio, semplicemente non si potrebbe più davvero vivere.

Si può vivere con leggerezza, ma bisogna fare attenzione. Leggerezza nella danza, leggerezza nel riso, leggerezza nel gioco delle carte. Una leggerezza che guarda continuamente la morte, che gioca con essa, una leggerezza che è in definitiva un’espressione esplicita della fragilità. E così si ritorna al punto di partenza.

CARLO GOLDSTEIN Direttore
È tra i giovani direttori d’orchestra emergenti del panorama internazionale. Oltre agli studi musicali (Conservatorio di Trieste, Civica Scuola di Musica di Milano, Mozarteum di Salisburgo e Royal College di Londra), è laureato in filosofia estetica presso l’Università Statale di Milano e ha all’attivo diverse pubblicazioni di carattere estetologico e storico-musicale. Dopo la vittoria del primo premio all’International Conducting Competition di Graz nel 2009, ha iniziato un’intensa attività in Italia e all’estero. Nell’ultima stagione ha diretto Turandot per OperaLombardia, Madama Butterfly e La traviata all’Arts Center di Seoul e a Busan in Corea e poi ancora al Petruzzelli di Bari. In ambito sinfonico dirige concerti in Israele e debutta al Petruzzelli di Bari e con la Sächsische Staatskapelle Dresden. Nelle passate recenti stagioni ha diretto tra le altre cose Carmen alla Fenice di Venezia, La bohème nei teatri di Reggio Emilia, Como e Pavia, Un ballo in maschera all’Art Center di Seoul, Così fan tutte all’Opera di Tenerife, Carmen ancora a Seoul e nei teatri di Livorno, Lucca e Pisa, Adriana Lecouvreur per OperaLombardia e Pagliacci per il progetto AsLiCo 200.Com (Festival Como città della musica). E, ancora, diverse produzioni de L’elisir d’amore, Il matrimonio segreto e L’Orfeo per il Festival della Valle d’Itria. In ambito sinfonico ha diretto in Italia concerti con varie orchestre: Maggio Musicale di Firenze, Arena di Verona, Teatro Massimo di Palermo, Teatro Verdi di Trieste, I Pomeriggi Musicali di Milano, Regionale Toscana, Orchestra di Padova e del Veneto, Sinfonica Abruzzese e Archi del Cherubino. All’estero ha diretto più volte in Israele sia la Raanana Symphonette Orchestra di Tel Aviv che la Israel Camerata al Jerusalem Theater; ha partecipato in Germania al festival Schostakowitsch Tage a Gohrisch dirigendo lavori di Eisler e Dessau; ha diretto svariate orchestre in Russia, tra le quali St. Petersburg State Symphony, Hermitage Symphony, Tomsk Philharmonic, Omsk Philharmonic, Arkhangelsk Chamber, Murmansk Philharmonic, Bryansk Symphony e Samara Philharmonic. È da sempre molto attivo nella musica contemporanea, dirigendo al festival Milano Musica 2016 e diverse prime esecuzioni di autori contemporanei italiani e stranieri.

FRÉDÉRIC ROELS Regista
Terminati gli studi all’INSAS di Bruxelles, fonda la propria compagnia, Prospéro & Cie, per la quale mette in scena Prospéro Suite, Sacre, Aglavaine et Sélysette, Le supplici, Kinderzimmer. All’Opéra Royal de Wallonie è assistente di Claire Servais nella maggior parte delle sue produzioni dal 1995 al 2008. Nel 2000 allestisce per questo teatro Igiene dell’assassino, nel 2002 Il diario di uno scomparso di Janáček, nel 2006 Sabotaggio d’amore e nel 2007 The Turn of the Screw. Dall’ottobre 2009 è direttore artistico e generale dell’Opéra de Rouen Haute-Normandie, presso cui ha creato una compagnia di quattro giovani cantanti lirici e ha supportato i due ensemble vocali stabili, Accentus di Laurence Equilbey e Le Poème harmonique di Vincent Dumestre. Ha fatto dell’opera partecipativa la punta di diamante del proprio progetto per il pubblico giovane e nel 2013 ha portato sulle scene un concerto interattivo definito «quiz sinfonico». Proseguendo la sua attività di regista e di autore a Rouen, ha allestito e scritto il libretto de L’homme qui s’efface, presentato in anteprima mondiale nel 2011, su musiche di Pascal Charpentier. Nell’ottobre 2012 ha diretto Carmen, con Vivica Genaux nel ruolo della protagonista, e La damnation de Faust di Berlioz per i teatri di Rouen e di Limoges. Ha anche scritto il libretto per un’opera presentata in anteprima mondiale composta da Michel Fourgon e ispirata al personaggio affascinante e tragico di Lolo Ferrari. Nel 2016 ha realizzato una nuova rilettura del Don Giovanni, successivamente un Così fan tutte a Rouen, Massy e Reims e Norma a Rouen e nei prossimi mesi a Muscat in Oman.

