Debutto
Como, Teatro Sociale – 15 marzo 2025
Liberamente ispirato a Falstaff di G. Verdi
Drammaturgia musicale Anna Pedrazzini
Attrice Agnese Scotti / Ariele Soresina
Fisarmonicista Paolo Camporesi / Luca Pedeferri
Regia
Beatrice Baruffini
Scene e costumi Cantieri del Teatro – Como
Nuovo allestimento
Produzione AsLiCo
Opera baby – X edizione
dai 6 ai 36 mesi
di Beatrice Baruffini
Regista
Avvicinare la prima infanzia a un’opera lirica è un’esperienza che pone interrogativi sui limiti oltre i quali ci si può spingere e su quali invece occorra rispettare. È indubbio che serva una stravagante operazione di riduzione e trasformazione, astrazione e nuova concretizzazione, soprattutto se si scelgono di affrontare opere che portano temi e parole destinati a un pubblico adulto. Così per un’opera come Falstaff si deve ragionare intorno a parole chiave, simboli e immaginari, un quotidiano, che possano essere facilmente accolti anche da bambini e bambine. L’idea registica si sviluppa attorno al gioco come linguaggio privilegiato dell’infanzia. Giocare e creare diventano quasi sinonimi, e se si pensa ai linguaggi della scena, nessun luogo sembra più idoneo a ospitarli. Una pratica quindi che si fa mezzo di racconto, esperienza, crescita, primissima forma di conoscenza del mondo. Il gioco è per sua natura fittizio e permette di estraniarsi temporaneamente dall’ordinario, dal quotidiano, per spostarsi verso dimensioni sregolate, dove tutto è possibile. Lì, in quelle zone, dove naturalmente i bambini e le bambine imparano da subito le non regole, è possibile svalicare di continuo tra vero e finto, tra rappresentazione e realtà, tra messa in scena e vita reale. Il gioco è per sua natura un universo separato dalle interferenze del mondo, ha suoi tempi e suoi ritmi, ha regole, codici, linguaggi e simboli propri. La spontaneità è quindi caratteristica imprescindibile: il concatenarsi di cause-effetti sulla scena deve mantenere freschezza, naturalezza e delicatezza e rendersi disponibile a improvvisi cambi di registro, come fanno i bambini e le bambine quando si impegnano a quell’attività serissima che è il gioco. Falstaff è un’opera buffa caratterizzata da passaggi repentini, musica che vira di continuo, arie cambiano, si sospendono, ritornano, spariscono senza motivo apparente. Non si fa in tempo ad affezionarsi a esse, che subito la situazione muta, stravolgendo la storia. Le immagini usate sono spesso metaforiche e attingono al mondo animale, fiabesco, leggendario, archetipico. Falstaff è un personaggio grottesco, senza mezze misure, che occupa la scena in maniera imponente. Le comari di Windsor sono ritmo e arguzia, sono gioco e divertissement. Nel Falstaff tutti giocano e il gioco stesso viene declinato nelle sue diverse sfaccettature: imbroglio e burla, scherzo, mascherata, nascondimento, finzione, trasformazione, travestimento.
Spunti drammaturgici
L’operazione poetica che si intende fare è quella di raccontare il Falstaff scegliendo un oggetto simbolico in grado di trasformarsi in numerose altre cose, che sia al contempo familiare all’infanzia. Falstaff viene definito un pallone gonfiato, un cannone, Re delle pance, monte di lardo, ecco che allora una palla morbida, di stoffa, di colore neutro (grigio) può all’occorrenza diventare una pancia, una testa, un mondo, un elefante con l’aggiunta di due orecchie, un topolino con l’aggiunta di una coda, etc. Inoltre la palla (basti pensare ad esempio alla palla montessoriana) suggerisce diverse tipologie di relazione e approccio al gioco ancorate all’infanzia, che possono svilupparsi, seguendo codici facilmente interpretabili, permettendone l’aggiunta di livelli interpretativi. Una palla rotola, viene calciata, afferrata, nascosta, usata come cuscino, viene abbracciata, diventa gobba: si presta al contatto fisico offrendo numerose possibilità di narrazione e racconto. Da un punto di vista pedagogico la palla è uno di quegli oggetti che più si prestano alle prime attività motorie, esplorative, ludiche della prima infanzia. Seguendo quindi un ragionamento di coerenza stilistica e drammaturgica, mi piacerebbe che l’oggetto, moltiplicato in scena (palle di diversi colori e grandezze) incarnasse di volta in volta i personaggi o meglio i caratteri dei personaggi, le azioni, le relazioni.
Riferimenti agli universi estetici (e non solo) di Bruno Munari e Iela ed Enzo Mari
Nella scelta degli elementi scenici si prediligerà un’essenzialità delle linee e delle forme ispirata a universi estetici, filosofici, artistici della coppia Iela e Enzo Mari e Bruno Munari. Utilizzare un teatro degli oggetti che guarda al pensiero di Munari significa sperimentare il limite dell’oggetto stesso, tenendo sempre salda l’eleganza formale, compositiva, poetica. “Nelle idee e nelle cose si celano più possibilità di quante non ne abbiamo attribuite loro la consuetudine o l’abitudine al loro uso, persino di quanto non ne abbiano pensate i loro inventori, quando ci sono”. I riferimenti sono anche all’estetica compositiva (rintracciabile soprattutto negli albi illustrati per l’infanzia) di Iela ed Enzo Mari, che lavorano per tinte nette, elementari e tratti facilmente riconoscibili: così la scena, i costumi e gli oggetti da un lato risultano essenziali, dall’altro si mostrano chiari e simbolici.
