Melodramma giocoso in due atti. Musica di Gaetano Donizetti. Libretto di Felice Romani, da Le philtre di Eugène Scribe.
Prima rappresentazione: Milano, Teatro della Canobbiana, 12 maggio 1832
Adina Lavinia Bini
Nemorino Enea Scala
Belcore Julian Kim, Francesco Paolo Vultaggio
Dulcamara Francesco Paolo Vultaggio, Biagio Pizzut
Giannetta Dorela Cela
Assistente di Dulcamara Alessandro Mor
Direttore
Andrea Battistoni
Regia e progetto luci
Arnaud Bernard
Scene Arnaud Bernard e Carlo Fiorini
Costumi Carla Ricotti
Maestro del coro Dario Grandini
Coro AsLiCo del Circuito Lirico Lombardo
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coproduzione Teatri del Circuito Lirico Lombardo, Centro culturale S. Chiara di Trento
Nuovo allestimento
Opera rappresentata con sovratitoli
Atto I
Dopo un breve preludio, nell’insolita forma di tema con variazioni, il sipario si apre su una fattoria in un villaggio dei Paesi Baschi, verso la fine del XVIII secolo: i mietitori si stanno riposando dal lavoro dei campi. Adina, fittavola ricca e capricciosa, siede in disparte leggendo la storia di Tristano e Isotta. Nemorino, un contadino povero e impacciato, la osserva e si strugge d’amore per lei. Sollecitata dai contadini, Adina legge a voce alta la storia che narra di come Tristano fece innamorare Isotta tramite un magico elisir. Nemorino si riconosce subito nella situazione e decide di procurarsi un filtro. Improvvisamente si sente un rullo di tamburo e arriva Belcore, sergente di guarnigione nel villaggio, in cerca di soldati per il suo reggimento. Con fretta e sicumera cerca di sedurre Adina e le propone subito il matrimonio. Nel duetto seguente Adina fa capire a Nemorino quanto l’amore fedele poco si addica al suo cuore.
Annunciato dal suono di una tromba, arriva su un carro dorato il dottor Dulcamara, in effetti un ciarlatano con pretese di taumaturgo, che narra alla folla i propri poteri. Affascinato da tanta sapienza, Nemorino si fa avanti e chiede a Dulcamara se possieda «lo stupendo elisir che desta amore». Il ciarlatano intuisce quanto sia sprovveduto Nemorino e gli rifila una bottiglia di vino Bordeaux al prezzo di uno zecchino (tutto ciò che Nemorino possiede), aggiungendo che farà effetto solo dopo ventiquattro ore: giusto il tempo necessario a Dulcamara per allontanarsi dal villaggio. Nemorino, fiducioso di aver nelle mani il potente elisir, incomincia a berne grandi sorsi: diventa presto euforico e sicuro di sé, tanto da manifestare indifferenza nei confronti di Adina, la quale si irrita per il suo atteggiamento. Il desiderio di ripicca è tale in Adina, che ella porta ad acconsentire alla proposta di matrimonio di Belcore; ma il sergente deve partire all’indomani, e propone quindi di anticipare le nozze alla giornata stessa. Nemorino, che sa di poter contare sull’effetto dell’elisir dopo ventiquattro ore, prega Adina di aspettare un giorno a sposare Belcore. Ma Adina si avvia con Belcore, mentre Nemorino smania tra le risa della folla.
Atto II
Nella fattoria di Adina sono in corso i preparativi per le nozze della padrona di casa. Dulcamara e Adina improvvisano una scenetta cantando una barcarola a due voci. All’arrivo del notaio per la firma del contratto nuziale, Adina annuncia che lo firmerà solo a sera e alla presenza di Nemorino, per vendicarsi di lui. Frattanto Nemorino si dispera per il mancato effetto dell’elisir e per la mancanza di denaro, che gli servirebbe per comperare un’altra bottiglia del magico liquore. Belcore ha il rimedio da suggerirgli: farsi soldato guadagnando così venti scudi e, pensa Belcore, togliendosi dai piedi. Ma le ristrettezze di Nemorino sono in realtà finite, anche se lui ne è ignaro. Non sa infatti l’ultima nuova: Giannetta, una contadina, va in giro raccontando che uno zio di Nemorino è morto lasciandogli una ricca eredità. Tutte le ragazze del paese circondano ora di attenzioni Nemorino, il quale pensa che l’elisir inizi a fare effetto; lo stesso Dulcamara resta perplesso. Adina, che non sa nulla dell’eredità, guarda con sospetto le attenzioni delle giovani verso Nemorino, svelando così i suoi veri sentimenti verso il ragazzo. Dulcamara le racconta di aver venduto l’elisir a Nemorino e Adina capisce di essere amata.