BRUNO DE LAVENÈRE Scenografo
Si è laureato presso l’École nationale supérieure des arts et techniques du théâtre a Lione. I suoi lavori annoverano, tra le altre cose: Songs from Before (coreografia di Lucinda Childs) all’Opéra national du Rhin e al Théâtre de la Ville, Cendrillon (coreografia di Michel Kelemenis) al Grand Théâtre de Genève, L’Homme de la Mancha (regia di Jean-Louis Grinda) al Théâtre du Capitole e al Grand Théâtre de Monte-Carlo, Chat perché (regia di Caroline Gautier) all’Opéra Bastille, La Reine morte (coreografia di Kader Belarbi) al Théâtre du Capitole, La Chartreuse de Parme (regia di Renée Auphan) all’Opéra de Marseille, Farnace (regia di Lucinda Childs) all’Opéra national du Rhin), Re Orso (regia di Richard Brunel) all’Opéra-Comique, Carmen e La damnation de Faust (regia di Frédéric Roels) all’Opéra de Rouen, The Tender Land e Mesdames de la Halle (regia di Jean Lacornerie) all’Opéra de Lyon, Don Quichotte (coreografia di Rui Lopes Graça) all’Opéra national du Rhin, Siegfried ou Qui deviendra le seigneur de l’anneau (regia di Julien Ostini) al Grand Théâtre de Genève), Doctor Atomic (regia di Lucinda Childs) all’Opéra national du Rhin. Al momento sta lavorando a: La vie parisienne di Offenbach all’Opéra national du Rhin, Lucia di Lammermoor (regia di Jean-Romain Vesperini) all’Opéra de Rouen, La belle Hélène di Offenbach al Grand Théâtre de Genève e Il trovatore (regia di Richard Brunel) all’Opéra de Lille.

LIONEL LESIRE Costumista
Nato nel 1969 in Belgio, pittore ed incisore, si è avvicinato al mondo del teatro come pittore di scena al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles. Assistente a scenografi come Benoît Dugardyn, Antonio Jesús Jara e Rudy Sabounghi, ha creato le sue prime scenografie e costumi per il teatro nel 1992. Nel 2000 ha iniziato la carriera di costumista con Simon Boccanegra (regia di Stephen Lawless) al New Zealand Festival di Wellington. Tra le produzioni recenti come costumista si citano: La compagnie des hommes di Edward Bond, En douceur et profondeur (regia di Inés Rabadán e Lionel Lesire) al Théâtre national de la Communauté française  a Bruxelles, Carmen e La damnation de Faust (regia di Frédéric Roels) all’Opéra de Rouen, La bohème all’Opéra Royal de Wallonie, Don Chisciotte in Sierra Morena di Francesco Bartolomeo Conti (regia di Stephen Lawless), Lucrèce Borgia di Hugo, La Mort au bal masqué di Brackx, Affabulazione di Pasolini, Non si paga, non si paga! di Fo.

