PocketOpera – XI edizione
Melodramma in tre atti. Musiche di Giuseppe Verdi.
Libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo.
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851
Adattamento musicale Bruno Moretti
Rigoletto Luis Choi
Duca di Mantova Matteo Desole
Gilda Lucrezia Drei
Sparafucile Pietro Toscano
Maddalena Olesya Berman Chuprinova
Giovanna Irene Ripa
Il Conte di Monterone Matteo Mollica
Marullo Giuseppe Zema
Matteo Borsa Matteo Cammarata
Il Conte di Ceprano Luca Vianello
La Contessa di Ceprano / Paggio Irene Ripa
Cortigiani Mattia Rossi, Mattia Muzio
Direttore
Jacopo Rivani
Regia, scene, costumi
Rafael Villalobos
Light designer Marco Alba
Orchestra 1813
Nuovo allestimento
Produzione AsLiCo
Atto primo
La storia è ambientata a Mantova nel secolo XVI. Durante una festa a palazzo ducale, il duca corteggia la contessa di Ceprano, ma è attratto anche da una fanciulla che ogni domenica si reca, in incognito, in chiesa. D’altronde, le donne sono per lui tutte da conquistare indistintamente, purché avvenenti. Il gobbo Rigoletto, buffone di corte, provoca il conte di Ceprano, e i cortigiani meditano di punire la sua insolenza. Il conte di Monterone, cui il duca ha sedotto la figlia, maledice Rigoletto per averlo dileggiato. Intanto, nei pressi della sua casa, Rigoletto viene avvicinato di notte da un sicario, Sparafucile, pronto ad offrirgli i suoi servigi in caso di necessità. Solo, Rigoletto confronta la sua lingua beffarda con la spada di Sparafucile, ma la maledizione di Monterone l’ha turbato, perché teme per l’incolumità di sua figlia Gilda. Nel tenero incontro tra padre e figlia, la giovane vorrebbe sapere chi è stata sua madre. Una donna simile ad un angelo, morta prematuramente – risponde addolorato Rigoletto. Alla domestica Giovanna, Rigoletto raccomanda di vegliare su Gilda, ma allontanatosi Rigoletto, lascia entrare in casa il duca, che si presenta a Gilda sotto il falso nome di Gualtier Maldé, un povero studente, di cui la fanciulla, pur senza sapere chi sia, si è innamorata. I cortigiani intendono rapire Gilda da loro ritenuta l’amante segreta di Rigoletto, che tuttavia rientrando a casa li sorprende. Nel buio, Borsa fa credere a Rigoletto che voglia insieme ai suoi compagni rapire la contessa di Ceprano. Rigoletto viene bendato perché tutti sono mascherati, ma i cortigiani rapiscono Gilda. Rigoletto, rimasto solo e resosi conto della beffa, si ricorda della maledizione di Monterone e si dispera.
Atto secondo
In una sala del palazzo ducale. Il duca, turbato per non aver più ritrovato Gilda nella casa di Rigoletto, medita di vendicarsi e pensa alle pene e allo spavento di Gilda. Entrano i cortigiani che gli annunciano di aver rapito l’amante di Rigoletto e di averla condotta a palazzo: il duca corre esultante a raggiungere Gilda. Giunge Rigoletto che inveisce contro i cortigiani, ma poi invoca la loro pietà. Gilda lo raggiunge per raccontargli del suo incontro con il duca e di come sia stata da lui tradita ed oltraggiata. Rigoletto cerca di confortarla ma decide di vendicare l’oltraggio suo e di Monterone, mentre Gilda, nonostante tutto, invoca pietà per il duca.
Atto terzo
In riva al Mincio, di notte, nella locanda di Sparafucile. Maddalena, sorella del sicario, ha attirato qui il duca che la corteggia. Arrivano anche Rigoletto e Gilda, quest’ultima in abiti maschili, per constatare come il duca le sia infedele. Travestito da ufficiale di cavalleria, il duca canta un’aria sulla volubilità delle donne. Maddalena si beffa del suo corteggiatore, Gilda ricorda con amarezza le false lusinghe del duca; Rigoletto la esorta a dimenticare. Gilda si allontana e Rigoletto anticipa a Sparafucile dieci scudi per uccidere il corteggiatore di Maddalena. Scoppia un uragano in lontananza: Maddalena, innamorata del duca, implora Sparafucile di risparmiare il giovane che nel frattempo riposa nel granaio. Sparafucile decide di uccidere il primo viandante che chiederà ospitalità nella locanda, consegnando poi il corpo chiuso in un sacco a Rigoletto. Ma il primo viandante è proprio Gilda che, spinta dall’amore per il duca, è tornata alla locanda ed ascolta non vista il dialogo tra Sparafucile e Maddalena. Decisa a sacrificarsi, viene pugnalata da Sparafucile, che consegna a Rigoletto il sacco. Mentre il duca si allontana beffardo, Rigoletto scopre sconvolto la vera identità del cadavere. Gilda è ancora viva, agonizzante, ma presto muore tra le braccia paterne, dopo aver chiesto perdono per sé e il suo seduttore.