Nemorino, da parte sua, si accorge che mentre le ragazze lo corteggiavano una lagrima è spuntata sugli occhi di Adina, e questo gli dà la certezza di essere corrisposto. Adina riacquista da Belcore il contratto di arruolamento e lo porta a Nemorino, invitandolo a rimanere nel villaggio. Nemorino crede finalmente di aver capito che Adina lo ama, ma ella gli annuncia invece che intende lasciarlo. È troppo perché Nemorino non esploda: le rende il contratto e decide di aggiungersi alla guarnigione di Belcore: «poiché non sono amato, voglio morir soldato», dichiara eroicamente. Adina a questo punto capisce che è il momento di gettare la maschera. Gioia «inesprimibile» in entrambi gli amanti e scorno di Belcore, soprattutto quando tutti apprendono che Nemorino è diventato il più ricco del villaggio, e trionfo finale per Dulcamara: nessuno può più dubitare degli effetti del suo taumaturgico elisir.
UNA FURTIVA LAGRIMA
di Andrea Battistoni
Interrogarsi sul duraturo successo de L’elisir d’amore e sul suo valore di opera musicale e teatrale significa interrogarsi su quali elementi abbiano imposto tale melodramma brillante tra i titoli in assoluto più amati dal grande pubblico fin dalla sua prima rappresentazione. Donizetti, con uno di quei colpi d’ala creativi in realtà comuni a molti geniali compositori suoi contemporanei, Verdi e Rossini su tutti, fece sgorgare l’Elisir dalla propria penna in meno di due settimane di lavoro; particolare che ha dell’incredibile e che ci porta ad ammirare innanzitutto la mano sicura con la quale il maestro sa sorvegliare il serrato meccanismo drammaturgico. L’azione non conosce soste, in un continuo alternarsi di scene nelle quali prevale l’interazione tra i personaggi principali piuttosto che il protagonismo divistico e del singolo cantante; i virtuosismi vocali, pur presenti in quantità, folgorano l’ascoltatore quasi prendendolo alla sprovvista e giocando sull’effetto sorpresa, andando così ad arricchire duetti, terzetti e concertati di motivi continui d’interesse. Interazione tra i personaggi, dicevamo: un’opera più che mai basata sull’incontro-scontro delle maschere che ne popolano le pagine.
Sulla carta, il soggetto dell’Elisir è niente più che un canovaccio memore di luoghi comuni, topoi teatrali vecchi quanto il mondo: il rustico villaggio popolato da un coro di braccianti e contadinelle ridenti, la giovane spigliata, l’amoroso ingenuo e sospiroso, il soldato fanfarone; e, su tutti, il capo comico, il dottor azzeccagarbugli imbroglione ma irresistibilmente simpatico, Dulcamara, una tappa tra le infinite declinazioni di uno stereotipo fortunatissimo, che dalla commedia classica rimbalza alla commedia dell’arte, a Goldoni e giunge fino ai giorni nostri (il dottor Pirelli col suo ‘miracle elixir’ di Sweeney Tod ne è il parente prossimo più aggiornato).
Queste maschere all’apparenza ingenue godono della totale simpatia di Donizetti, il quale si appropria di loro in maniera del tutto personale, dettando così la cifra particolarissima di quest’opera: da un lato rinverdire e aggiornare detti caratteri senza tradirne lo spirito ben noto al pubblico: in questo suonano evidenti all’orecchio le influenze rossiniane di molti passaggi concitati ed eccitanti, nel solco di una gloriosa tradizione buffa italiana. Dall’altro, invece, avviarsi su una strada che sarà pienamente compiuta dall’allora nastro nascente di Giuseppe Verdi: andare alla ricerca di una sincerità umana dietro alla convenzione, indagare più approfonditamente le sfumature del sentimento, partecipando al mutare delle emozioni nel segno di quel romanticismo imperante che non poteva non gettare la sua influenza anche sul vocabolario musicale degli operisti italiani.