LAURENT CASTAINGT Light designer
Ha alle spalle numerose collaborazioni con nomi come Alfredo Arias, Bernard Murat, Jean-Louis Grinda, Richard Brunel, Jean-Claude Auvray, René Loyon, Karel Reisz, Hideyuki Yano, Roman Polanski, Gérard Desarthe, François Marthouret, Sylvie Testud, Laure Duthilleul, Madeleine Marion, Pierre Barrat e Marie-Noël Rio, Jean-Claude Berutti, Vincent Delerm, Jean-Louis Grinda, Elsa Rooke, Marguerite Borie e Frédéric Roels (per il quale ha firmato le luci di Carmen e de La damnation de Faust). Ha lavorato nei maggiori teatri del mondo: Opéra Bastille, Odéon, Comedie-Française ed Édouard VII di Parigi, Volksoper di Vienna, Liceu de Barcellona, Opéra di Montecarlo, Opera di Roma, Maggio Musicale Fiorentino, Carlo Felice di Genova, Colón di Buenos Aires, Opera di Hong Kong, Olympia di Dublino. Ha curato inoltre l’installazione in esterni Ecorces vives e lavorato con il disegnatore François Schuiten per Planet of Visions nell’ambito dell’Esposizione Universale che ha avuto luogo nel 2000 ad Hannover. Ha ricevuto tre nomine al Premio Molière per la miglior luce.

SERGIO SIMÓN Coreografo
Nato a Saragozza (Spagna), è diplomato in arti coreografiche. Danza nei principali ruoli del repertorio classico, collaborando con nomi come Víctor Ullate, Nils Christie, Jiří Kylián, Hans van Manen, Antonio Gades, Claude Brumachon e Myriam Naisy. Nel 2006 diventa direttore del Ballet de l’Opéra-Théâtre di Limoges. Cura la regia e la coreografia di ‘opere danzate’, a partire dalla musica dei Carmina Burana di Orff (nel 2008), de El amor brujo ed El sombrero de tres picos di De Falla (nel 2009), del Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy e dei Contrasts di Bartók (nel 2010). Roméo, Juliette (musiche originali di Labarsouque) è la prima creazione nel 2010 dedicata all’analisi di personaggi mitici ed è seguita nel 2012 da Quelque chose de Carmen (musiche originali di Garcia-Fons). Nel 2014 cura la coreografia della Suite per pianoforte da Goyescas di Granados.

DIEGO MACCAGNOLA Maestro del coro
Ha compiuto gli studi musicali presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Donizetti’ di Bergamo, dove ha conseguito il diploma di pianoforte con il massimo dei voti e il diploma accademico di secondo livello con lode. Si è esibito come solista e in formazioni da camera in importanti rassegne e festival italiani e stranieri e in sale da concerto quali il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Comunale di Ferrara, l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il Centre des Bords-de-Marne di Parigi, il Théâtre du Merlan di Marsiglia, il Théâtre de la Balsamine di Bruxelles, il Théâtre Pole Sud di Strasburgo e la Maple Hall di Osaka. Dedica particolare attenzione alla musica del Novecento, partecipando tra l’altro all’esecuzione dell’integrale dell’opera pianistica di György Ligeti nel 2003, 2006 e 2007 e di Luciano Berio nel 2013 presso il Museo del Novecento a Milano. Nel 2012, insieme a Lena Yokoyama (violino) e Alessandro Copia (violoncello), fonda il Trio Kanon, ensemble che sta riscuotendo lusinghieri successi in Italia e all’estero. Affianca ad un’intensa attività didattica e concertistica come pianista, quella di maestro di coro. Dal 1998 è cantore e assistente alla direzione nelle produzioni del Coro Costanzo Porta di Cremona, fondato da Antonio Greco e vincitore di numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali. Dal 2007 collabora con OperaLombardia come maestro del coro per diverse produzioni operistiche. È pianista accompagnatore presso il Conservatorio ‘G. Verdi’ di Como e docente di pianoforte presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Donizetti’ di Bergamo.

HECTOR RAUL DOMINGUEZ Maestro del coro di voci bianche
Compositore e direttore d’orchestra di origine argentina, per anni protagonista della scena musicale dell’America Latina (Opera di Colombia, Teatro Carreño di Caracas in Venezuela, Teatro Nacional della Costa Rica, cattedra di direzione corale alle università di Buenos Aires, Bogotà in Colombia e San José nella Costa Rica), dal 1988 si trasferisce in Italia per seguire i corsi di perfezionamento in composizione con Franco Donatoni a Milano. Tiene la cattedra di storia e tecnica della musica contemporanea presso la facoltà di musicologia dell’Università di Pavia, dove, inoltre, crea e dirige il coro e l’orchestra da camera. È chiamato a dirigere il Coro Polifonico Cremonese e l’Orchestra da Camera ‘Marc’Antonio Ingegneri’ (1993-2003) e crea la Schola Cantorum Cremonensis, in cui dà vita a progetti musicali e tiene numerose conferenze e seminari, particolarmente sulla musica del Novecento. Dal 1997 insegna alla Scuola Civica ‘C. Monteverdi’ di Cremona e poi all’Istituto Superiore di Studi Musicali della stessa città, dove crea e dirige dal 2004 il coro di voci bianche. Insegna inoltre pratica strumentale e composizione per la didattica all’Università di Pavia. Dal 2014 si trasferisce al Conservatorio ‘G. Nicolini’ di Piacenza. Il suo repertorio comprende i principali titoli della letteratura musicale a cappella, lirica (come Lohengrin, Aida, Turandot) e sinfonico-corale (come il Messiah di Händel, Ein deutsches Requiem di Brahms, Jeanne d’Arc au bûcher di Honegger).