Il Duca odia e disprezza le donne: solo durante il falso, elegante e teatrale corteggiamento, si ascolta una linea vocale belcantistica. La mia messa in scena si fonda anche su altre elementi: la costante presenza di Monterone, la figura di Marullo come alter ego di Rigoletto (dando così un senso ancora più drammatico a Cortigiani, vil razza dannata), la presentazione di Sparafucile e Maddalena come un binomio complesso e inscindibile, Giovanna come unico perso- naggio che lavora come paggio a palazzo e fa una parodia della Contessa di Ceprano, la figlia di Monterone scanda- losamente giovane…
In conclusione, non è mia intenzione mostrare nulla di scandaloso sul palcoscenico, ma fornire gli ingredienti giusti per- ché lo spettatore possa immaginare da solo il dramma e la malvagità dei personaggi. A teatro, come nella vita, la vera trasgressione consiste non in ciò che vediamo, ma nel modo in cui la nostra mente è in grado di ricreare ciò che non vediamo, ciò che accade nell’ombra.
Rafael R. Villalobos
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UN’OPERA MASCHILE MISOGINA Rigoletto è un’opera misogina, sia a livello drammaturgico che musicale. Non sorprende, infatti, la principale differenza della partitura verdiana, rispetto alle altre opere ‘romantiche’ di Giuseppe Verdi, ovvero l’assenza di voci femminili nel coro. Questa decisione, che pure si collega alla tradizione rossiniana, influisce fin da subito sul lavoro, creando un’at- mosfera buia, in cui gli unici lampi di luce provengono dagli interventi di Gilda. Le donne sono relegate ad un semplice oggetto del desiderio, sessuale o materiale, ma sempre legato alla concezione materialistica della donna come ‘possesso’. Il tema principale è la violenza sulle donne, esplicita o implicita. In questo senso, mi sembra molto interessante sviluppare il rapporto tra Rigoletto e Gilda, quale motore principale della messa in scena. Il primo gobbo nella fantasia di Verdi/Piave si presenta con un fisico deforme ed è ossessionato dal preservare ed isolare sua figlia dal mondo intero. Questo rappresenta la distorsione della sua persona, ciò che lo rende un mostro. Il suo zelo insopportabile, che costringe Gilda alla reclusione (tranne quando va a messa, accompagnata da Giovanna), è un altro modo di fare violenza alle donne, così come il rapimento di Gilda o lo stupro della figlia di Monterone. Gilda è un personaggio strano, troppo infantile e sognante. Rappresentarla come una persona isolata, che si relaziona con il mondo solo leggendo le novelle e i romanzi che le porta il padre, rafforza il significato del loro complesso, sep- pur in una visione infantile. Gilda non sa cosa sia l’amore, se non quello romantico e archetipico dei libri che legge. Per lei gli uomini sono ‘principi’ o ‘mendicanti’, e questa idea la porta a idealizzare il Duca. D’altra parte, il suo rapi- mento diventerà un punto di svolta per comprendere la mostruosità del padre: in quel momento, Gilda capisce che c’è un mondo al di fuori della sua prigione, comprende la meschinità degli uomini e di suo padre, che ha partecipato al rapimento. Considero un errore storico convertire il personaggio del Duca in un esempio di virilità e di cavalleria. Al contrario, credo che la partitura di Verdi disegni un personaggio istrionico. Mentre Manrico e Alfredo seguono la scuola del bel canto, con un canto spianato a tinte eroiche, la musica composte per il Duca è molto manieristica, piena di ritmi di mi- nuetto e gavotta. Questo ‘francesismo’ non è da ricondurre solo alla pièce originale di Hugo (censurato in Italia), ma anche al suo carattere poco maschile. |
Il Duca odia e disprezza le donne: solo durante il falso, elegante e teatrale corteggiamento, si ascolta una linea vocale belcantistica. La mia messa in scena si fonda anche su altre elementi: la costante presenza di Monterone, la figura di Marullo come alter ego di Rigoletto (dando così un senso ancora più drammatico a Cortigiani, vil razza dannata), la presentazione di Sparafucile e Maddalena come un binomio complesso e inscindibile, Giovanna come unico perso- naggio che lavora come paggio a palazzo e fa una parodia della Contessa di Ceprano, la figlia di Monterone scanda- losamente giovane…
In conclusione, non è mia intenzione mostrare nulla di scandaloso sul palcoscenico, ma fornire gli ingredienti giusti per- ché lo spettatore possa immaginare da solo il dramma e la malvagità dei personaggi. A teatro, come nella vita, la vera trasgressione consiste non in ciò che vediamo, ma nel modo in cui la nostra mente è in grado di ricreare ciò che non vediamo, ciò che accade nell’ombra.
Rafael R. Villalobos