Indagare l’amore divertendosi, dunque, ma senza dimenticarsi della forza delle emozioni; Rossini non avrebbe mai potuto scrivere una pagina come «Adina, credimi, te ne scongiuro», il concertato che chiude il primo atto con una nota tanto patetica ed empatica nei confronti di Nemorino. Rossini viveva la propria parabola creativa, anche nel teatro drammatico, con una compostezza limpidamente classica, distaccata; Donizetti vuole invece coinvolgerci, vuole esplorare la vita nella sua doppia faccia, spensierata e dolente al contempo. Con questi presupposti, l’orchestra non può che tingersi di tinte particolari, adatte a sottolineare la tempesta emotiva che vortica nel corso di tutta l’opera. Molta brillantezza di matrice rossiniana, certo, in cui l’esempio del celebre effetto di crescendo viene abbondantemente utilizzato in incisi irresistibili di archi e legni ripetuti con concitazione. E poi, inaspettatamente, ecco distaccarsi il timbro dolente dell’oboe, del fagotto, del clarinetto, in episodi solistici colmi di pathos romantico; l’orchestra comincia a partecipare all’universo emotivo dei personaggi sulla scena, abbandonando per un poco il ruolo di mero accompagnamento alle voci.
Una furtiva lagrima: e già l’opera buffa abbandona sulle ali di un arpeggio d’arpa il proprio rifugio di spensieratezza per aggirarsi in una terra di mezzo dove le ardenti emozioni del cuore hanno libero sfogo, cantando così, forse, il suo delicatissimo canto del cigno.
CAMERA FOTOGRAFICA
di Arnaud Bernard
Lo spettacolo è trasposto nel secondo dopoguerra, tra il 1950 e il 1960, negli anni caratterizzati dall’avvento e dalla diffusione del mezzo televisivo. Per una precisa intenzione registica, la fedeltà al testo è rigorosamente rispettata, ma al tempo stesso tutti i personaggi risultano assolutamente attuali, dando voce ad un’opera sulla vita molto vicina ai nostri giorni. Così gli attori attraversano la scena in bicicletta o su una luccicante Due Cavalli (la cui ispirazione è nata da una cartolina storica ritrovata per caso tra le vie di Parigi), come se stessero trascorrendo una normale giornata nella campagna lombarda (in cui le contadine di Donizetti si trasformano in mondine), ma di tanto in tanto il tempo si ferma, come se si congelasse nello scatto di un fotografo, come se in quel preciso momento si creasse uno scollamento tra la realtà e una nuova dimensione onirica, da favola, in cui proiettare lo spettatore. Il senso di stupore e di straniamento è garantito, ed è proprio questa visione fantastica a permeare tutto lo spettacolo che si costruisce poco per volta attraverso un susseguirsi di sequenze fotografiche: gli artisti che si interrompono per sorridere all’obiettivo, i pannelli che si bloccano durante i movimenti fanno sembrare lo spazio scenico l’interno di una camera fotografica.
Le masse giocano un ruolo fondamentale nel racconto della storia: è stato fatto un grande lavoro con il coro e con gli attori poiché devono essere loro i motori della scena. La regia non carica i personaggi di altri significati, ma tende solo in alcuni momenti ad enfatizzarne la drammaticità (come nel momento in cui Nemorino vive la sua tragedia d’amore) che poi svanisce nel risvolto buffo che contraddistingue l’opera. La massa non è mai uniforme: all’interno dei gruppi – quello del coro, ma anche quello dei figuranti – ogni singolo elemento ha un ruolo preciso, un’identità, così che l’azione che ne deriva diventi il frutto dalla somma dei singoli. Questo genera l’energia e la forza dello spettacolo, quel dinamismo continuo che per tutta la durata dell’opera tiene eccitata l’attenzione dello spettatore.