NA’AMA GOLDMAN Mezzosoprano
Israeliana di nascita, tra i suoi recenti impegni sono da ricordare Carmen (Carmen) e Così fan tutte (Dorabella) all’Ópera de Tenerife, La Cenerentola (Cenerentola) e Faust (Siébel) alla Israeli Opera, Salome (Salome) al Festival di Wexford, Nabucco (Fenena) all’Opéra Royal de Wallonie a Liège, Il viaggio a Reims (Marchesa Melibea) al Rossini Opera Festival di Pesaro, la Nona Sinfonia di Beethoven a Taipei (Taiwan). Ha ottenuto grande successo di pubblico e critica come Carmen a Masada nel 2012, diretta da Daniel Oren. Sono poi seguiti importanti debutti alla Israeli Opera, come Rosina (Il barbiere di Siviglia), Donna Elvira (Don Giovanni), Cherubino (Le nozze di Figaro), Suzuki (Madama Butterfly), Stéphano (Roméo et Juliette) e Maddalena (Rigoletto). Come diplomata del Meitar Opera Studio della Israeli Opera, ha interpretato numerosi ruoli, quali Charlotte (Werther), Hänsel (Hänsel und Gretel), Orlofsky (Die Fledermaus) e Zweite Dame (Die Zauberflöte). I futuri impegni prevedono: Carmen al Grange Festival di Londra e alla Israeli Opera; La Gioconda (Laura Adorno) al Teatro Comunale di Modena e Faust (Siébel) all’Opéra Royal de Wallonie a Liège e Charleroi.

MARIA TERESA LEVA Soprano
Nata a Reggio Calabria, si diploma a pieni voti al Conservatorio ‘F. Cilea’ della città. Nel 2013 vince il Concorso ‘O. Ziino’ di Roma e riceve il premio speciale della giuria al Concorso lirico ‘Città di Bologna’. Nel 2014 destano particolare impressione su pubblico e critica i suoi due debutti presso il Teatro Carlo Felice di Genova come Mimì (La bohème), diretta da Giampaolo Bisanti, e Micaëla (Carmen), diretta da Andrea Battistoni con la regia di Davide Livermore. Grandi consensi riscuote anche il suo debutto nell’autunno 2014 come Donna Elvira (Don Giovanni), con la regia di Graham Vick per OperaLombardia, a Reggio Emilia e Trento. È quindi Musetta (La bohème) al Teatro Regio di Torino nel luglio 2015, diretta da Andrea Battistoni; Mimì (La bohème) per OperaLombardia e al Teatro Valli di Reggio Emilia, diretta da Giampaolo Bisanti. È Violetta (La traviata) all’Opéra Royal de Wallonie di Liegi nel maggio 2016, ruolo poi portato al Teatro Lirico di Cagliari nell’estate dello stesso anno. Tra i recenti impegni: Liù (Turandot) per OperaLombardia, Nedda (Pagliacci) a Jesi, nuovamente Liù al Teatro Carlo Felice di Genova nel giugno 2017, Aida al Teatro Petruzzelli di Bari e Mimì al Teatro dell’Opera di Firenze nel settembre dello stesso anno.