Spunti pedagogici
Il bambino, dalla nascita fino ai 3 anni, si trova ad attraversare alcune importanti fasi dello sviluppo che lo portano ad acquisire competenze molto velocemente. Se inizialmente è portato ad attivare soprattutto schemi sensomotori per conoscere il mondo, via via la sua capacità di cogliere indizi percettivi si affina, arrivando ad interagire con universi simbolici che, seppur rudimentali, rappresentano le prime forme di pensiero logico. È in questa fase, quella che Piaget definiva “egocentrismo infantile” che il bambino, ancora incapace di considerare i punti di vista degli altri, agisce nel mondo credendo che il suo punto di vista sia l’unico possibile e credendo che la sua visuale sia la visuale degli altri. Il performer, nelle azioni di scena, tenendo conto di questa lettura che il bambino/spettatore attribuisce agli accadimenti che gli si mostrano davanti, deve tenere conto dello sguardo dell’infanzia e condurlo attraverso la storia, cercando quegli ancoraggi all’universo infantile che, attraverso la narrazione, la musica, gli oggetti, il gioco – di scena, possono spostare l’attenzione e suscitare empatia. Gli elementi devono così configurarsi secondo una chiarezza di forme e colori, in modo che lo spettacolo, possa farsi anche allenamento ed esercizio del gusto e del senso estetico. “Bello” è ciò che ci trasmette un senso di ordine, pulizia, funzionalità, armonia (Bondioli, Savio, Educare l’infanzia, 2018): proprio per questo, uno degli elementi principali del racconto, che per una sua naturale tensione verso l’infanzia ma anche per un’intrinseca capacità di farsi segno polisemico, è la palla. Nella forma sferica della palla vi è assoluta armonia, è un oggetto facilmente manipolabile, afferrabile, poi calciabile, lanciabile. Si potrebbero raccontare le diverse fasi della crescita di un bambino, attraverso questo oggetto, così vicino anche all’età adulta.
Attribuire diverse funzioni e significati ad un solo oggetto di scena, mostrato in diversi colori e dimensioni, per raccontare una storia, rafforza la possibilità di comprensione di chi guarda. Giocare con una palla è un codice di partenza che tutti hanno sperimentato e che tutti possono facilmente riprodurre. Il teatro mostra così altre direzioni possibili, di trasformazioni e narrazioni, attingendo a un quotidiano, che si fa subito straordinario.
Da una palla a un mondo! Il teatro degli oggetti per raccontare e giocare
La palla si ispira alla tradizione montessoriana, di tessuto e di colori scelti per far si che le tinte (vivaci, nette, calde o fredde) possano essere un forte stimolo visivo per catturare l’attenzione e mantenerla alta. È un oggetto quindi che l’infanzia conosce: fin dalla più tenera età ci si relaziona negli ambienti domestici e nei luoghi di apprendimento con palle di svariate grandezze, materiali e colori. Giocarci è immediato, creare e raccontare, un esercizio piacevole, che può incantare. Il teatro degli oggetti, così definito perché la narrazione avviene attraverso la polisemia del segno (nel nostro caso la palla) che l’oggetto stesso rappresenta, si presta ad essere una possibile strada che genitori ed educatori possono sperimentare per stare in una relazione con bambini e bambine di gioco e scoperta.
Alcuni suggerimenti per giocare a palla… con Falstaff
Il teatro è quel luogo in cui tutto accade per finta per davvero. Iniziare a fare giochi di drammatizzazione, delegando alle azioni simulate emozioni o stati d’animo, può servire ai bambini per lasciare andare sentimenti, per mettersi nei panni di qualcun altro, iniziando così il processo di esplorazione dell’altro, fondamentali per la socializzazione primaria. 1. Con una palla morbida, si possono sperimentare carezze e abbracci. La si può accudire in gruppo, passandosela di mano in mano, facendo attenzione a non farla cadere. Poi si possono aggiungere piccole e brevi frasi come “Non piangere Falstaff era uno scherzo, era una burla”. 2. Si può giocare a nasconderla, nei luoghi. Quando la si trova si può dire il nome di uno dei personaggi di Patatrac! 3. La si mette sotto la pancia e si ride, tanto, come Falstaff. Si sperimenta la burla. E se lo si fa in tanti e in cerchio, la risata dura finché chi è accanto dice: bravo Falstaff! 4. La si traveste, con coroncine di diverso tipo, con fiori, corna, calze al posto delle orecchie o come naso di proboscide. Con la musica si fa il bosco della scena finale. 5. L’adulto la fa cadere a terra e insieme devono cadere a tempo tutti i bambini e le bambine, dicendo “Patatrac!”.
Inoltre la parola “palla” si può facilmente scomporre in due suoni pa e la che richiamano la lallazione e i primi rudimenti per l’apprendimento della sintassi musicale e fonologica. Si sperimenta attorno alla palla, come cosa, la si può trasformare, delegare come oggetto transizionale, iniziando ad ascoltarne parole o musiche ad essa ispirate. La letteratura dedicata all’infanzia, o rivolta a fruitori che con i bambini e le bambine hanno a che fare, riporta numerosi esempi da cui attingere per sviluppare progetti attorno a questo oggetto così denso di possibilità: Il tondo di Iela Mari; La palla di Melissa Panarello; Palla rossa e palla blu, di Maicol e Mirco; Il cerchio di Bruno Munari.