FRANCESCO CILLUFFO Direttore Nato a Torino nel 1979, si è diplomato in direzione d’orchestra e in composizione presso il Conservatorio della sua città, laureandosi anche in storia della musica al DAMS. A Londra ha conseguito un master alla Guildhall School of Music and Drama e un dottorato al King’s College, perfezionandosi nel frattempo con Michael Tilson Thomas (London Symphony Orchestra), Gianluigi Gelmetti (Accademia Chigiana di Siena) e Iván Fischer (Budapest Festival Orchestra). Nell’estate 2010 ha diretto una nuova produzione de Le nozze di Figaro al Festival Internazionale di Byblos. Ha lavorato poi come direttore assistente all’Opéra National du Rhin di Strasburgo per Simon Boccanegra (regia Keith Warner), al Teatro La Fenice di Venezia per Intolleranza 1960 di Nono (regia Luca Ronconi) e all’Opera di Copenhagen per Semiramide (regia Nigel Lowery). Nel 2011 ha diretto una nuova produzione di The Servant di Marco Tutino al Teatro Rossini di Lugo di Ravenna con elementi dell’Orchestra Arturo Toscanini di Parma. Ha diretto poi Das Lied von der Erde di Mahler al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca. Tra le sue apparizioni più recenti si ricordano: L’Arlesiana di Cilea per l’apertura della stagione 2013/14 del Teatro Pergolesi di Jesi (filmato in DVD per la Dynamic); Cavalleria rusticana al Teatro Nuovo di Sassari; una nuova produzione de Il trovatore per l’AsLiCo, che ha toccato i teatri storici della Lombardia ed è stata poi replicata al Teatro Nuovo di Milano e al Festival ‘Como Città della Musica’; Der König Kandaules di Zemlinsky (prima italiana) al Teatro Massimo di Palermo. Tra gli impegni futuri, si segnalano la Sinfonia n. 14 di Šostakovič con l’Orchestra Filarmonica di Torino e una nuova produzione di Manon Lescaut per l’inaugurazione della nuova Opera di San Antonio (Stati Uniti). Come compositore, ha conseguito un dottorato al King’s College di Londra studiando con Robert Keeley e George Benjamin ed ha all’attivo commissioni ed esecuzioni da istituzioni quali: Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Electra Ensemble di Amsterdam, Università di Graz, Chicago Arts Orchestra e Dicapo Opera Theatre di New York per il quale ha scritto una nuova opera, Il caso Mortara, andata in scena nel 2010. Nell’ambito del festival ‘Incontri in Terra di Siena 2012’ ha diretto in prima mondiale il suo ciclo vocale The Land to Life again.
FRANCESCO FRONGIA Regista e scenografo Nasce artisticamente all’interno del Teatro dell’Elfo di Milano. Da anni alterna l’attività di videomaker con quella di regista teatrale di prosa e musica. Nel 2003 la regia di sdisOrè di Giovanni Testori segna il suo primo importante successo di critica. Seguono quindi le regie per: La tempesta di William Shakespeare, L’ignorante e il folle di Thomas Bernhard, L’ultima recita di Salomé di Oscar Wilde a quattro mani con Ferdinando Bruni, Nel buio dell’America di Joyce Carol Oates, Cassandra di Christa Wolf e Rosso di John Logan. Molte anche le regie di spettacoli musicali: per i La Crus ha messo in scena La costruzione di un amore e Cuore a nudo; per l’ensemble Sentieri selvaggi L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Michael Nyman, Non guardare al domani e Io Hitler di Filippo Del Corno al Festival MiTo. Inoltre ha collaborato con Elio De Capitani al Simon Boccanegra per il Teatro La Fenice di Venezia e con Ferdinando Bruni nel 2008 per il Circuito Lirico Lombardo ha curato i video per Carmen. Con Silvia Colasanti ha creato Il sole, di chi è? e Faust, mentre per Lorenzo Ferrero ha creato Le piccole storie e ha collaborato a Risorgimento!. Il suo ultimo lavoro è stato Alice Underground, esperimento di cartoon teatrale da Lewis Carroll, ancora in collaborazione con Ferdinando Bruni.
ANDREA SERAFINO Costumista Nato a Milano nel 1974, si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera in Tecnica del costume e Scenografia nel 1996. Ha affiancato come assistente alle scene e ai costumi capisaldi del teatro d’avanguardia, come Ferdinando Bruni, Andrea Taddei, Armando Pugliese). Dal 1996 collabora alle scene ed ai costumi con diverse realtà teatrali italiane: Teatro Stabile di Catania (Il segno verde da Pier Maria Rosso di San Secondo, Le città del mondo di Elio Vittorini, La Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Paolo Ferrari), Teatro dell’Elfo di Milano (sdisOrè di Giovanni Testori, Romeo e Giulietta di William Shakespeare, The History Boys di Alan Bennet, Angels in America di Tony Kushner, Nel buio dell’America di Joyce Carol Oates) e compagnie private (Gianmarco Tognazzi in Un nemico del popolo di Henrik Ibsen, Alessandro Preziosi in Cyrano di Bergerac di Edmond Rostand, Elena Sofia Ricci in Come tu mi vuoi di Luigi Pirandello, Giuliana Lojodice con Danza di morte di August Strindberg), lavorando anche per il cinema (Lezioni di cioccolato 2 di Alessio Maria Federici, Il Sud è niente di Fabio Mollo, La paura di Leonardo Di Costanzo).