CLAUDIA SASSO Soprano
Ha studiato canto lirico presso l’Istituto musicale ‘G. B. Pergolesi’ con Giulia Betti, proseguendo poi con Maria Rosa Carminati. Dal 2006 al 2008 frequenta il corso di alto perfezionamento per cantanti lirici presso il Teatro Marrucino di Chieti con Aleksandra Lazic. Nel luglio 2007 debutta in Bastien un Bastienne (Bastienne) a Chieti durante la settimana mozartiana. Nel settembre 2007 è ammessa nella classe di canto lirico al Conservatorio ‘G. Verdi’ di Torino sotto la guida di Silvana Silbano, diplomandosi due anni dopo a pieni voti.  Nel 2010 al Conservatorio si esibisce come Clorinda (Il combattimento di Tancredi e Clorinda) e Serpina (La serva padrona). Nel 2011 prende parte alla messa in scena de La vedova allegra (Hanna Galwari), diretta da Giuseppe Ratti. Nello stesso anno si classifica prima ai concorsi ‘Rotary per la musica’ di Santhià (Torino) e ‘G. De Vincenzi’ di Pontinvrea (SV). Sempre nel 2011 è in tournée a Muscat (Oman) con il Teatro Regio di Parma in qualità di cover per il ruolo di Gilda (Rigoletto). Dal 2004 è uno dei soci fondatori, nonché cantante, direttrice del coro e coordinatrice artistica dell’associazione culturale ‘Voci e note sotto le stelle’. Tra gli scorsi impegni, si segnalano: Les contes d’Hoffmann (Olympia) al Teatro del Giglio (2014) e Die Zauberflöte (Königin der Nacht) ai Tiroler Festspiele di Erl (2016) e per il progetto Europa InCanto nel 2017.

ARINA ALEXEEVA Mezzosoprano
Nasce in Russia nel 1988. È vincitrice della prima edizione del Concorso lirico internazionale ‘Teatro Besostri’ di Mede per il ruolo di Rosina (Il barbiere di Siviglia) e della categoria esordienti al 67° Concorso per giovani cantanti lirici (2016). Completato in Russia lo studio del pianoforte, nel 2009 termina lo studio del canto presso l’Accademia Statale di Arte e Cultura, vincendo una borsa di studio. Vince il premio ‘Concorso di arte contemporanea’ nel 2007 a Mosca. Nel 2009/10 viene ammessa presso il Conservatorio di Milano nella classe di canto di Jenny Anvelt, coprendo il ruolo di Serpina (La serva padrona) e di Fiordispina (L’impresario in angustie di Cimarosa). In seguito all’ammissione al biennio specialistico in canto, prende parte alla realizzazione di una pellicola cinematografica come interprete di Judith (Il castello del principe Barbablù di Bartók), proiettata ed eseguita nel 2015 con l’orchestra LaVerdi presso l’Auditorium di Milano. Ha vinto il premio speciale come miglior mezzosoprano al IV Concorso internazionale di canto lirico ‘F. Mattiucci’ nel 2015. Nel 2016, ha interpretato il ruolo di Hippolyta (A Midsummer’s Night Dream di Britten) per OperaLombardia. Per l’AsLiCo, nel 2017 ha partecipato al progetto Pocket Opera Madama Butterfly (Suzuki) e Opera it Il barbiere di Siviglia – Questa barba la facciamo sì o no? (Rosina).