DIEGO MACCAGNOLA Maestro del coro Ha compiuto gli studi musicali presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘Gaetano Donizetti’ di Bergamo, dove ha conseguito il diploma di pianoforte con il massimo dei voti e il diploma accademico di secondo livello con lode. Si è esibito come solista e in formazioni da camera in importanti rassegne e festival italiani e stranieri e in sale da concerto quali il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Comunale di Ferrara, l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il Théâtre entre des Bords de Marne di Parigi, il Théâtre du Merlan di Marsiglia, il Théâtre de la Balsamine di Bruxelles, il Théâtre Pole Sud di Strasburgo e la Maple Hall di Osaka. Dedica particolare attenzione alla musica del Novecento, partecipando tra l’altro all’esecuzione dell’integrale dell’opera pianistica di György Ligeti nel 2003, 2006 e 2007 e di Luciano Berio nel 2013 presso il Museo del Novecento di Milano. Affianca ad un’intensa attività didattica e concertistica come pianista, quella di maestro di coro. Dal 1998 è cantore e assistente alla direzione nelle produzioni del Coro Costanzo Porta di Cremona, gruppo fondato da Antonio Greco e vincitore di numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali. Dal 2007 ha collaborato con il Circuito Lirico Lombardo come maestro del coro per diverse produzioni operistiche (Così fan tutte, Die Zauberflöte, Don Pasquale, La figlia del reggimento, Norma, Il cappello di paglia di Firenze, L’italiana in Algeri). È pianista accompagnatore presso il Conservatorio ‘Giuseppe Verdi’ di Como e docente di pianoforte presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘Gaetano Donizetti’ di Bergamo.
TERESA IERVOLINO Mezzosoprano Nasce a Bracciano nel 1989 e all’età di otto anni inizia a studiare pianoforte. Successivamente decide di dedicarsi al canto lirico, continuando parallelamente lo studio del pianoforte e affiancando quello di composizione. Nel 2007 viene ammessa al Conservatorio ‘Domenico Cimarosa’ di Avellino, dove consegue nel 2011 il diploma di canto con il massimo dei voti e lode. Si perfeziona successivamente con una serie di masterclass sotto la guida di Domenico Colajanni, Alfonso Antoniozzi, Daniela Barcellona, Bernadette Manca Di Nissa, Bruno Nicoli e Stefano Giannini. Nel 2012 è vincitrice del 63° Concorso AsLiCo (categoria esordienti) e del Primo Premio al Concorso Lirico Internazionale ‘Città di Bologna’ e dei Premi speciali ‘Gigliola Frazzoni’ e ‘Anselmo Colzani’. Ancora nel 2012, è vincitrice del Primo Premio ai Concorsi Lirici Internazionali ‘Salicedoro’, ‘Maria Caniglia’ ed ‘Etta Limiti’. Debutta al Teatro Filarmonico di Verona nel maggio dello stesso anno con Pulcinella di Stravinskij, al quale seguono Rigoletto (Maddalena) a Chieti, L’italiana in Algeri (Isabella) a Como e Ravenna, Il piccolo spazzacamino (Miss Baggott) al Teatro Regio di Torino e Il matrimonio segreto (Fidalma) al Festival di Spoleto. Nel 2013 vince il 64° Concorso AsLico per il ruolo di Tancredi. Tra i suoi impegni recenti e futuri, si segnalano i debutti in Lucrezia Borgia (Maffio Orsini) a Padova e ne La pietra del paragone (La Marchesa Clarice) al Théâtre du Châtelet a Parigi.