LUCIANO GANCI Tenore
Muove i primi passi nella musica come voce bianca nel coro della Cappella musicale pontificia sistina diretta da Domenico Bartolucci. Studia sin da bambino canto, pianoforte ed organo, conseguendo i diplomi presso i conservatori di Roma, Frosinone e Latina. Dal 2007 al 2008 frequenta i corsi di alto perfezionamento tenuti da Mirella Freni; successivamente studia e si perfeziona con Otello Felici. Nel 2010 avviene il vero e proprio debutto operistico come Alfredo (La traviata) al Teatro Politeama di Palermo. Successivamente debutta in Rodolfo (La bohème) al Festival di Abu Dhabi e in Pinkerton (Madama Butterfly) al Festival Puccini di Torre del Lago; ruoli affrontati anche l’anno dopo rispettivamente a Praga/Zlín e al Politeama di Palermo. Nel 2011 debutta come Turiddu (Cavalleria rusticana) a Nuova Delhi. Nel 2012 è Alfredo a Salisburgo, Teatro Verdi di Salerno e Maggio Musicale Fiorentino; è inoltre Fritz Kobus (L’amico Fritz) al Teatro Verdi di Trieste e Manrico (Il trovatore) al Ravenna Festival. Nel 2013 canta Corrado (Il corsaro) a Trieste e Budapest, Pinkerton al Teatro delle Muse di Ancona e all’Herodes Atticus di Atene, Manrico al Comunale di Piacenza, Ismaele (Nabucco) a Pechino e Alfredo al Massimo di Palermo. Nel 2014 è Ismaele al Maggio Musicale Fiorentino, Pinkerton a Trieste, Foresto (Attila) al Mariinskij di San Pietroburgo diretto da Valery Gergiev e Istanbul, ancora Ismaele e Manrico a Pechino, Cavaradossi (Tosca) allo Sferisterio di Macerata, Macduff (Macbeth) a Muscat, Alfredo al Bol’šoj di Mosca e Rodolfo (La bohème) alla Greek National Opera. Nel 2015 canta Pinkerton al Comunale di Bologna, Fritz Kobus al Carlo Felice di Genova, Rodolfo (Luisa Miller) a Budapest e Napoli e Pollione (Norma) al Verdi di Padova. Nel 2016 è Pollione e Pinkerton a Napoli, Rodolfo (Luisa Miller) a Trieste, Carlo VII (Giovanna d’Arco) al Festival Verdi di Parma, Alfredo a Seoul e Pinkerton al Teatro alla Scala diretto da Riccardo Chailly. Nel 2017 è Rodolfo a Salisburgo, Cavaradossi a Trieste, Udine e Pordenone. Nel repertorio sinfonico ha eseguito i Requiem di Verdi e Mozart, Christus am Ölberge e Nona sinfonia di Beethoven, Messa di Gloria di Puccini.

ZOLTÁN NAGY Baritono
Ha studiato alla Gheorghe Dima Music Academy della sua città natale Cluj-Napoca (Romania). Ha quindi ricevuto una borsa di studio che gli ha concesso di studiare al Mozarteum di Salisburgo con Boris Bakow. Ha vinto premi in vari concorsi lirici, tra cui il Romanian National Song Competition, il Concorso internazionale ‘H. Darclée’ di Brăila e il ‘Debut’ di Berlino. Affronta regolarmente i ruoli di: Escamillo (Carmen), Figaro (Le nozze di Figaro), Guglielmo (Così fan tutte), Schaunard (La bohème), Harašta (La piccola volpe astuta), Leandr (L’amore delle tre melarance). Tra i recenti debutti: Dulcamara (L’elisir d’amore), Falke (Die Fledermaus), Don Giovanni (Don Giovanni), il Conte d’Almaviva (Le nozze di Figaro). Canta nei teatri più importanti del mondo, come: Theater an der Wien, Opéra de Nice, Bilbao, Hungarian State Opera di Budapest e Hamburgische Staatsoper. Recentemente ha debuttato anche al Verdi di Trieste e al Massimo di Palermo. Ha lavorato con direttori come Tomáš Netopil, Marco Armiliato, Leo Hussain, Pinchas Steinberg, Marc Minkowski, Peter Schneider, Ulf Schirmer, John Wilson e Alexander Soddy; e con registi come Peter Konwitschny, Damiano Michieletto, Inga Levant, Stefano Poda, Calixto Bieito, Paris Mexis, Thorsten Fischer, Georges Delnon, Maurizio Scaparro e Immo Karaman. Tra i recenti e prossimi impegni nella stagione 2017/18: Alberich (Siegfried) all’Ópera de Oviedo in Spagna, Bill (Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny) e Nona sinfonia di Beethoven.