MERT SÜNGÜ Tenore È nato ad Istanbul, dove si è diplomato in Arte dello spettacolo e dell’opera presso il Conservatorio ‘Mimar Sinan’. In Italia ha seguito masterclass con Luciana Serra, Stefania Bonfadelli, Sonia Prina, Alfonso Antoniozzi, Raúl Giménez, Antonio Juvarra, David Jones e Anna Vandi. Nel 2012 entra a far parte del programma giovani della Semperoper di Dresda, partecipando alle produzioni: Die Fledermaus, Idomeneo, Don Giovanni, Cosi fan tutte, Le nozze di Figaro, Il barbiere di Siviglia. Presso il Teatro dell’Opera di Istanbul è Rinuccio (Gianni Schicchi), Nemorino (L’elisir d’amore), Prologue/Peter Quint (The Turn of the Screw di Britten). A Berlino e a Dessau partecipa a Hin und Zurück (Der Weise) di Hindemith. È Gustave (Pomme d’api di Offenbach) presso il Teatro Pergolesi di Jesi e il Teatro Rossini di Lugo di Ravenna. Nell’ambito del Festival della Valle d’Itria a Martina Franca prende parte alla Messa di Santa Cecilia di Alessandro Scarlatti ed è tenore solista nella Petite messe solennelle di Rossini; sempre a Martina Franca, prende parte alle produzioni di Rodelinda di Händel (Grimoaldo), Aureliano in Palmira di Rossini (Aureliano), Il convitato di pietra di Tritto (Don Giovanni). Ha collaborato con direttori, quali: Michele Mariotti, Christian Thielemann, Julia Jones, Julian Kovatchev, Alexander Joel.
SOFIA MCHEDLISHVILI Soprano Nasce nel 1989 a Tbilisi. Inizia lo studio del canto nel 2007 sotto la guida di Nodar Andghuladze presso il Conservatorio della sua città. Nel 2008 vince la borsa di studio ‘Maia Tomadze’ e nel 2010 il Concorso ‘Lado Ataneli’. Nel 2011 debutta nel ruolo di Susanna (Le nozze di Figaro) e prende parte all’Opera Festival di Augsburg. Nel 2012 è ospite del prestigioso Festival ‘Rossini in Wildbad’ e nello stesso anno debutta nei Carmina Burana di Orff a Tbilisi e in Lucia di Lammermoor a Jesi e Fermo (regia di Henning Brockhaus, direttore Matteo Beltrami). Nel 2013 vince il 64° Concorso AsLiCo (per il ruolo di Amenaide), partecipando poi al Festival ‘Como Città della Musica’ cantando ancora nei Carmina Burana. Nel giugno dello stesso anno debutta in Gilda (Rigoletto) al Teatro Petruzzelli di Bari (regia Denis Krief, direttore Carlo Rizzari), ricevendo consensi di critica e pubblico. È stata ammessa e frequenterà il corso di perfezionamento per cantanti lirici presso l’Accademia del Teatro alla Scala. Nel 2014 debutterà in Norina (Don Pasquale) a Jesi e Fermo.
ALESSANDRO SPINA Basso Ha studiato canto presso il Conservatorio di Milano. Ha collaborato con importanti registi, quali: Cristina Pezzoli, Ivan Stefanutti, Stefano Vizioli, Robert Carsen, Gino Zampieri, Roberto De Simone, Stéphane Braunschweig, Micha van Hoecke, Joseph Franconi Lee, Hugo De Ana, Daniele Abbado, Damiano Michieletto, Massimo Gasparon, Luca De Fusco, Giorgio Ferrara, Ruggero Cappuccio, Sam Brown, Leo Muscato. Fra i direttori d’orchestra con cui ha lavorato: Bruno Casoni, Maurizio Benini, Aldo Sisillo, Giacomo Sagripanti, Carlo Montanaro, Stefano Ranzani, Daniele Callegari, Francesco Maria Colombo, Daniele Gatti, Wolfgang Sawallisch, Massimo Zanetti, Pier Giorgio Morandi, Michele Mariotti, Roberto Abbado, Riccardo Muti, Andrea Battistoni, Corrado Rovaris, Christian Capocaccia, Gaetano d’Espinosa, Francesco Lanzillotta. Si è esibito in importanti teatri, fra i quali: Scala di Milano, Opera di Roma, La Fenice e Malibran di Venezia, Arena di Verona, San Carlo di Napoli, Regio di Parma, Comunale di Bologna, Verdi di Trieste, Nuovo di Spoleto, Verdi di Pisa, Goldoni di Livorno, il Giglio di Lucca, Alighieri di Ravenna. Ha interpretato i ruoli di Don Alfonso (Così fan tutte), Frère Laurent (Roméo et Juliette), Lunardo (I quatro rusteghi), Angelotti (Tosca), Colline (La bohème), Don Pasquale (Don Pasquale), Capellio (I Capuleti e i Montecchi), Ludovico (Otello) per il Circuito Lirico Lombardo, Simone (Gianni Schicchi), Zuniga (Carmen). Ha partecipato all’inaugurazione della stagione 2009 del Teatro alla Scala nel Don Carlo diretto da Daniele Gatti.
RAFFAELLA LUPINACCI Mezzosoprano Nata nel 1984, frequenta il Conservatorio di Cosenza, dove si diploma in canto lirico. Prosegue gli studi di perfezionamento con Mirella Freni, Carlo Desderi e Fernando Opa. A 17 anni partecipa alla quarta edizione del Concorso Europeo ‘Antonio Miserendino’, riscuotendo consensi di pubblico e critica. Dal 2007 inizia la sua attività concertistica in collaborazione con l’Orchestra SerrEnsemble, diretta da Francesco Perri, esibendosi in più occasioni al Teatro Rendano di Cosenza. Il suo debutto operistico avviene nel 2011 con il ruolo di Tisbe (La Cenerentola), prendendo successivamente parte alla produzione di Rigoletto presso il Teatro Rendano di Cosenza. Ha preso parte all’Accademia Rossiniana di Pesaro nell’estate 2012, debuttando come Marchesa Melibea e Modestina (Il viaggio a Reims). Nel 2013, dopo essersi affermata nel 64° Concorso AsLiCo, prende parte alla produzione de L’olandese volante (Mary) per il progetto Opera Domani e ad Otello (Emilia) nel Circuito Lirico Lombardo e al Teatro degli Arcimboldi di Milano. È stata inoltre Zulma (L’italiana in Algeri) nell’edizione 2013 del ROF di Pesaro. Tra i suoi progetti futuri: Otello di Rossini (Emilia) e un gala verdiano ad Anversa. Canterà inoltre la Petite messe solennelle di Rossini a Saint-Étienne.
ALESSIA NADIN Mezzosoprano Si è diplomata con il massimo dei voti al Conservatorio di Venezia sotto la guida di Stella Silva e ha debuttato a Venezia al Teatro Piccolo Arsenale interpretando il ruolo di Apollonia (La canterina di Haydn) e Lisetta (Il caffè di campagna di Galuppi). Ha partecipato in seguito a produzioni di Rigoletto, Le nozze di Figaro e Die Zauberflöte per il Circuito Lirico Lombardo, è stata ospite de I Pomeriggi Musicali per La Betulia liberata di Mozart, ha cantato la Petite messe solennelle di Rossini al Teatro Verdi di Trieste e ha interpretato il ruolo di Lola (Cavalleria rusticana) al Teatro Donizetti di Bergamo. Vincitrice del 58° Concorso AsLiCo, ha cantato nel ruolo di Dorabella (Così fan tutte) nei teatri del Circuito Lirico Lombardo, il Messiah di Händel a Prato e Padmâvatî di Roussel al Festival di Spoleto. Ha cantato inoltre ne Il matrimonio inaspettato di Paisiello (Vespina) diretto dal Riccardo Muti al Festival di Salisburgo con riprese a Pisa, Ravenna e Piacenza. Tra gli impegni delle ultime stagioni: Roméo et Juliette (Stéphano) al Teatro Verdi di Trieste, La cenerentola (Tisbe) per il Circuito Lirico Lombardo e al Teatro Comunale di Piacenza, Amelia al ballo di Menotti al Festival dei Due Mondi e al Palau de les Arts di Valencia, Le nozze di Figaro (Cherubino) al Teatro La Fenice e al Palau de les Arts di Valencia, L’italiana in Algeri (Zulma) nei teatri del Circuito Lombardo e al Teatro Regio di Torino, Dido and Aeneas al Teatro Filarmonico di Verona. Tra i prossimi impegni: Così fan tutte (Dorabella) al Teatro Lirico di Cagliari, Die Zauberflöte (Zweite Dame) al Teatro Regio di Torino e L’italiana in Algeri (Zulma) al Teatro Filarmonico di Verona.