DAVIDE FERSINI Baritono
Nato a Milano, dopo essersi laureato in psicologia inizia lo studio del canto presso la Civica Scuola di Musica di Milano con Roberto Coviello e privatamente con Bianca Maria Casoni. Tra i recenti impegni, Belcore (L’elisir d’amore) al Teatro Lirico di Cagliari, Germano (La scala di seta) al Teatro Comunale di Sassari e Jake Wallace (La fanciulla del West) al Teatro alla Scala di Milano, il barone Douphol (La traviata) al Teatro Valli di Reggio Emilia, Comunale di Modena e OperaLombardia. Al Landestheater di Innsbruck è Malatesta (Don Pasquale) e Dancaïre (Carmen) al Seoul Arts Center in Corea. Debutta al Festival di Salisburgo ne La bohème per la regia di Damiano Michieletto e con la direzione di Daniele Gatti; è Dandini (La Cenerentola) al Konzert Theater di Berna e Pistola (Falstaff) a Salisburgo per la regia di Damiano Michieletto e la direzione di Zubin Mehta; Blansac (La scala di seta), diretto da Riccardo Frizza a Zurigo. Tra il 2009 e il 2012 fa parte dell’ensemble di solisti dell’Opernhaus di Zurigo, dove è Aristonene (La grotta di Trofonio di Salieri) per la regia di Mario Pontiggia e la direzione di Douglas Boyd. Come membro dell’Internationales Opernstudio dell’Opernhaus di Zurigo per le stagioni 2007-09 debutta in Don Alfonso (Così fan tutte), poi in tour a Mühlacker ed Heilbronn, Sinon Greco (La Didone di Cavalli) e Dankwart (Die lustigen Nibelungen di Oscar Straus). Interpreta per Opera Fringe Northern Ireland Gianni Schicchi (Gianni Schicchi), sotto la direzione di Roy Locklin e la regia di Roberto Recchia; è Don Alvaro (Il viaggio a Reims) nella produzione dell’Accademia del Rossini Opera Festival di Pesaro, poi riproposta a Jesi e Treviso; è Malatesta (Don Pasquale) al Teatro Real di Madrid, Pamplona e Bilbao. Tra gli impegni futuri: Konrad Nachtigall (Die Meistersinger von Nürnberg) al Teatro alla Scala di Milano; barone di Kelbar (Un giorno di regno) a Heidenheim; Blansac (La scala di seta) all’Opera di Zurigo.

ROBERTO COVATTA Tenore
Nato a Torino, ha studiato canto con Rosetta Noli e seguito masterclass con Roberto Coviello, Luciana Serra e Ugo Benelli. Dal 2002 canta regolarmente presso alcuni dei più prestigiosi teatri europei (Dublino, Amsterdam, Bruxelles, Baden-Baden, Berna), mentre in Italia ha cantato a Venezia, Milano, Ravenna, nel circuito toscano. Ha lavorato con i direttori Daniele Callegari, Paolo Carignani, Yannick Nézet-Séguin, Ingo Metzmacher, Alexander Anissimov, e il suo repertorio comprende diversi ruoli mozartiani (Don Giovanni, Così fan tutte, Le nozze di Figaro, La finta semplice), del repertorio barocco e classico (Alcina, Rodelinda di Händel, Il filosofo di campagna di Galuppi, Il mondo della luna di Haydn), ma anche Les contes d’Hoffmann, L’elisir d’amore, Falstaff, La traviata, Gianni Schicchi, I quatro rusteghi. Nel repertorio sacro, Requiem di Mozart, Nona sinfonia di Beethoven, Stabat Mater di Haydn, Magnificat di Bach, Sansone e Alexander’s Feast di Händel. Si esibisce anche in recital leaderistici (Schumann, Brahms, Wolf, Mahler) e ha eseguito per intero le operette La duchessa del Bal Tabarin, Addio, giovinezza!, La vedova allegra.

GABRIELE NANI Baritono
Nato a Bergamo nel 1979, compie la sua formazione musicale con gli studi in pianoforte prima di dedicarsi al canto. Dopo la vittoria di numerosi concorsi, inizia la carriera nei teatri italiani: Regio di Torino, Bellini di Catania, Lirico di Cagliari, Festival Puccini di Torre del Lago, Regio di Parma, Ponchielli di Cremona, Sociale di Como, Grande di Brescia, Municipale di Piacenza, Alighieri di Ravenna, Comunale di Ferrara, Verdi di Padova, Sociale di Rovigo, Giglio di Lucca, Goldoni di Livorno. All’estero ha cantato presso: Théâtre de la Monnaie di Bruxelles ne Il viaggio a Reims (Don Alvaro), Opéra de Massy in Don Giovanni (ruolo eponimo), Theater an der Wien in Kát’a Kabanova, Opera St. Moritz e Basilea in Un giorno di regno (Belfiore), Musikfestspiele Potsdam ne Il barbiere di Siviglia (Figaro), Seoul Arts Center ne Le nozze di Figaro (Figaro), Opera Royal Wallonie di Liegi in Pagliacci (Silvio), Opéra de Fribourg, Losanna e Opéra de Metz Métropole ne Le convenienze ed inconvenienze teatrali (Procolo), Opernfestspiele St. Margarethen ne La bohème (Schaunard). Lavora con direttori quali Zoltán Peskó, Carlo Boccadoro, Donato Renzetti, Paolo Arrivabeni, Tiziano Severini, Steven Mercurio, Alfred Eschwé, George Pehlivanian, Kirill Petrenko, Asher Fisch, Juraj Valčuha e registi quali Hugo de Ana, Robert Dornhelm, Giancarlo del Monaco, Stefano Poda, Ivan Stefanutti, Marco Gandini, José Cura, Keith Warner, Micha van Hoecke, Michał Znaniecki, Luca Ronconi. Tra i ruoli prediletti: Figaro (Il barbiere di Siviglia), Malatesta (Don Pasquale), Enrico (Lucia di Lammermoor), Marcello (La bohème). Ha cantato inoltre: Figaro (Le nozze di Figaro), Simone (La finta semplice), Belcore (L’elisir d’amore), Enrico (Il campanello), Germont (La traviata), Wurm (Le Villi), Sharpless (Madama Butterfly), Franck (Edgar).
Tra i ruoli affrontati recentemente: Enrico (Lucia di Lammermoor) all’Opéra Eclaté, Opéra-Theatre Clermont-Ferrand e Opéra de Massy;  Schaunard (La bohème) al Teatro Reale di Copenaghen; Figaro (Il barbiere di Siviglia) al Teatro Comunale di Noto e Teatro della Notte di Augusta; Fabrizio (La locandiera di Antonio Salieri) al Teatro Consorziale di Budrio; di nuovo Figaro (Il barbiere di Siviglia) al Centro Cultural Amaia di Irun (Spagna).

FEDERICO BENETTI Basso
Nato a Roma, si è dedicato inizialmente agli studi pianistici; successivamente si è diplomato in canto presso il Conservatorio ‘D. Cimarosa’ di Avellino nel 2004 con il massimo dei voti, sotto la guida di Carlo Desideri. In seguito si è perfezionato con Sergio Bertocchi, ha partecipato a masterclass tenute da Bonaldo Giaiotti e ai corsi di Opera Studio presso l’Accademia di Santa Cecilia con Renata Scotto, Anna Vandi e Cesare Scarton. Ha debuttato come Uberto (La serva padrona) a Terni, Colas (Bastien und Bastienne) e Masetto (Don Giovanni) in vari teatri di Lazio e Umbria. Successivamente è stato Alcindoro (La bohème) al Maggio Musicale Fiorentino e ha cantato ne Der Rosenkavalier al Teatro dell’Opera di Roma, Rigoletto, La vedova allegra al Teatro Carlo Felice di Genova, La fanciulla del West al Festival Pucciniano di Torre del Lago, Salome e Gianni Schicchi a Trieste. Nel 2012 sempre a Trieste è stato Lord Rochefort (Anna Bolena) e ha debuttato nel ruolo di Sparafucile (Rigoletto) al Teatro Marrucino di Chieti. Nel 2013 è stato Zuniga (Carmen) al Teatro Verdi di Trieste. In seguito è stato Sarastro (Die Zauberflöte) al Teatro Marrucino, poi Simone (Gianni Schicchi) al Teatro Municipale di Piacenza. Recentemente è stato Sparafucile a Clermont-Ferrand e in tournée in Francia; ha quindi interpretato La serva padrona al Teatro Palladium di Roma, il Requiem di Mozart a Roma e Benevento, Simon Boccanegra (Pietro) a Toulon, Madama Butterfly alle Terme di Caracalla. Tra gli ultimi impegni: Don Giovanni (Il Commendatore) a Treviso e Ferrara, Il barbiere di Siviglia (Don Basilio) a Clermont-Ferrand e in tournée in Francia, Tosca e La traviata a Toulon, Così fan tutte (Don Alfonso) a Tirana. Nella scorsa stagione ha partecipato in A Midsummer Night’s Dream (Theseus) per OperaLombardia e a Reggio Emilia e ha cantato Un ballo in maschera a Toulon.

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